Il prezzo da pagare per l’addio
alle 24 ore:
i Pof esautorati di 30 milioni
di A.G. La
Tecnica della Scuola, 12.11.2012
La denuncia arriva dall’Idv: la riduzione di fondi dal piano di
offerta formativa delle scuole genererà un avvitamento che per la
scuola italiana non sembra avere fine. Buone notizie per gli
studenti: arrivano 50 milioni per le borse di studio. Udu: segnale
importante ma non sufficiente.
La
mancata integrazione delle ore
dei docenti italiani potrebbe
avere un prezzo salato da
pagare: una bella sforbiciata al
fondo d’istituto su cui poggiano
i progetti e le attività
scolastiche a completamento
dell’attività didattica. A
denunciarlo, in attesa di avere
un riscontro del rinnovato testo
del ddl stabilità privato
dell’incremento a 24 ore
dell’impegno settimanale dei
prof di scuola media e
superiore, è Giulia Rodano,
responsabile nazionale cultura e
Istruzione dell`Italia dei
Valori. Le sue sono parole dure:
“il sollievo che ha accolto il
sacrosanto ritiro della tentata
`vessazione` sull`orario di
lavoro dei docenti italiani
nasconde, purtroppo, una coda
velenosa. Sordo a ogni richiesta
di correzione di rotta, il
governo Monti ha immediatamente
pensato bene di tagliare ben
trenta milioni di euro alla
ricerca italiana e altrettanti
al piano di offerta formativa
delle scuole”.
Il
Miur nella sua relazione aveva
invece parlato di “47,5
milioni sottratti dal fondo
per il miglioramento
dell'offerta formativa”, ma con
la pregiudiziale che questo
taglio non avrebbe creato
"pregiudicato l'offerta". A
sentire l’Idv le cose non
starebbero proprio così.“La
copertura del `mancato
risparmio` - continua Rodana,
rivelando particolari sino
inediti sull’esito
dell’emendamento taglia 24 ore
in commissione Bilancio - ,
sancito da due voti parlamentari
che hanno opportunamente
ritenuto incongrua e del tutto
inutile la misura
precedentemente prevista nella
legge di stabilità, verrà,
dunque, ancora imputata al
ministero dell`Istruzione,
dell`Università e della Ricerca.
Dicastero che, evidentemente, lo
stesso ministro Profumo si
rifiuta di difendere e di
rilanciare. Al dissenso
parlamentare su un taglio,
l`esecutivo replica sempre con
un altro taglio: generando un
avvitamento che, purtroppo, per
la scuola italiana non sembra
avere fine”.
La
rappresentante Idv non ha dubbi:
"Siamo alle solite. Quando si
parla di pubblica istruzione,
ciò che si scrive `spending
review` si legge `taglio
lineare`. Non c`è pronunciamento
parlamentare che possa
correggere l`ideologia montiana
per la quale la revisione della
spesa pubblica non significa
affatto eliminazione degli
sprechi e dei privilegi alla
Pubblica amministrazione, ma
solo tagli su tagli", conclude
Rodano.
Le
buone notizie arrivano invece
sul fronte studentesco: Manuela
Ghizzoni, presidente della
Commissione Cultura, scienze e
Istruzione della Camera dei
deputati e presentatrice
dell`emendamento per
incrementare il fondo
integrativo statale per la
concessione delle borse di
studio, ha infatti comunicato
che "è stato ripristinato il
diritto allo studio
costituzionalmente sancito".
Ghizzoni ha ricordato che "siamo
il Paese europeo che investe
meno in istruzione, in rapporto
alla spesa pubblica complessiva:
in Italia solo il 7% degli
studenti ha una borsa di studio
- spiega in una nota - un dato
preoccupante, soprattutto se
associato al dato che riporta un
drastico calo delle
immatricolazioni dovuto alla
difficoltà di affrontare
economicamente gli studi
superiori".
Soddisfatto anche Michele Orezzi,
coordinatore dell’Unione degli
Universitari, che da anni
denuncia l’aumento delle tasse
universitarie, che combatte
anche con azioni legali, e
dell’aumento del numero di
studenti capaci e meritevoli ma
privi di mezzi che non hanno una
borsa di studio per mancanza di
fondi: “finalmente una prima
risposta al dramma del diritto
allo studio universitario”. Che
poi però sottolinea: “anche con
il ripristino di questi 50
milioni siamo comunque ben
lontani dal garantire il diritto
allo studio universitario. Lo
stesso provvedimento del Governo
sul condono degli aumenti delle
tasse universitarie rischia di
far aumentare ancora le rette
nei prossimi anni, nonostante
già ora siano tra le più alte
d’Europa. La Commissione Cultura
della Camera ha sicuramente
fatto un buon lavoro su questo
tema, ma ora occorre un cambio
generale di politica. Bisogna
ripristinare gli investimenti
pubblici su scuola e università
pubbliche, non aumentare in
continuazione le tasse
studentesche”.
Dopo i sindacati, anche
dagli studenti arriva la
conferma che le proteste
programmate nei prossimi giorni
non si fermano. “Abbiamo chiesto
da tempo cambiamenti - conclude
Orezzi - e oggi sicuramente
vediamo un segnale importante.
Ma non è assolutamente
sufficiente. Per questo saremo
in piazza il 14 novembre contro
le politiche di austerità e il
17 novembre per la Giornata
Internazionale
dello Studente, perché occorre
un cambiamento generale nelle
politiche europee”.
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