Primo Piano
Profumo, vittima dei tagli “La spending review IL MINISTRO DIFENDE LA SUA LINEA: RIDURRE IL PIÙ POSSIBILE IL RIDIMENSIONAMENTO MA INTANTO MIGLIORARE L’EFFICIENZA. E SOPRATTUTTO RECUPERARE I FONDI EUROPEI PER PROMUOVERE LA SINERGIA FRA ISTITUZIONI PUBBLICHE E PRIVATE, E PARTECIPARE ALLE ALLEANZE INTERNAZIONALI Eugenio Occorsio la Repubblica, 16.7.2012 «Io sono un genovese e mi rendo conto della necessità di valorizzare ogni singolo euro che si spende oltre che ovviamente di evitare ogni spreco ». Il ministro della Ricerca scientifica Francesco Profumo trova il modo di sorridere alla fine di una giornata campale, ma quello che dice è la chiave delle tensioni che lo investono. Giovedì scorso è stato il giorno del redde rationem, in cui ha incontrato tutti i presidenti dei dodici enti controllati dal ministero che nei giorni precedenti avevano sputato fuoco e fiamme contro i tagli ai bilanci imposti dalla spending review. Oltretutto proprio nelle ore in cui la comunità scientifica stava festeggiando il successo della scoperta del bosone di Higgs, una scoperta quasi tutta italiana (sono italiani i capi di cinque delle sei divisioni del Cern di Ginevra dove è avvenuta la scoperta). «I tagli? Stiamo parlando per il 2012 di una cifra intorno ai 30 milioni, e 50 l’anno prossimo», ridimensiona il ministro. «Mi sembra tollerabile visto che il totale dei fondi amministrati dal ministero per la ricerca è di 1,7 miliardi. Ciò non toglie che cercherò in sede parlamentare (la discussione comincia oggi e andrà avanti presumibilmente fino a giovedì, ndr) di limare quanto più possibile le sforbiciate, o in subordine di distribuirle diversamente a seconda delle necessità specifiche. Detto questo, qualche riorganizzazione sarà indispensabile». Il sentiero su cui si muove Profumo è molto stretto, e lui se ne accorge benissimo. Ora ha imposto ai 12 presidenti di smetterla di fare dichiarazioni contro il governo. Ma soprattutto non vuole perdere il passo del recupero di fondi europei che potrà rilanciare la ricerca pubblica e privata insieme e schiodarci da quel minimale uno o poco più per cento del Pil che ci vede costantemente in coda alle classifiche. Alla soluzione degli sprechi locali Profumo vuole affiancare uno standing adeguato. «L’Italia - ci spiega il ministro nel suo studio in viale Trastevere - contribuisce con 15 miliardi al bilancio Ue e ne ricava 10 miliardi. Per la sola ricerca sprechiamo ogni anno 500 milioni. Significa che per ogni euro conferito all’Europa le nostre aziende e istituzioni riportiamo 60 centesimi di contributi. Gli inglesi ne ricavano un euro e 40 centesimi, gli olandesi 1,3, i belgi altrettanto, gli austriaci 1,4». Quello che è strano, dice il “genovese” Profumo, «è che non mi sembra che ci sia una diffusa indignazione per questo spreco». Per promuovere una ricerca efficiente in tempi di ristrettezze, l’obiettivo è coinvolgere in modo coordinato e sinergico il maggior numero possibile di aziende, istituti di ricerca, università. «Vogliamo cercare degli standard applicabili in tutta Italia: se un’azienda trova una buona soluzione di e-government in Puglia, magari con le nostre agevolazioni, è poi inutile che si spendano altri soldi per una necessità analoga in Piemonte e in Friuli». Il ministro traccia un bilancio di questi mesi. «Abbiamo lanciato il bando smart cities per le regioni obiettivo del Sud, beneficiarie dei fondi comunitari, da 200 milioni: agevoliamo con formule varie le iniziative di mobilità sostenibile, di energia verde, innovazione, e-government e altri settori. A questi si aggiungono 40 milioni per la social innovation, un bando ad hoc per i giovani che propongono idee progettuali sempre sul tema. A loro si rivolge l’accordo con le Poste per la pronta erogazione dei fondi. Sulla stessa tematica abbiamo lanciato un bando per il centro-nord finanziato con risorse italiane per 655 milioni di cui 25 per la social innovation. Di tutto il pacchetto abbiamo già assegnato fondi per 320 milioni. C’erano anche bandi comunitari del 2010 che stavano per