dalla parte del cittadino

La maleducazione a scuola
e il ruolo di insegnanti e genitori

Isabella Bossi Fedrigotti Il Corriere della Sera, 29.3.2012

Gentile signora Bossi Fedrigotti,
siamo in un prestigioso liceo scientifico nel centro di Milano. Ogni giorno, al suono della campanella dell'intervallo, gli alunni si riversano nello storico cortile interno, circondato da cestini e posacenere. Arriva il «paninaro» a vendere sandwich, focacce e cose varie avvolti nella carta oleata. Alla fine dell'intervallo, ogni giorno, da almeno cinque anni, il pavimento del cortile è completamente ricoperto di cartacce e di mozziconi di sigaretta. Un bidello passa subito dopo a ripulire tutto. La dirigenza e i docenti non hanno mai costretto, o almeno invitato, gli alunni a riporre l'immondizia negli appositi contenitori. Questi ragazzi vengono considerati la futura classe dirigente del Nord Italia (sic). Fanno in un luogo pubblico quello che probabilmente fanno a casa, dove colf extracomunitarie provvedono a mettere in ordine le loro camere e i loro bagni. Io insegno nella scuola pubblica da quasi trent'anni e quello che mi lascia basita è il lassismo delle istituzioni. Ci stupiamo poi se Milano è una città sporca?

Lettera firmata


Posso perfettamente immaginare la scena e da madre che ha a lungo combattuto (e qualche rara volta ancora combatte) contro le stanze dei figli rese inaccessibili dal disordine, m'indigno esattamente come lei. Leggo, però, che insegna da trent'anni e da cinque, mi pare di capire, proprio in quel prestigioso liceo del centro. Perché non avverte lei, almeno gli alunni delle sue classi, che buttare in terra carte e mozziconi di sigaretta è cosa da selvaggi? Perché, in qualità di insegnante di lungo corso e, perciò, forse, ascoltata più di altri, non fa presente la questione agli altri docenti e alla dirigenza? Forse basterebbe, infatti, l'iniziativa di tre quattro, magari cinque insegnanti per dare una svolta un po' più «virtuosa» prima all'atteggiamento degli altri colleghi e poi anche al comportamento degli studenti. Non metto, infatti, in dubbio, il fatto che numerose famiglie, anche di ambienti privilegiati, abbiano abdicato smettendo di educare, però, nonostante non pochi insegnanti sostengano che a loro spetta soltanto insegnare, secondo me, tocca alla scuola intervenire, almeno per grandi linee, fin dove può. Alternative possibili temo che non ce ne siano. E i ragazzi, tutti, quelli del centro come quelli di periferia, hanno sacrosanto diritto all'educazione e negandogliela si fa loro un torto difficile da riparare nel corso della vita. Ma se anche volessimo sorvolare sulla questione centrale e di principio, a me pare particolarmente antieconomico «sprecare» in questo modo le ore del personale non docente o degli addetti alle pulizie

Isabella Bossi Fedrigotti