SCUOLA

La lettera:
tutti i nodi irrisolti del Tfa

 il Sussidiario 30.2012

Egregio direttore,

da qualche tempo osserviamo a distanza il dibattito sul Tfa che ha visto partecipare voci illustri di conoscitori del sistema. Sembra corretto e utile che prima di inserirsi in un contesto lavorativo si abbia l’occasione di cimentarsi in un tirocinio formativo. Rimangono però alcune perplessità sulla fase di attuazione transitoria che riguarda chi, dal 2008 ad oggi, ha nel frattempo già iniziato a lavorare.

È da notare in primo luogo che la “gloriosa” separazione del percorso di abilitazione dall’entrata in ruolo è una beffa ai danni dei candidati che verranno selezionati per l’abilitazione proprio sulla base dei numeri di possibili immissioni in ruolo. È vero, come ha ricordato il sottosegretario Ugolini che tale separazione “peraltro avviene in tutte le professioni”. Ha dimenticato però di citare in quale altra professione l’abilitazione al lavoro è a numero chiuso, o forse alludeva a chi deve ottenere licenze contingentate; sarebbe utile capire a quale lavoro si equipara la professione docente che si dice voler valorizzare. O forse è un problema di offerta formativa delle università? Benissimo, non si vede perché solo le università siano ritenute in grado di formare insegnanti. Anzi è alquanto contraddittorio che da un lato si dica che in cinque anni l’università in realtà non insegna a sufficienza (tanto che si devono sostenere ulteriori esami di valutazione sulla preparazione conseguita) e contemporaneamente si rimandi ancora all’università per il completamento del profilo professionale.

Tfa: liberazione del precariato… ora, se è vero, come è vero, che tante scuole rimangono scandalosamente senza supplenti anche per buona parte dell’anno, sembra che si tratti di un precariato che comunque lavora; eppure buona parte di questi lavoratori-annuali non supererà gli esami di ammissione all’abilitazione transitoria e rimarrà, questa volta davvero, a spasso. È stato proprio impossibile trovare una soluzione transitoria che non scimmiottasse il rush finale delle nuove lauree magistrali? Meglio pensare che non si sia potuto fare altrimenti, piuttosto che non si sia tentato nulla di realmente nuovo.

È auspicabile infine che le novità sul reclutamento insegnanti siano nella direzione indicata da Matteo Foppa Pedretti nel suo recente articolo. L’esperienza insegna che il punto di forza delle scuole private rispetto alle statali risieda proprio nella possibilità della dirigenza di formare il corpo docenti, solo un preside infatti può valutare la reale efficacia di un insegnante e la sua capacità di coordinamento e collaborazione. Quindi più che obbligare le scuole private ad assumere gli insegnanti delle graduatorie e del Tfa, sarebbe bene trasferire la buona prassi del recruitment privato alle statali; ma i paladini della parità scolastica al ministero combattono per questo, anche perché non vorranno che in caso contrario si dica che loro avrebbero potuto fare qualcosa.


(Giuditta, Massimo, Simona, Alessia, Daniele, Gabriella, insegnanti in cerca di licenza)