Sono
oltre il 33% degli iscritti.
Il rettore della Sapienza: li aiutiamo con il part time
Università, quei 600 mila fuori corso
Il ministro Profumo: sono troppi, più tasse
Il
titolare dell'Istruzione: manca il rispetto delle regole e dei tempi
Valentina Santarpia
Il Corriere della Sera,
15.7.2012
ROMA - «I fuori
corso all'università esistono solo da noi», per questo «bisogna
cambiare rotta». Il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo mette
il dito nella piaga, a suo parere tutta italiana, dei quasi 600mila
studenti che non hanno completato il ciclo di studi nei tempi
previsti dall'ordinamento universitario, il 33,59% del milione e 782
mila iscritti all'anno accademico 2010/2011. E lo fa senza mezzi
termini, sollevando quello che ritiene «un problema culturale»:
«All'Italia manca il rispetto delle regole e dei tempi. Credo che la
scuola sul rispetto delle regole debba dare un segnale forte» perché
«gli studenti fuori corso hanno un costo, anche in termini sociali»,
incalza Profumo.
Tanto è vero che uno dei provvedimenti
inseriti all'interno della spending review sembra puntare proprio
all'aumento delle tasse per quegli studenti che trascorrono
all'università molti più anni del necessario. Ogni università
attualmente non può ottenere come finanziamento dalle tasse
universitarie più del 20% di quanto riceve dal ministero
dell'Istruzione attraverso il fondo di funzionamento ordinario. Con
il nuovo decreto nel computo di questo 20% non verrà considerata la
quota delle tasse che deriva dagli studenti fuori corso ed
extracomunitari. Di fatto, gli atenei potrebbero decidere di alzare
le tasse a questi studenti.
«Questo farà in modo che imparino a non perdere tempo», sottolinea
il ministro, che però ci tiene a precisare: «Non puniamo nessuno, il
20% va depurato solo perché nel tempo sono cambiate le condizioni».
Però, di fatto, pagare di più spinge gli studenti a «sbrigarsi»?
«Non credo. Penso che piuttosto bisogna valorizzare le capacità
delle persone, orientandoli in maniera mirata, come stiamo facendo
con il portale www.universitaly.it». Un'altra strada suggerita dal
ministro è valorizzare il regime «part-time», ovvero una formula che
permette di diluire i tempi di studio, senza risultare fuori corso,
pensata proprio per studenti lavoratori. «Alla Sapienza di Roma è
obbligatorio dopo tre anni di fuori corso - spiega Luigi Frati,
rettore dell'università più grande d'Europa, con i suoi 130mila
studenti - è uno dei modi per facilitarli nel raggiungimento della
laurea». Per Frati, i 162mila studenti che in Italia si sono
laureati fuori corso (su 289mila totali, dati Miur 2010) non sono «bamboccioni,
ma solo giovani in difficoltà» che andavano aiutati con misure
concrete: come Telmasapienza, l'unica università telematica pubblica
messa su dalla Sapienza per aiutare gli studenti fuori regione.
Eppure la Sapienza ha comunque 40mila studenti fuori corso, non roba
da poco.
La Luiss, l'ateneo di Confindustria, ha
invece poche decine di fuori corso e un tasso di
abbandono dopo il primo anno dello 0%, rispetto al 17% nazionale. E
gli studenti si laureano in 5 anni e tre mesi in media (per la
laurea specialistica o di vecchio ordinamento), contro una media
italiana di 8. Tutto merito di quegli 8mila euro all'anno da pagare?
«I soldi possono essere un deterrente, ma il vero problema è che gli
studenti vanno seguiti», sostiene il direttore generale Pierluigi
Celli. «Se uno studente da noi non dà esami per due semestri
consecutivi, cerchiamo di capire quali sono i suoi problemi, lo
facciamo seguire da un tutor. E se continua a non produrre
risultati, lo faccio studiare nel mio studio», conclude con una
battuta. Una situazione ovattata rispetto allo «studente che si
ritrova in atenei strapieni, con una spersonalizzazione totale della
didattica, costi altissimi, soprattutto fuori sede» sottolinea
Giuseppe Failla, del Forum nazionale dei giovani. E come conferma
Anna Buonanno, studentessa di Giurisprudenza all'università di
Salerno, che con i suoi quasi vent'anni di iscrizione e perseveranza
potrebbe essere considerata un modello: «Mi manca un ultimo esame e
spero di dare la tesi entro l'anno. Sono una studentessa
lavoratrice, è vero, e questo mi ha creato dei ritardi. Ma
l'atteggiamento autoritario dei professori, le corsie preferenziali,
la distanza dall'apparato, possono creare grossi problemi agli
studenti. Comunque io alla laurea ci arriverò, questo è certo. E mi
iscriverò anche all'Albo degli avvocati». Con buona pace di Profumo,
che a un figlio fuori corso direbbe: «Il tempo nel raggiungimento
degli obiettivi è fondamentale».