Italia 24esima nella classifica La Tecnica della Scuola, 29.11.2012 The Economist Intelligence Unit e la casa editrice Pearson hanno messo a confronto i sistemi educativi di 40 paesi, a partire da circa 60 parametri. L’Italia si situa nella fascia media, dopo Germania e Regno Unito. Prime Finlandia e Corea del Sud
A dirlo è “The Learning Curve”, il nuovo rapporto sull’educazione a
livello globale, realizzato da The Economist Intellingence Unit
insieme alla casa editrice Pearson. “In un ipotetico G8 dei migliori sistemi educativi, troveremmo molti paesi asiatici (Hong Kong, Giappone, Singapore), pochi europei (Gran Bretagna, Olanda) e la Nuova Zelanda. Per imbatterci nell’Italia, dovremmo invece scendere giù, fino alla 24esima posizione (su un totale di 40), dopo la Germania (15esima) e gli Stati Uniti (17esimi), ma - se ci può consolare - anche prima dei cugini francesi (25esimi) e spagnoli (28esimi).” Per la prima volta si è provato a costruire un indice globale dei sistemi di istruzione nazionali, mettendo a confronto 40 paesi in base a 60 diversi parametri: dai risultati dei test OCSE-Pisa e TIMSS agli investimenti governativi, passando per gli stipendi del personale docente e il rapporto alunni-professori, senza tralasciare indicatori economici come il tasso di occupazione dei diplomati/laureati, il reddito percepito e il benessere generale di ogni paese. Il tutto a partire dalla convinzione che la scuola rappresenta un sistema complesso, ma conoscerlo meglio, soprattutto in chiave comparativa, può aiutare a delineare politiche più efficaci. Gli autori del report citano l’esempio della Germania dove, a partire dai risultati de test Pisa, si è aperto un grande dibattito nazionale che ha portato a significative trasformazioni nell’approccio educativo: ora Berlino può vantare performance decisamente migliori. “The Learning Curve” conferma che le prime della classe in quanto ad educazione sono la Finlandia e la Corea del Sud: “In un certo senso - scrivono gli autori - è difficile immaginare due sistemi più diversi: quello coreano è molto rigido e orientato ai test, con gli alunni che studiano davvero tanto; quello finlandese, invece, è più rilassato e flessibile”. Ma, allo stesso tempo, mettendo a confronto altri indicatori, emergono anche alcuni punti in comune tra i due paesi: entrambi condividono una classe docente di alto livello e danno una forte centralità all’educazione sia a livello politico che sociale. Prova ne sono non solo gli investimenti governativi (12% in Finlandia e 15% in Sud Corea del totale di spesa pubblica, a fronte del 9% italiano), ma anche l’equità con cui si accede alla formazione (in Finlandia l’Università è gratuita) o lo status sociale dei docenti.
“La Finlandia rappresenta un caso-studio eccezionale da questo punto
di vista - scrivono gli autori del report - I bambini vanno a scuola
più tardi; le ore di insegnamento sono di meno rispetto agli altri
paesi; non ci sono compiti a casa; gli insegnanti stanno di meno con
i bambini. Facendo una stima, si potrebbe dire che gli italiani
vanno a scuola tre anni di più”. Eppure, questo non sembra premiare
il nostro sistema educativo nella classifica globale. Siamo invece in linea con gli altri paesi in quanto ad anni trascorsi nel sistema scolastico (fino a 16 anni). Facciamo meglio, poi, in quanto a rapporto medio di alunni per docente nella scuola secondaria: 10, a fronte dei 12 della Francia e i 13 della Germania. Anche gli stipendi degli insegnanti sono in linea con quelli medi del paese, in una proporzione maggiore, comunque, rispetto a Regno Unito e Francia. Quanto a numero di laureati, l’Italia (31%) è sullo stesso livello di Germania e Spagna (entrambe 29%), ma ben al di sotto del Regno Unito (50%). Resta comunque molto alta la percentuale di laureati disoccupati.
Se gli oltre 60 indicatori presi in esame possono aiutare a capire
lo stato attuale della scuola, gli autori ripetono spesso che non
bisogna fermarsi alla sola analisi quantitativa. Innanzitutto perché
- è questa la prima delle cinque raccomandazioni rivolte a chi si
occupa di scuola - “non esistono formule magiche” che possano
offrire “soluzioni semplicistiche. Spendere molti soldi in
educazione raramente produce risultati (...) Meglio focalizzarsi su
obiettivi di lungo termine, coerenti e di sistema”. A cominciare,
magari, proprio dalla classe insegnante: “Buoni docenti sono
essenziali per un’educazione di alto livello. Trovarli e trattenerli
non è solo questione di stipendi alti. |