Jus sanguinis o ius soli?

di Aluisi Tosolini Pavone Risorse, 28.7.2012

Nel nostro Paese vivono oltre 5 milioni di persone di origine straniera. Alcune centinaia di migliaia sono bambini e ragazzi nati in Italia e moltissimi sono giunti in Italia da piccolissimi e comunque non hanno nessun reale ed esperienziale paese d’origine dove “tornare”.

La legge italiana sulla cittadinanza (legge 91 del 1992) dice che è cittadino italiano per nascita chi è figlio di almeno un cittadino italiano (madre o padre: art. 1 della legge). Vale, cioè, lo jus sanguinis: la cittadinanza si trasmette da padre/madre in figlio ed è pertanto una cittadinanza fondata sulla ascendenza. Accade così – ad esempio – che siano moltissimi i cittadini italiani che sono nati e vivono all’estero e che hanno diritto di voto ed eleggono i propri rappresentanti al parlamento pur non avendo mai messo piedi in Italia.

Il principio contrario – jus soli – si adegua invece al principio secondo cui la cittadinanza è basata sul luogo di nascita: sei cittadino del paese dove nasci. Un principio, questo, adottato nel tempo soprattutto da paesi di “immigrazione”, ad esempio gli Stati Uniti.

1. Come si acquista la cittadinanza italiana?

Secondo la legge italiana (tralasciando le moltissime casistiche particolari su cui negli ultimi anni è intervenuta anche la Corte Costituzionale) si può chiedere di acquistare la cittadinanza italiana

a) se si è stranieri nati in Italia chiedendo, al compimento del 18° anno di età, di diventare cittadini italiani. Scrive l’art. 4 comma 2 della legge 91/92: “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzione fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”. Come si vede si tratta di un percorso ad ostacoli: occorre infatti fare la domanda entro l’anno dimostrando di non aver mai lasciato l’Italia. Nella maggior parte dei casi si tratta di un lungo e complesso percorso burocratico

b) La cittadinanza può inoltre essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di stato, su proposta del ministro degli interni… allo straniero che risiede da almeno 10 anni nel territorio della Repubblica. (art 9 legge 91/92).

2. La situazione in alcuni altri paesi

In Italia lo jus sanguinis è un principio molto forte e cogente. In altri Paesi la situazione è decisamente diversa. Lo schema riassume come si diventa cittadini in alcuni paesi europei e negli Usa.

Paese

Come si diventa cittadini (con particolare attenzione ai nati nel paese)

Germania

Se uno dei genitori vive legalmente in Germania da almeno 8 anni il figlio è cittadino tedesco già alla nascita

Irlanda

Bastano 3 anni di residenza nel paese da parte di uno dei due genitori

Belgio

Al compimento del 18° anno il bambino nato in Belgio diventa automaticamente cittadino. Oppure entro i dodici mesi se i genitori sono residenti da 10 anni.

Francia

Lo jus soli vale in Francia dal 1515 anche se nelgi anni è stato molto attenuato. Al momento il bambino nato in Francia da genitori stranieri diventa francese soltanto a 13 anni e a 16 anni può essere il ragazzo stesso a chiedere la cittadinanza. Per i 18enni nati in Francia c’è addirittura l’obbligo di prendere la cittadinanza francese.

Gran Bretagna

Vige un rigoroso jus sanguinis

Spagna

Si acquisisce la cittadinanza se almeno uno dei due genitori è spagnolo (jus sanguinis) oppure per nascita sul territorio se almeno uno dei due genitori è nato in Spagna. Ci si può “naturalizzare” dopo 10 anni di residenza, ridotti a 2 se si proviene da paesi latinoamericani.

Portogallo

Se i genitori risiedono in Portogallo da almeno 10 anni il neonato ha immediatamente la cittadinanza portoghese. Se i genitori provengono da una ex colonia (es Brasile, Angola, Mozambinco) gli anni si riduco a sei.

Stati Uniti

Chi nasce negli Stati Uniti – se non è figlio di diplomatici – diventa cittadino statunitense, indipendentemente dai genitori.