scadere e li abbiamo riagguantati: 915 milioni destinati ai cluster, cioè i consorzi fra aziende, enti di ricerca, università: 525 per i nuovi distretti e 390 per quelli esistenti». Com’è possibile che fossero trascurati? «Richiedono capacità di mettersi in consorzio, il che per le piccole imprese del Mezzogiorno o per alcuni istituti universitari o scientifici non viene naturale. E poi capacità progettuale e capacità di affiancare ai fondi comunitari una quota di fondi propri». Per questa complessa ricucitura è essenziale il lavoro di Raffaele Liberali, a lungo funzionario proprio della Dg di Bruxelles del settore, da tre mesi chiamato da Profumo quale responsabile per la Ricerca del Miur. Presente all’incontro, precisa: «Oltre ai bandi ricordati ce n’è uno appena pubblicato da 408 milioni destinato a cluster e distretti tecnologici del centro-nord, sempre nell’ottica di collegare masse critiche in grado di presentarsi a livello europeo e valorizzare i punti di forza nazionali, dalla chimica verde alla domotica». Nel “rinascimento” della ricerca nazionale, dunque, dovrebbero inserirsi gli enti a produttività migliorata. Ma bisogna smussare prima le tensioni. «La ricerca non è una spesa ma un investimento che va considerato nella parte del bilancio pubblico che riguarda lo sviluppo», attacca Luigi Nicolais, presidente del Cnr. «Un paese che vuole competere globalmente non può tagliare la ricerca, base dell’innovazione ed elemento essenziale della competitività. Un governo ha come primo dovere di pensare al futuro del Paese. Il Cnr ha subito una riduzione del 12% delle risorse in valore reale dal 2001, ulteriori tagli significano ridurre l’attività. Per mantenere l’eccellenza italiana viceversa dobbiamo aumentare il numero dei ricercatori e migliorarne i salari». Negli uffici del Cnr (all’istituto vengono tagliati 6 milioni nel 2012 e 16 nel 2013) ci tengono a una precisazione: il 70% del budget va alla rete scientifica, quella dei due terzi sprecati in spese amministrative sarebbe una balla. Ma il più focoso nell’attaccare la review è Fernando Ferroni, presidente dell’Infn (taglio: 24,3 milioni, il 10% del budget) che ha scritto anche a Napolitano. Ora è fedele alla consegna del silenzio ma nei corridoi della sede di piazza dei Caprettari il risentimento affiora evidente: ci hanno contato la bolletta della luce, accusano, ma noi abbiamo gli acceleratori di particelle e i semiconduttori che consumano ben di più delle lampadine. E poi le missioni: ma con 600 ricercatori distaccati al Cern, dicono, come dobbiamo fare? Scorrendo l’elenco degli enti di ricerca, comunque, saltano agli occhi tante assurdità. L’Istituto italiano di studi germanici di Roma, non si è mai capito perché ma fa capo al ministero per la Ricerca. Ha un passato glorioso: creato nel 1931, il suo primo presidente è stato Giovanni Gentile. Solo che non ha mai assunto un ricercatore. Ora per la spending reviewsubisce un taglio di 55.612 euro e non manca di far sentire la sua protesta. Per la Stazione zoologica Antonio Dohrn di Napoli la scure è più pesante: 670.253 euro. Apriti cielo: i dipendenti sono in rivolta. Solo che è pendente da anni una proposta di accorpamento nel Cnr che avrebbe avuto l’effetto di risparmiare in spese di rappresentanza una somma analoga. Ancora: ai ricercatori di alcuni enti è stato rivolto in via confidenziale l’invito a non accettare il coordinamento di iniziative internazionali perché così si diventa responsabili della raccolta e della gestione dei fondi ma manca la capacità organizzativa per prevederne il rapido smistamento. Per non parlare dei casi limite: la comunità scientifica internazionale vorrebbe assegnare all’Italia un incarico ma questa non riesce ad acquisirlo per pasticci burocratici interni. Il ministro della Ricerca, Francesco Profumo: ha assicurato agli enti che cercherà di limitare i tagli ma li ha invitati a ricercare l’efficienza Un’immagine del laboratorio del Gran Sasso dell’Ifsn, in cui si realizzano esperimenti di fisica delle particelle e astrofisica nucleare. |