Così l’esame di Stato Gianni Mereghetti il Sussidiario 7.7.2012 Caro direttore, gli esami di Stato sono ormai conclusi, poche commissioni sono ancora al lavoro, altre si avviano a fare il famoso pacco in cui mettere tutta la documentazione dell’esame e sigillarlo con la ceralacca. Vale la pena fermarsi a riflettere su una formula che pare ormai al lumicino. C’è una constatazione da fare, e cioè che gli studenti che si adeguano a questa formula d’esame arrivano alle prove scarichi della loro genialità e hanno dei risultati di fatto mediocri, che ben si adattano a ciò che l’esame chiede: quello di ripetere il già saputo e al massimo di fare un buon taglia-incolla. Chi invece non ha voluto adeguarsi, anzi ha visto l’esame come una possibilità per sé è stato commovente, il suo esame è stato un’esplosione di umanità. Quanti ragazzi e ragazze in questi giorni sono andati all’attacco dell’esame con una grinta imprevista, la grinta che viene da un lavoro che li ha appassionati e che hanno voluto comunicare. Questi studenti e studentesse sono il segno che laddove viene sfidata, laddove viene sollecitata la creatività e la capacità critica si muovono. Solo per questo vale questo tipo di esame, perché chi l’ha preso sul serio ha scoperto che la conoscenza è una avventura che vale la pena di essere vissuta innanzitutto per se stessi. Chi ha affrontato la commissione d’esame avendo fatto questo lavoro ha dato molto agli insegnanti stessi, li ha risvegliati dalla meccanicità delle formule e li ha portati sul terreno dell’umano. In forza di questa esperienza mi permetto di suggerire un cambiamento radicale della formula d’esame. Non si deve mettere più a tema dell’esame ciò che già è stato verificato durante l’anno. Se l’Invalsi vuole verificarlo lo faccia, lo deve fare, ma non è questo l’esame. Bisogna tornare a fare un esame di maturità, e maturità è saper affrontare in modo critico e personale i contenuti scolastici. L’esame deve poter essere una verifica non se uno studente sa o non sa, ma di come rielabora creativamente ciò che sa e sa fare. Per questo propongo due scritti, uno d’italiano, ma tornando al vecchio tema!, e uno specifico dell’indirizzo. Il colloquio sia solo sul lavoro che i candidati presentano e di questo lavoro si dovrà verificare la genialità, la capacità di fare qualcosa di veramente nuovo. Da ultimo, la valutazione, che merita un discorso a parte. Gli esami hanno tenuto tanti studenti e studentesse sul filo dell’ansia e ora, in un attimo, tutto viene chiuso, buttato nelle scartoffie della burocrazia. Che cosa rimane? Un numero, solo un numero rimane a fissare per ogni studente il valore raggiunto. Tra 100 e 60 gli insegnanti, consapevolmente o inconsapevolmente, si sbizzarriscono a identificare il numero che fotografi il valore di ciascun studente o studentessa. E molti docenti ci credono, tanto da impegnarsi in discussioni all’arma bianca quasi che tra un 77 e un 79 ci sia una differenza sostanziale. L’idea di assegnare un numero al livello di preparazione di ogni studente o di una studentessa è nata da una intenzione più che ragionevole, quella di arrivare ad una valutazione oggettiva dei candidati all’esame. Tanto oggettiva che dovrebbe essere l’esito di una somma di punteggi a loro volta ottenuti dall’applicazione di griglie. Quindi il voto di ogni prova dovrebbe identificare il valore della preparazione di ogni maturando o maturanda; a questo punto che cosa di più semplice che sommare dei voti perfetti per ottenere il voto giusto. 100, 92, 87, 74, 63, 60, ad ognuno di questi numeri corrisponderebbe il valore della preparazione di ogni studente o studentessa. In realtà questo è l’inganno più amaro dell’esame di Stato: questi numeri non significano nulla, sono una pura convenzione sociale, lo scotto da pagare ad un meccanismo burocratico che alla fine vuole una certificazione. Pensare che un numero fotografi una preparazione è quanto di più assurdo sia stato pensato dentro la scuola italiana perché un numero non può dire quanto valga una preparazione scolastica. Che dire poi che un 12 in italiano, un 9 in matematica, un 10 in terza prova, un 20 nel colloquio equivalgano ad un valore di 51 come prove d’esame il quale sommato ad un credito scolastico di 15 porti ad un 66? Che cosa significa 66? Difficile da dirsi, anche perché in una preparazione come quella ipoteticamente indicata vi sono valori diversi e sommarli per ottenere un numero non significa molto. Sarebbe tempo di sostituire questo numero con una certificazione, così che gli insegnanti possano descrivere che cosa uno studente o una studentessa conosce e come lo conosce, con che impegno della sua umanità. Invece di dare i numeri, questo sarebbe valutare. Sarebbe anche un assai più valido suggerimento per il futuro di tanti giovani. |