L’avvocato d’ufficio del diavolo di Vincenzo Pascuzzi, 16.11.2012 Non aspiro a essere o apparire un azzeccagarbugli o l’avv. d’ufficio del diavolo, ma alcune questioni vanno chiarite, zumate. O almeno, ci provo. Sul caso specifico in questione le informazioni sono incomplete e lacunose, ma nessuno sembra si sia “impossessato” della scuola anche se una maggioranza relativa di ragazzi ha scelto di non fare lezioni per alcuni giorni. La scuola in termini astratti e di principio è della collettività? va bene, e cioè dei ragazzi, dei docenti, dei genitori, …. Ognuno per il suo ruolo che vi svolge. La scuola poi è sì edificio, strutture, attrezzature ma è anche soprattutto attività che vi si svolgono e persone che vi partecipano e ne sono protagonisti. Le attività nella scuola possono essere descritte e ripartite in attività essenziali e attività di supporto e complementari. Le prime, che costituiscono il nucleo essenziale (senza il quale NON c’è scuola), sono le attività didattiche e precisamente la relazione docente-discente/i. Le seconde, che sono quelle esterne alla relazione detta e anch’esse utili, utilissime ma non essenziali, sono le attività organizzative, amministrative, di sorveglianza, di supporto alle persone e simili. L’essenzialità della didattica è palese se solo si pensa che l’assenza del docente la vanifica per tutta la classe e l’assenza del discente l’annulla per lo stesso. Solo per l’assenza del docente si verifica quanto detto, tutte le altre assenze (preside compreso!) possono, in qualche modo, con difficoltà, temporaneamente, sopperite e tamponate. Non consideriamo – perché non è attinente ma solo paradossale - il caso del custode assente con le chiavi e della scuola che quindi non si può aprire! Per fare un paragone (*), la essenzialità della relazione docente-discente/i è un po’ come per i coniugi che sono i ministri del matrimonio nel sacramento secondo la Chiesa. Anche se questa, per questioni di potere ed economiche, puntualizza sulla opportuna presenza del prete o sacerdote e della relativa cerimonia! La votazione è illegittima? I votanti tutti l’hanno accettata (o subita) e di conseguenza è legittimata, per quello che si sa. Se è illegale qualcuno dovrà dimostrarlo e magari sentenziarlo avendone però gli elementi, le competenze e l’autorità. Il paragone con la casa privata di V.P. non mi sembra pertinente ed è invece ingannevole, e ciò capita con i paragoni (*). Infatti la casa non è della collettività. E può succedere, a volte, che qualche componente la famiglia si chiuda in camera o nel bagno! Interruzione di pubblico servizio? Chi ha votato vi ha in qualche modo rinunciato. Non ci sono state azioni di forza. E poi il pubblico servizio consiste nella cennata relazione didattica fra due parti. Se una parte vi rinuncia, c’è sì interruzione ma è del tutto volontaria. E se scioperano le poste o i trasporti pubblici? Le sentenze, strabilianti o no, sono tutte sentenze. Le emettono i giudici. Si possono sì criticare ma non sostituire con quelle che ci piacerebbero.
Collude chi
favorisce un comportamento disfunzionale? Può andare bene questa
definizione. Ma non è detto che il comportamento disfunzionale sia
proprio quello poi adottato. Ci potrebbe essere stata una collusione
virtuosa che è iniziata magari da un’ipotesi di comportamento
caotico, sregolato, inaccettabile o più inaccettabile. In questo
senso l’operato della preside potrebbe essere stato preveggente e
meritorio, avendo evitato aggressioni, sopraffazioni fisiche,
danneggiamenti, altri esiti imprevedibili. Stiamo forse parlando della pagliuzza o del fuscello per trascurare la trave o le travi?!
(*) I paragoni
nei discorsi e nei confronti dialettici vanno proposti e recepiti
con cautela. Possono aiutare a capire situazioni per confronto ma
possono anche ingannare. Credo che ci siano due tipi di paragoni:
quelli per far capire una situazione nuova e quelli per facilitare
la conclusione di un ragionamento. In questo secondo caso, può
accedere che il paragone venga confezionato sulla conclusione voluta
e poi adattato, con una sorta di retromarcia, al ragionamento e non
viceversa.
|