Caro Saviano, sacri per chi? Mila Spicola l'Unità, 16.3.2012 I professori sono sacri. Questo commovente pensiero espresso da Roberto Saviano qualche giorno fa all’Auditorium di Roma cade come un sasso muto nel pozzo artesiano di Alfredino Rampi.
Perché evoco un ricordo così duro della memoria collettiva di tutti
noi proprio adesso? La verità è che noi professori non siamo sacri affatto e per nessuno. La verità è che il sapere, la conoscenza, l’istruzione, non sono sacri per nulla. Non lo sono per i governi, che negli ultimi anni hanno tolto, tagliato, razionalizzato, smantellato, il valore del sapere e della scuola. Altro che “in cima all’agenda”. Ma non lo sono soprattutto per il paese intero e sarebbe l’ora di svelare il velo di una sostanziale ipocrisia che ha riguardato l’argomento per fin troppo tempo. Il velo lo squarciano ogni giorno i miei alunni quando mi dicono: “prof ma a che serve studiare, essere bravi, laurearsi? Tanto non serve a nulla, servono solo le conoscenze”. Come dire: la verità dell’innocenza. Hai voglia a ripetergli che si studia per se stessi, per la propria crescita. La classe dirigente intera italiana (economica, accademica, aziendale, e tutto quello che volete aggiungerci) a un certo punto ha deciso che non contano affatto il sapere, la conoscenza, i meriti, i curricula.. contano solo le “relazioni” che si riescono a intrattenere con i propri sottoposti. Per cui studiare manco più a quello serve, a trovare un buon lavoro. Rimarrebbe la crescita personale come motivazione, ma ci credono solo, e non più con la stessa convinzione, i professori. E dunque a chi la vogliamo raccontare la favola della sacralità? Dell’importanza della scuola? Se qualcuno l’ha distrutta, (la politica?), lo ha fatto con la complicità di tutti. La scuola oggi non è importante per chi cresce adesso e in questo sistema di regole. A chi vogliamo trasferire il valore di qualcosa che non ha nessun valore sociale effettivo? Riflettevo sul fatto che la TAV costerà all’Italia circa 34 miliardi di euro. E’ necessaria, ce lo chiede l’Europa e l’Italia deve allinearsi e competere con gli altri sul piano della modernità. Mi chiedevo,a proposito di “modernità”, quante scuole del sud (o del paese intero) si potrebbero mettere a norma, ricostruire, sistemare con 34 miliardi di euro. Penso che avanzerebbero soldi persino per stabilizzare i colleghi lasciati per strada, per aggiornare tutti noi, per adeguare le infrastrutture tecnologiche della conoscenza… Mi ha stoppato subito una cara amica:”Le due cose non sono alternative, Mila! La Tav deve farsi! E la scuola deve essere tutelata, su questo non ci piove. Le due cose sono entrambe necessarie!” Eppur ci piove, non solo metaforicamente, ma proprio pioggia vera, in certe aule. In un tweet recentissimo Gianni Riotta mi invita, quando si parla di educazione e scuola, ad essere realisti. Giusto per la congiuntura storica e la crisi. Ok, lo sono, e molto. Sono infatti realisticamente certa che la TAV si farà, 34 miliardi spunteranno fuori. Le scuole no: non verrano aggiustate. Giusto per ricordarvi che le due cose non hanno nemmeno lontanamente la stessa urgenza . Se lo sogna la scuola statale italiana di avere un finanziamento di 34 miliardi. Non lo vuole nemmeno il paese, figuriamoci la politica, o la tecno-politica. Al netto della retorica sullo spendere bene i soldi, immagino che questo governo potrebbe davvero fregarsene del consenso dei teologi della conservazione dello sfascio (è un governo tecnico no?) e agire in modo completamente innovativo (e cioè dando la sua idea sul come spendere e meglio i soldi ) se solo lo volesse negli ambiti del sapere, della conoscenza, della ricerca; investire in modo vero in istruzione, ricerca e innovazione. Anche perché tutto ciò costa, è vero, ma qualcuno se lo sta chiedendo quanto ci costerà tra 20 anni non l’averlo fatto?
Non
so come ma ho la certezza, altrettanto realistica, che non abbiano
nessuna intenzione di farlo. Perché anche questo governo si adegua a
quel sistema di cose, (e riguarda il paese intero, lo ripeto) del
resto si tratta della stessa classe identica dirigente che ha
guidato il paese negli ultimi 30 anni, magari da altri ambiti
rispetto a quello politico, e che del sapere degli altri non sa che
farsene. Per la quale un buon raccomandato vale molto ma molto di
più di un buon curriculum. Dall’ultimo dei lavori al concorso di
ordinario alla carica politica alla direzione di una
municipalizzata. Nel 1979 il testo di cui sotto segnò una rivoluzione socio-educativa, vi ricordate? L’abbiamo seguita alla lettera per dar corso a una sostanziale, anche se spero, reversibile, involuzione educativa. Il professore ha lasciato soli i ragazzi e nel far questo è rimasto solo. Sempre di oscuro sarcasmo in aula si tratta. Tutto sommato è solo un altro mattone nel muro altissimo che proprio quei ragazzi ribelli hanno eretto una volta arrivati in cima. Eppure io spero in una diversa generazione di ribelli, quelli che canteranno: we pretend a good education.
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