L'EDITORIALE

No alla scuola supermarket

Gabriella Imperatori Il Corriere della Sera, 16.3.2012

Preservativi a scuola: sì o no? Sì, decreta il consiglio d’istituto di un liceo veneto, a parità di voti fra favorevoli e contrari, ma tra i favorevoli c’è il voto del presidente che vale per due. E la decisione provoca un putiferio. Così si pensa di sentire anche il parere (non vincolante) del collegio dei docenti e dei consigli di classe. Ma non era meglio ascoltarlo prima? Anche per questa insufficienza di pareri non è facile valutare la decisione di mettere in vendita, nei bagni dell’istituto e a prezzo ridotto, le confezioni di profilattici, che eviterebbero tragiche conseguenze di gravidanze precoci e malattie sessuali. I ragazzi fanno sesso sempre più presto, nascondercelo è un’ipocrisia, e allora meglio prevenire che curare: è quanto sostengono i favorevoli. Mentre i contrari adducono come conseguenza della scelta una banalizzazione del sesso quando non un incoraggiamento a praticarlo anche in un’età prepuberale. Gli uni e gli altri hanno una parte di ragione, e non occorre scomodare il termine di «Vandea», spesso attribuito alla nostra regione, contro una «modernità» che tenga conto dei mutamenti di costume. Però occorre far ordine, senza limitarsi a citare l’esempio dei due licei di Roma e di Milano dove l’esperimento è già in corso. E facendo ordine vien fuori, ovviamente, che un liceo consta di alunni di età variante fra i 14 e i 19 anni, con abissi di esigenze, esperienze, maturità differenti. Cosa penseranno le matricoline della nuova mercanzia esposta a scuola?

Molte scuole già offrono, è vero, merendine e bibite, ma il paragone non ha senso, la scuola non è un supermercato del sesso. O ci vorrebbero anche scaffali di assorbenti di vari tipi, interni, esterni, mini e maxi (e magari, previa ricetta medica, pillole del giorno dopo), là dove latitano sapone e carta igienica. In realtà i preservativi si possono acquistare in farmacia e nei supermercati, come tutti sanno. Costeranno un po’ di più? Ebbene, un piccolo sacrificio economico può essere responsabilizzante, mentre la strada spianata potrebbe anche indurre a una deresponsabilizzazione psicologica, a far pensare al sesso come a un gustoso bigné, una cosa che si può fare anche senza amore o qualcosa che gli assomigli, senza rispetto, senza emozione se non fisica. Può essere la strada aperta perché tutto diventi lecito, anche mettere in rete le foto di un incontro, «pretendere» rapporti non desiderati dal partner, arrivare perfino a quella che gli avvocati del tempo antico definivano «vis grata puellis». E che invece tante sofferenze può provocare. Certo ogni caso vale per sé, la maturazione sessuale è un percorso individuale benché influenzato dal contesto in cui crescono gli adolescenti. Che hanno bisogno anche di ostacoli, di obiezioni, di qualche no. Decisioni come questa del liceo di San Donà devono essere accompagnate da una buona e franca educazione sentimentale e sessuale (già, però, chi la paga con questi chiari di luna?) in grado di ascoltare, discutere, aiutare senza risposte dogmatiche, un po’ come fa lo psicoanalista col paziente. Se così non è, la vendita del preservativo a scuola, che a tale educazione dovrebbe essere contestuale, può ridursi a un buco nell’acqua che non fa maturare. Non va incontro al compito della scuola. Ma lo manca.