Scuola e lavoro ancora lontani: di Anna Maria Bellesia La Tecnica della Scuola, 25.11.2012 Il dato è stato presentato a Job&Orienta di Verona da Unioncamere. In tempo di crisi occupazionale le aziende non trovano il 16% di diplomati e il 20% di laureati. Scuola, Lavoro e Orientamento è il trinomio vincente per una scuola al passo coi tempi e attenta a dare ai giovani una formazione spendibile sul mercato del lavoro. A Job&Orienta di Verona, l’annuale rassegna fieristica tematica, la giornata del 23/11/2012 è stata dedicata al “già fatto”, con la presentazione di alcune eccellenze e la testimonianza diretta di molti giovani che hanno trovato con soddisfazione la strada giusta. La giornata conclusiva invece è focalizzata su quello che resta da fare. È un incredibile paradosso infatti che in piena crisi occupazionale, e con una disoccupazione giovanile al 35%, le imprese dell’industria e dei servizi cerchino 65mila candidati da assumere e non li trovino. I dati, presentati da Unioncamere, emergono dall’analisi annuale del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro. Nel 2012, è vero, si registra un calo generalizzato della domanda di lavoro da parte del sistema produttivo, con 200mila assunzioni in meno rispetto al 2011. Eppure, su oltre 406mila nuove assunzioni (non stagionali), il 16,1% sono segnalate dalle imprese per la difficoltà di reperimento. Chi sono gli introvabili? Alcuni indirizzi di diploma superiore, primo fra tutti quello del legno, mobile e arredamento (180 le assunzioni difficili su quasi 400), introvabile in un caso su due. Seguono i diplomati nell’indirizzo delle telecomunicazioni (230 gli introvabili su 600), l’indirizzo termoidraulico, il tessile, abbigliamento e moda, l’elettrotecnico, il turistico-alberghiero e il meccanico. Anche tra i laureati, uno su 5 è considerato introvabile, in tutto quasi 12mila unità. La laurea in ingegneria è la più richiesta, soprattutto nella filiera dell’Ict. La professione di maggiore sbocco occupazionale è tuttavia l’infermiere. Viene da chiedersi perché persista questo gap anomalo. Certo che la scuola, nel programmare la propria offerta formativa, non può inseguire le variabili del mercato. Ma neppure i due mondi possono restare separati se si vuole guardare al futuro dei giovani. Due le strade da percorrere. La prima è di integrare le esperienze in azienda all’interno dei percorsi di formazione, far conoscere direttamente i lavori, orientare i giovani attraverso il fare. La seconda è indurre un cambiamento di mentalità: la formazione nella filiera tecnico-professionale non è una opzione di serie B, ma una scelta vocazionale. Sono già avviati dei progetti di collaborazione fra Miur e Associazioni del mondo produttivo per una formazione diretta ai dirigenti scolastici, ma sarebbe quanto mai opportuno fare altrettanto per i docenti. |