A proposito di autogoverno e dimensionamenti di Antonio Valentino, ScuolaOggi 1.5.2012 Cosa fa il Ministro? L’approvazione del DDL sull’autogoverno delle scuole da parte della VII Commissione della Camera ha avuto una discreta eco nel pianeta scuola. Associazioni professionali e organizzazioni sindacali hanno espresso commenti e posizioni articolati, dove, a fianco di rilevazioni critiche, si colgono anche diffusi apprezzamenti. Da parte di tutti c’è l’auspicio, al riguardo, di una campagna di informazione e dibattito e l’impegno comunque a farsene carico e ad esserne protagonisti. Anche la Conferenza delle Regioni è intervenuta esprimendo condivisione sostanziale degli obiettivi e dei principi ispiratori e formulando, per quanto di sua competenza, emendamenti che non sembra contraddicano l’impianto complessivo del DDL. A questa pluralità e densità di commenti del mondo della scuola non sembra corrispondere altrettanta attenzione da parte dell’Amministrazione. Almeno a voler dar peso all’assenza di riferimento a queste problematiche nell’Atto di indirizzo del Ministro (le priorità politiche) per il 2012; atto di indirizzo che pure è stato emanato una settimana dopo l’approvazione del DDL in questione. Nessun accenno, nel documento ministeriale; neanche dove si parla dell’importanza di “modelli organizzativi e innovativi e di governo” per “semplificare la complessità organizzativa e dar valore ad una autonomia scolastica responsabile”. Niente. Forse la cosa non è da enfatizzare, ma, comunque, ci aspettava che il Ministro, pur nel rispetto delle prerogative del Parlamento, scendesse in campo, non per “sposare” il DDL, ma almeno per rendere esplicito il suo impegno sull’iter legislativo del provvedimento.
Eppure il tema
dell’autogoverno delle scuole autonome e quello della governance di
sistema (che costituisce parte integrante e fondamentale dell’intero
impanto del DDL) non sono di quelli che un’Amministrazione può
snobbare o ritenere di secondaria importanza. Anche perché con questo provvedimento legislativo si gioca una partita importante su più fronti: su quale autonomia delle Istituzioni Scolastiche (IS), in primo luogo; ma anche su quali forme di coordinamento tra le varie istituzioni del sistema delle autonomie coinvolte e quindi su dove va collocato il baricentro dell’intero sistema. Al tipo di scenario che si va a privilegiare sono poi da collegare sia il discorso – tutto da approfondire - delle reti di scuola (che non sono quelle del DPR 275, ma qualcosa che, sembra di capire, ha a che fare con la governance territoriale; negli stessi termini sono proposte le reti anche nella Legge per le Semplificazioni, art. 50), sia le varie operazioni sul dimensionamento delle istituzioni scolastiche - che stanno procedendo a ritmo serrato e, a quel che è dato sapere, secondo logiche quasi sempre ragionieristiche e frammentate. Quest’ultimo terreno di analisi e riflessione si incrocia con tutta evidenza con le problematiche del governo delle scuole e quindi del tipo di management / leadership da privilegiare e promuovere. Problematiche da cui sembrano prescindere molte Regioni e Province nelle scelte sul dimensionamento. Si assiste così ad operazioni di aggregazione di sedi e scuole di cui non si riesce a cogliere il modello organizzativo di riferimento ( ma la logica sì).
E il discorso non
riguarda solo il dimensionamento dei nuovi Comprensivi di cui alla
L.111 del luglio scorso; il discorso è forse ancora più drammatico
per non pochi dimensionamenti nel Secondo ciclo che si stanno
formalizzando per il prossimo anno; dimensionamenti di fatto
realizzati aggregando, molte volte con criteri puramente
burocratici, agli istituti di titolarità le reggenze degli anni
scorsi. Al riguardo, il documento preoccupato di tutte le organizzazioni sindacali di DS – dalla FLC CGIL, comparto Dirigenti Scolatici (DS), alla ANP -, inviato al Ministro con la richiesta al ministro di un incontro urgente, ben evidenzia la drammaticità della situazione. Qui interessa sottolineare, anche sulla scorta di questo documento, 1. la forte riduzione delle ISA (oltre le 1000 unità) e l’aumento spesso sconsiderato degli studenti per istituto (che in non pochi casi arriva fino alle 2000 unità), 2. le centinaia di scuole autonome sottodimensionate, per effetto delle leggi sulla stabilità, che saranno prive di un dirigente e di un direttore dei servizi: ancora, quindi, reggenze e contabilità in affanno; 3. il fatto che alla consistente diminuzione delle dirigenze scolastiche non corrisponde la diminuzione delle sedi scolastiche, né del personale, né degli alunni: aspetti - ma solo questi ultimi - in sé positivi (il discorso sul numero delle DS è più complesso), se non fosse che le gestione che ne consegue diventa massacrante e soprattutto rischiosa per la qualità della direzione (si consideri solo il problema delle sedi lontane tra di loro e dei tempi per gli spostamenti); 4. la scelta bizzarra – chiamiamola così – di rivedere al ribasso i parametri per l’attribuzione di esoneri e semiesoneri ai collaboratori del DS, che completa degnamente il quadro. Capita così che i problemi e le difficoltà raddoppino e le risorse orarie per le funzioni di collaborazione con il DS si dimezzino o scompaiano del tutto. Ma la cosa più bizzarra – ancora così, per dire - è che queste decisioni sono state prese – prescindendo da qualsiasi riflessione compiuta su questioni preliminari e dirimenti. Il riferimento è
alla natura (le forme,
le dimensioni e i livelli e i compiti) delle ISA, a parole,
costituzionalmente tutelate (Dentro il sistema delle autonomie, non
si è ancora definito – lo si è già accennato prima - dove si colloca
il baricentro: se nelle autonomie scolastiche o nelle regioni, né si
riesce a cogliere concretamente la visione “orizzontale” – quindi
non più “piramidale” - del sistema),
Nel commentare le norme per l’autogoverno delle ISA ebbi a condividere con parecchi altri un sostanziale apprezzamento per gran parte delle scelte fatte e per l’insieme dei principi ispiratori e degli obiettivi della riforma. Il rischio concreto che però vedo, di fronte ai dati sul dimensionamento - e a quel che ne consegue (non parlo, ripeto, solo dei nuovi istituti comprensivi) - è che alla fine potremo anche avere una buona legge per l’autogoverno delle scuole e per la governance territoriale, ma non sapremo che farcene, perché, con i chiari di luna che si prevedono, la governabilità interna sarà compromessa (e i danni irreversibili); e l’apertura al territorio, il superamento dell’autoreferenzilità, la rendicontazione sociale degli esiti e dei processi di apprendimento le consegneremo come compiti – anche questi - alle future generazioni. Una ragione in più, allora, per accellerare il dibattito sul DDL e arrivare entro quest’anno ad una buona legge che renda possibili decisioni sensate e chiare? Hoc est in votis. In milanese: Sperèm. |