Da 'Civiltà Cattolica' un appello
per l'insegnamento del greco e del latino

da Tuttoscuola, 31.5.2012

"E' opportuno che nella scuola italiana si continui a educare gli studenti alle lingue classiche (greco e latino), senza le quali sarebbe indiretto e superficiale l'accesso alla necessaria conoscenza del patrimonio dell'identità e della cultura dell'Occidente". Lo afferma "La Civiltà Cattolica", l'autorevole rivista della Compagnia di Gesù, le cui bozze sono riviste dalla Segreteria di Stato della Santa Sede, in un articolo che apparirà sul prossimo fascicolo a firma del padre gesuita Giandomenico Mucci.

"E' stato fatto notare che l'introduzione dell'opzionalità dello studio delle lingue classiche nei licei avviene in un contesto socio-culturale che incoraggia gli studenti a scegliere corsi di studio più facili e 'utili' e dispone quindi, alla lunga, alla scomparsa del greco e del latino nella scuola italiana. Rimane fermo invece il dovere di conservare la propria identità in un tempo come l'attuale nel quale identità e memoria sono insidiate dalla globalizzazione e dal multiculturalismo", sostiene padre Mucci.

"La vera motivazione" per la quale va mantenuto l'insegnamento del greco e del latino, scrive "La Civiltà Cattolica", "consiste e si identifica con il dovere e la necessità di conservare la propria identità”; "un debito che cresce ove si pensi alla creazione dell'arte letteraria, plastica e figurativa".

Per quanto riguarda il compito della scuola, si è proposto da alcuni autori che gli studenti si accostino alla civiltà classica con la mediazione di buone traduzioni, senza essere sottoposti alla fatica che richiede l'apprendimento del greco e del latino.

Altri autori, al contrario, rilevano la singolarità, o l'incongruenza, di questa proposta avanzata oggi, in un'epoca di ritorno alle fonti, di confronto diretto tra le diverse produzioni culturali. Padre Mucci si dice d'accordo con questi ultimi: "Soltanto sulle lingue classiche si dovrebbe transigere, vietando in concreto agli alunni di accedere in modo autonomo e consapevole alle grandi opere della letteratura, della poesia e della filosofia dell'antichità. Perché senza la conoscenza diretta delle lingue nelle quali quelle opere sono state scritte non si dà vera penetrazione critica dei testi nè vera conoscenza degli elementi che ancora oggi costituiscono la tradizione culturale dell'Occidente".

"Non si vuol negare l'utilità di far leggere agli alunni i testi antichi in versione con l'originale a fronte, ma soltanto ribadire, per le ragioni addotte, che lo studio delle lingue classiche non dovrebbe essere limitato al sapere specialistico, ma costituire parte di quel sapere diffuso che forma la cultura", conclude la rivista dei gesuiti.