Il sostegno è un caos calmo,
ma è una cosa seria
Si chiama proprio "Il sostegno è un caos
calmo" anche un recente libro di Carlo Scataglini, insegnante di
sostegno "innamorato" del proprio lavoro che qui, con passione e
professionalità, contesta il recente Decreto prodotto dal Direttore
Generale del Ministero, concernente la riconversione professionale
di docenti soprannumerari che scelgano di dedicarsi all'attività di
sostegno. «Il mestiere di insegnante di sostegno - scrive tra
l'altro Scataglini - si costruisce giorno per giorno e solo con una
forte motivazione. La motivazione di chi ci crede veramente. Di chi,
magari, da anni prende una nomina annuale e fa l'abbonamento del
treno o prende una casa in affitto per andare a "insegnare sostegno"
lontano da casa. Di chi, comunque, fa questo lavoro per scelta e con
una forte motivazione. Non di chi, in qualche modo, è costretto a
farlo, per non perdere il proprio posto di lavoro»
di
Carlo Scataglini*,
Superando
11.5.2012
Qualche giorno fa
ci siamo ampiamente occupati di alcuni recenti Decreti Ministeriali
sulla formazione iniziale dei docenti e su quella per la
specializzazione al sostegno, proponendo - con
l'analisi di Salvatore Nocera, vicepresidente della
FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) -
la "voce delle associazioni di persone con
disabilità" (se ne legga cliccando
qui).
Oggi, invece, su quei medesimi temi - e in particolare sul Decreto
del Direttore Generale del Ministero n.
7/12, concernente la riconversione professionale di
docenti soprannumerari che scelgano di dedicarsi
all'attività di sostegno - diamo spazio a un insegnante di sostegno
decisamente "innamorato del suo lavoro", come ha anche raccontato in
un libro di recente uscita (Il
sostegno è un caos calmo. E io non cambio mestiere,
Erickson, 2012).
Si tratta di Carlo Scataglini, insegnante
specializzato all'Aquila, formatore sulle metodologie di recupero e
sostegno e docente a contratto di Didattica della Matematica per
l'Integrazione alla Facoltà di Scienze della Formazione
dell'Università dell'Aquila, che sempre per Erickson ha già
pubblicato numerosi testi per il recupero e il sostegno.
Qui si rivolge direttamente al direttore generale del Ministero
Luciano Chiappetta, esprimendo il proprio punto di
vista con passione e professionalità.
Gentilissimo Direttore
Generale, le scrivo in merito al Decreto Direttoriale
n. 7, quello del 16 aprile, che porta la sua firma. Niente di
personale, è solo che il clamore suscitato dalla decisione di
riconvertire e utilizzare su posti di sostegno i
docenti in esubero non mi ha lasciato di certo indifferente.
Da oltre vent'anni faccio l'insegnante di sostegno nella scuola
media. A partire da un corso polivalente che ho frequentato
all'Aquila nel biennio 1988-90. Con lezioni in presenza, tutti i
pomeriggi e con l'obbligo di frequenza, di ritorno da Roma dove
facevo il supplente annuale di educazione fisica. Con laboratori e
tirocinio diretto, con esami veri, con tesine di tirocinio indiretto
e tesi finale sperimentale. Con docenti di corso preparati e
competenti e colleghi appassionati che, come me, a distanza di tanti
anni, fanno ancora gli insegnanti di sostegno.
Fui fortunato, allora, per due ragioni. Perché dopo il corso di
specializzazione entrai subito in ruolo e perché quel corso risultò
realmente efficace, almeno come formazione iniziale.
Sì, perché di formazione iniziale si tratta, solo
di quella. Il resto è tutto da costruire, dopo. Ogni anno scolastico
è diverso, ogni scuola è diversa, ogni classe è diversa, ogni alunno
è profondamente diverso. Non è sufficiente avere l'opportunità di
lavorare in una classe in cui c'è un ragazzino Down per sentirsi a
posto e pensare di avere imparato tutto sulla sindrome di Down.
L'anno dopo, magari, si possono scoprire cose completamente
diverse in una situazione che può apparire simile.
Ecco perché la formazione iniziale è solo un punto di
partenza. Il resto, tutto il resto, si costruisce giorno
per giorno, con fatica, studio, passione, entusiasmo.
Questa è la ragione per
la quale le scrivo, signor Direttore Generale. Non intendo discutere
la serietà dei corsi di riconversione che, con il Decreto da lei
firmato, prepareranno dei docenti soprannumerari a svolgere il
mestiere di insegnante di sostegno. Non intendo entrare nel merito
del numero di ore, di crediti, di laboratori, di tirocini diretti o
indiretti. Non intendo nemmeno - e qui in verità faccio un po' più
di fatica ad astenermi - commentare la decisione di far partire
"l'operazione" con la massima urgenza e prevedere l'utilizzazione
dei soprannumerari "riconvertiti" già dal primo settembre
prossimo, dopo lo svolgimento di uno solo dei tre moduli
previsti.
L'unica cosa che mi preme dirle (mi scuserà se mi ripeto!) è che il
mestiere di insegnante di sostegno si costruisce giorno per
giorno e solo con una forte motivazione. La motivazione di
chi ci crede veramente. Di chi, magari, da anni prende una nomina
annuale e fa l'abbonamento del treno o prende una casa in affitto
per andare a "insegnare sostegno" lontano da casa. Di chi, comunque,
fa questo lavoro per scelta e con una forte motivazione. Non di chi,
in qualche modo, è costretto a farlo,
per non perdere il proprio posto di lavoro.
Sa, signor Direttore,
ho sempre iniziato i miei corsi incollando un grande cartellone
bianco su una parete dell'aula e invitando i corsisti a scrivere
liberamente i motivi per cui intendevano iniziare un'avventura così
difficile e interessante. Perché volevano misurarsi
con un lavoro così duro e affascinante. Quali
fossero le loro motivazioni. Quali le loro aspettative. Stavolta,
nei corsi di riconversione per docenti soprannumerari, lo dico in
tutta sincerità, mi sentirei in imbarazzo a chiederlo.
Per questo, anche se so già che ho poche speranze, la invito a
ripensarci. A fermare "l'operazione", a sospenderla, a rinviarla, a
studiarla meglio.
Il sostegno è un "caos calmo", sicuramente, ma è una cosa seria: è
un principio fondamentale che rende migliore la scuola.
Fare sostegno vuol dire andare avanti tutti insieme verso una meta
comune. È un po’ quello che succede nel rugby. Da ex giocatore di
rugby, uso spesso questa metafora e chi conosce bene questo sport sa
che il "fare sostegno" ne è il principio base. E sa
che è solo una forte motivazione a spingere ciascuno a dare il
massimo per arrivare alla meta insieme agli altri.
La motivazione, purtroppo, non si può dare per decreto, né
attraverso un corso più o meno efficace. La motivazione deriva solo
da una scelta. Una scelta personale, convinta e soprattutto libera.
La scelta di fare sostegno, nella scuola pubblica, cercando di
lavorare bene in vista dell'integrazione di tutti gli alunni e della
crescita di tutto il sistema scolastico.
Questo, in realtà, è il
lavoro dell'insegnante di sostegno. Quello che viene fuori dal
Decreto n. 7 è qualcosa di profondamente diverso e
decisamente preoccupante.
*
Insegnante specializzato all'Aquila, formatore sulle metodologie
di recupero e sostegno e docente a contratto di Didattica della
Matematica per l'Integrazione alla Facoltà di Scienze della
Formazione dell'Università dell'Aquila.