«Il principio del merito in tutta la Pa» di Davide Colombo Il Sole 24 Ore, 11.5.2012
ROMA -
«Quando leggeranno il testo certi commentatori si ricrederanno. Due
quinti dell'articolato traduce in norme l'intesa raggiunta, gli
altri tre quinti riguardano altri aspetti cruciali della dirigenza,
la formazione e la trasparenza. Il percorso che stiamo compiendo va
ben oltre l'allineamento con le nuove regole del lavoro privato e
punta a estendere la riforma Brunetta. Renderla più agevole e
applicabile, dopo tre anni dalla sua introduzione. E avendo chiaro
un concetto: non esiste nessun potere di veto da parte dei
sindacati».
Proprio l'articolo 19 della riforma Brunetta, quello riferito alle
tre fasce di merito, ha attualmente efficacia solo per circa 280mila
dipendenti su 3,3 milioni. Sono esclusi i dipendenti del ministero
dell'Economia, delle Agenzie fiscali, della Presidenza del Consiglio
dei ministri, i ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca e
tutti i dipendenti del settore scuola. Per queste categorie, che
ammontano a circa 1,2 milioni di addetti, è previsto un adeguamento
ai principi dell'articolo 19 mediante decreti. E tutti i decreti
adottati non prevedono mai le tre fasce perché sono state ritenute
un elemento troppo rigido, che ingessa il sistema a discapito
dell'autonomia del dirigente di fare una valutazione del proprio
personale al di fuori di gabbie predefinite. Anche per i dipendenti
di Regioni e autonomie locali, compresa la sanità, si prevedono
adeguamenti alla riforma Brunetta.
Infatti. E il meccanismo sarà assicurato con legge e non con un
accordo. Si riconosce alla contrattazione una competenza che è già
prevista nel decreto legislativo 150 del 2009. Le parti sociali,
inoltre, hanno condiviso la necessità di attribuire una forte
responsabilità ai dirigenti in considerazione del ruolo rivestito
rispetto alla perfomance delle amministrazioni e di stabilire
rigorosi sistemi di collegamento fra obiettivi, premialità e
risultati conseguiti.
Nella legge sarà individuato un sistema di valutazione che terrà
conto della perfomance organizzativa come strumento per la
valutazione delle figure dirigenziali e della perfomance individuale
come valutazione e conseguente incentivazione all'interno di un
ufficio. Nel pieno rispetto di quella "logica del risultato" che
conta per i cittadini utenti e le imprese che operano con la Pa.
Il protocollo conferma che si deve agire nel vigente modello di
relazioni sindacali. Non si legge mai la parola "concertazione", che
è stata eliminata con il decreto 150. Si fa riferimento solo
all'esame congiunto, che peraltro è una delle modalità previste
nell'atto di indirizzo all'Aran del luglio 2011, firmato proprio dal
ministro Brunetta.
Esattamente come avviene nel privato. Ma il coinvolgimento dei
sindacati non impedisce di attivare le disposizioni dell'articolo 33
del decreto legislativo 165 del 2001 su esuberi e mobilità. La prima
fase, quella dell'individuazione dell'esubero in relazione alle
esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, è interamente
sotto la responsabilità del dirigente. L'individuazione dei soggetti
da mettere in mobilità invece, come avviene nel privato, deve essere
fatta definendo i criteri di scelta e per questo vanno coinvolti i
sindacati. Si fa così ovunque. E voglio sottolineare che proprio in
contesti di profonda crisi vincono le aziende che possono contare su
buone relazioni sindacali. Nel protocollo non si fa riferimento a questo. Anzi, è ribadito il principio costituzionale dell'articolo 97, che prevede l'accesso nella Pa per concorso. Si stabilisce che nei concorsi si terrà conto dell'esperienza acquisita con rapporto di lavoro flessibile, come già indicato in alcune disposizioni volute dal mio predecessore. C'è solo l'apertura di un tavolo di confronto sui temi del precariato che può trovare soluzioni, come ad esempio la proroga dei contratti, nell'ambito della legislazione vigente e delle risorse disponibili. |