Tra Gelmini e Fornero, di Fabio Marcelli Il Fatto Quotidiano, 8.5.2012 Una delle prime cose che dovrebbe fare la nuova maggioranza che prima o poi è destinata ad uscire dalle urne è certamente l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sui danni fatti da Berlusconi al nostro Paese. E fra tali danni uno dei più cospicui e in certa misura irreparabili è costituito dal progressivo dissanguamento di istruzione e ricerca pubblica. Secondo l’ineffabile signora Fornero, nonplusultra del tecnicismo d’élite di questo Paese, i giovani non conoscono l’italiano e non sanno fare di conto. Ma di chi è la colpa, egregia signora, se non della trascuratezza con la quale i vari governi, nei quali sedeva fra l’altro una certa Gelmini hanno affrontato il tema dell’istruzione pubblica? Basta guardare le cifre contenute nel recente Rapporto dell’Unione europea sull’istruzione che attestano livelli di spesa nel nostro Paese inferiori a quelli della media europea. O quelle, che cita la stessa Fornero, sulla percentuale di persone laureate anch’esse notevolmente più basse della media europea. La colpa sarebbe, secondo la Thatcher de noantri, degli studenti che “non studiano abbastanza”. Non già di un sistema che fa di tutto per incentivare l’abbandono scolastico e scoraggiare gli studi. Per non parlare della vera e propria opera di diseducazione portata avanti da Berlusconi e dal suo apparato mediatico, che si è accompagnata a una politica di autentica demolizione delle strutture pubbliche delegate all’istruzione e alla ricerca, di cui è responsabile Berlusconi ma non solo lui. Basti ricordare che Monti, fra le prime cose si premurò, al tempo dell’assunzione del suo incarico, di elogiare proprio la Gelmini e la sua lungimirante politica in materia di università. O vedere le scelte concretamente perseguite dal governo della recessione e del massacro sociale in tema di stabilizzazione degli insegnanti. L’unica soluzione che la Fornero si sente di proporre è la trita e ritrita invocazione dell’impresa. L’antidoto all’ignoranza è l’apprendistato. Davvero un pensiero originale e profondo. Della stessa sciattezza questo governo dà prova in materia di valutazione della ricerca, introducendo un procedimento che è stato criticato con argomentazioni condivisibili da, fra gli altri, Giorgio Sirillie Francesco Sylos Labini, e che vede fortunatamente il crescente dissenso della categoria con la decisione di molti di autosospendere la valutazione. La protesta investe del resto anche altri temi come la diminuzione dei finanziamenti o l’offesa alla dignità dei ricercatori consistente nel fatto che essi vengono costantemente esclusi dal governo del proprio settore, in netto contrasto, fra l’altro, con quanto affermato dalla Carta europea del ricercatore. Continuano a diminuire, nel frattempo, i finanziamenti destinati alla ricerca e all’istruzione pubblica, mentre invece se ne destinano molti alla scuola privata e alle imprese per l’effettuazione di attività di ricerca non sempre convincenti. E’ tempo di scelte. Questo Paese ha bisogno di giovani motivati e dotati di adeguata cultura critica. Bisogna riportare in auge il pensiero di uno dei più grandi pedagoghi che la storia italiana ricordi, Don Milani, il quale affermava che l’obbedienza non è più una virtù. Se questo era già vero ai suoi tempi, lo è ancora più oggi. Meglio giovani critici, consapevoli e ribelli che aspiranti rotelle di un ingranaggio che gira sempre più a vuoto, producendo solo disperazione, frustrazione e miseria. |