Insegnanti,
per non morire di luoghi comuni

 Educazione & Scuola 28.11.2012

Qualcuno di noi pensava che la sortita delle 24 ore del Ministro Profumo, appena rientrata, sarebbe prima o poi riuscita fuori, stante i luoghi comuni radicatissimi sugli insegnanti. Magari il prossimo anno. Francamente però non ci aspettavamo tanta tempestività da parte del governo, oltretutto in evidente spregio al lavoro del Parlamento che ha unanimemente cassato l’aumento dell’orario di lezione frontale degli insegnanti nel Ddl di Stabilità.

Occorre però una riflessione sulle priorità da opporre per scardinare questi luoghi comuni che altrimenti si ripresenteranno periodicamente, puntuali come le tasse.

Il Professor Monti, infatti, si è esibito in tv in una disinvolta diagnosi dedicata ai malanni e alle storture dell’Istruzione in Italia. “In alcune sfere del personale della scuola c’è grande conservatorismo” ha affermato. Chi mai potrebbe negare una affermazione tanto ovvia quanto generica? Magari estendendola anche fuori dai recinti dell’Istruzione, naturalmente.
Poi, forse per uscire da questa nebulosa genericità, ha proseguito lanciandosi in una esemplificazione un po’ spericolata e non consueta per il personaggio: “tale conservatorismo “- ha proseguito – si è rivelato al mondo quando gli insegnanti hanno mostrato “indisponibilità a fare anche due ore in più alla settimana, che avrebbero permesso di aumentare la produttività”. A parità di stipendio naturalmente.

Ha esplicitato, unendo considerazioni da imprenditore “manchesteriano” del primo capitalismo ad una esercitazione elementare di contabilità spicciola – se per la stessa cifra il salariato rimane sul tornio due ore in più alla settimana, la produttività di quel lavoratore aumenta. Alleluja! – un pensiero condiviso da molti: gli insegnanti – quelli italiani – lavorano poco. Sono quindi dei privilegiati. Anzi sono i più privilegiati tra i pubblici dipendenti. Coerentemente solo a loro il governo aveva chiesto di lavorare di più a parità di stipendio.

La improvvida e singolarmente non corretta affermazione del Presidente – le ore di lezione frontale aggiuntive e gratuite richieste agli insegnanti erano 6 alla settimana e non 2 – può essere figlia di un momentaneo abbassamento dei freni inibitori, di una “voce dal sen fuggita” in uno studio televisivo, oppure dalla stanchezza provocata dall’attivismo che l’alto incarico esige…

Certamente l’intimo pensiero del Presidente Monti è uno dei tanti risvolti amari del sindacalismo scolastico italiano di stampo operaio ed impiegatizio, il più potente d’Europa, che ha trasformato ad hoc l’antico slogan per cui ’l’unione fa la forza” in un contratto unico che vede assemblati insieme insegnanti, personale di segreteria, bidelli etc. Tutti “operatori scolastici” quindi: todos caballeros in una non veritiera sorta di egualitarismo ideologico delle funzioni.

Nella scuola conseguentemente non ci sono che “operai non specializzati” (unskilled per il professor Monti): per tutti la produttività si misura, all’ingrosso, nelle ore passate in torneria, a fare buchi nel metallo. I nostri “buchi” al tornio? Le lezioni frontali naturalmente. Troppo pochi quei “buchi”, evidentemente, per i professori del governo.

Ma se si accetta tale logica la conclusione è inevitabile: o si fanno più ore frontali – i bidelli ne fanno già “troppe” – o si e’ più presenti a scuola, magari a imitazione dell’orario impiegatizio. Molti insegnanti si dicono d’accordo su tale seconda ipotesi: meglio passare 30-36 ore a scuola-tutto compreso – piuttosto che… passare per lavativi agli occhi dei benpensanti.

L’alternativa a questo sentire collettivo, che come uno schiacciassasi stritola la “professione docente”, è una sola: la serena accettazione che, anche a scuola, non siamo tutti, necessariamente, “eguali”. Che la specializzazione, la professionalità, la necessità di una carriera e il merito, in definitiva non sono una mera rivendicazione ideologica ma una semplice constatazione, serena, quasi ovvia: la differenza tra una dimensione “professionale”, con annessa formazione di tipo superiore, laurea, abilitazione, specializzazione e formazione continua e una dimensione impiegatizia. Con tutti gli oneri e onori connessi.

Con ciò qualcuno sul campo, potrebbe guadagnarsi, continuando nel paragone precedente, gli ambiti galloni di “operaio specializzato” che oltre a fare buchi, sa anche assemblare ad arte i pezzi di un puzzle complesso, quello della conoscenza.

Da ciò stipendi e orari diversi e contrattualmente separati da quelli di bidelli, amministrativi etc. Perchè, pacatamente, facciamo un altro mestiere. E, spesso, lo facciamo bene!

Un ultima considerazione: perchè i presidi hanno un contratto separato pur potendo rientrare nell’abusato schema degli “operatori scolastici” sostenuto da sindacati &C?

Semplicemente perchè svolgono una attività diversa da quella della “manovalanza” fatta da bidelli e insegnanti.

E questa diversità e’ stata riconosciuta contrattualmente.

Con buona pace dell’”unione fa la forza” e di simili, superate amenità.