Rette scolastiche, ecco la presa in giro Marco Masi, il Sussidiario 22.3.2012 Caro direttore, quasi ogni giorno, come gestori di scuole paritarie, incontriamo famiglie desiderose di scegliere le nostre scuole, ma gravemente condizionate dalle difficoltà economiche attuali e dalla paura del futuro. A volte, nonostante le agevolazioni messe in campo dai gestori, le famiglie sono costrette a rinunciare. Questo genera un grave disagio, per non poter andare incontro alle esigenze delle famiglie, e un grande senso di ingiustizia, per un Paese che non fa nulla in questo campo per chi ha meno possibilità. Se l’educazione è il primo degli investimenti strategici di un paese, il sostegno alla libertà di scelta da parte della famiglia è la strada da imboccare con urgenza. In Italia una famiglia che sceglie la paritaria paga due volte la scuola: con le tasse quella statale e con la retta quella che ha scelto. Per di più in base all’articolo 34 della Costituzione per gli alunni soggetti all’obbligo scolastico la scuola dovrebbe essere gratuita. La situazione attuale è ancor più ingiusta per le famiglie con figli disabili che scelgono una paritaria: tali famiglie devono sostenere anche l’onere dell’insegnante di sostegno, senza che sia riconosciuta alcuna agevolazione fiscale per tale spesa. Siamo di fronte alla palese negazione di un diritto fondamentale della persona universalmente riconosciuto. Le famiglie che frequentano la scuola paritaria contribuiscono a finanziare la scuola statale e permettono allo Stato un risparmio di circa 6 miliardi di euro all’anno ( circa 6mila euro ad alunno per oltre un milione di alunni iscritti alle paritarie) . È necessario intervenire con la massima urgenza a favore delle famiglie, in particolare di quelle con una pluralità di figli minori e di quelle con disabili. Molti propongono di utilizzare a favore della famiglia parte delle risorse assicurate dalle recenti manovre economiche. Con le riforme fiscali all’esame, il Governo introduca finalmente la detraibilità dalle imposte delle rette scolastiche pagate dalle famiglie, anche con modalità graduali (la detraibilità al 19% di una spesa massima di 2mila euro ad alunno, ad esempio, comporterebbe allo Stato una minore entrata di circa 300 milioni; le agevolazioni fiscali attualmente vigenti comportano complessivamente una minore entrata di circa 80 miliardi di euro all’anno). L’attuale Testo Unico sulle imposte dirette prevede già la detraibilità delle spese scolastiche, ma solo per la frequenza di corsi “di istruzione secondaria e universitaria” e ,quel che è più grave, solo nella misura “non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali” (articolo 15, comma 1 lettera e dpr 917/1986). Si tratta di una evidente presa in giro: le tasse per la scuola statale, dovute solo per gli ultimi due anni di scuola superiore, ammontano a 21,17 euro, per cui di fatto la detraibilità attualmente prevista non ha alcun valore. Le famiglie che scelgono una scuola paritaria, di qualsiasi ordine e grado, devono potersi detrarre dalle imposte il costo della retta. Come accade per le spese sanitarie, per quelle veterinarie, per quelle sportive. Lo Stato riconosca la detraibilità dei costi sostenuti direttamente dalla famiglia per fruire di un servizio pubblico garantito dalle scuole paritarie che sono parte del sistema nazionale di istruzione. Il valore sociale della istruzione dei figli non può certo essere considerato inferiore a quello assicurato alla cura degli animali domestici. C’è in gioco il futuro del nostro paese. |