Per naturalizzazione si può diventare statunitensi dopo il 18mo anno di età se si è in possesso di un permesso di soggiorno permanente negli USA e se si è vissuti per 5 anni negli States prima della richiesta.

3. Presente, passato, futuro: le proposte in campo

Il tema della cittadinanza nell’attuale contesto globale ha decisamente significati differenti rispetto a 50 o più anni fa. Personalmente ritengo decisamente superata la logica dello jus sanguinis ed in parte anche quella dello jus soli . Occorrerebbe infatti iniziare a pensare alla cittadinanza come adesione ad un progetto, ovvero come decisione di aderire ad una comunità ed al suo processo di sviluppo e crescita[1]. In questo modo la patria non è più solo la terra dei padri (dei patres) quanto piuttosto la terra dei figli: non tanto del passato quanto soprattutto del futuro.

In Italia da anni dibatte della necessità di adeguare la legislazione alle nuove sfide della società multiculturale.

Qui di seguito sono presentate due diverse proposte di legge ed una campagna dell’Anci che rispondono in modo innovativo alla questione.

A. Proposta Sarubbi – Granata.

Grazie alla spinta delle Acli e, soprattutto, al Presidente della Camera, Gianfranco Fini, è stata presentata (30 luglio 2009) una proposta di legge bipartizan sulla cittadinanza di cui primi firmatari sono Andrea Sarubbi del PD e Paolo Granata allora del PDL ora del Terzo polo.

Nella relazione che accompagna la proposta si dice che essa «poggia su due capisaldi: da un lato mira a far sì che il minore nato in Italia da un nucleo familiare stabile acquisisca i pari diritti dei coetanei (...). Questo si ottiene passando dall’attuale principio dello jus sanguinis al principio dello jus soli . L’altro caposaldo prevede che la cittadinanza divenga per lo straniero adulto un processo certo, ricercato e formativo». È necessario, infatti, garantire una gestione dei flussi di ingresso «ordinata e tale da evitare l’ingenerarsi nella popolazione residente di allarmismi e di paure» e, allo stesso tempo, è necessario «impegnarsi nel supportare chi ha deciso di stabilirsi nel nostro Paese e di intraprendere un cammino volto a raggiungere la piena integrazione sociale, civile e culturale». A ispirare la proposta di legge per quanto riguarda i minori, è la Convenzione europea sulla nazionalità del 6 novembre 1997. Si prevede, pertanto, che «il minore nato in Italia da genitori stranieri, di cui almeno uno legalmente soggiornante da almeno cinque anni e attualmente residente, possa diventare cittadino italiano, previa dichiarazione di un genitore da inserire “obbligatoriamente” nell’atto di nascita». Questo al fine di introdurre «un onere a carico dello Stato a far sì che il diniego sia consapevole o, da un altro punto di vista, a evitare che l’omissione dell’assenso avvenga per ignoranza della norma».

B. L’Italia sono anch’io: proposta di legge di iniziativa popolare.

A metà ottobre 2011, ha preso avvio, col deposito in Cassazione dei testi di due leggi di iniziativa popolare, la campagna l’Italia sono anch’io, e la raccolta delle firme necessarie per la consegna delle leggi in Parlamento. A marzo 2012, a conclusione della raccolta delle firme, la propsota di legge è stata depositata in Parlamento. Il primo promotore è stata l’Anci, ed in particolare il comune di Reggio Emilia, il cui sindaco Graziano Delrio è il presidente del Comitato promotore.

I punti salienti delle due proposte di legge prevedono l’acquisizione della cittadinanza italiana per tutti/e i/le bambini/e nati/e in Italia, da genitori regolari

§ per i minori arrivati in Italia entro il 10° anno di età
§ per i minori che frequentano un ciclo di studi
§ per gli stranieri adulti dopo 5 anni di soggiorno in Italia
§ per gli stranieri adulti dopo 5 anni di soggiorno regolare in Italia
§
la cittadinanza viene proposta al Presidente della Repubblica dal Sindaco del comune di residenza (e non dal Ministro degli Interni).

C. Campagna: “18 anni … in Comune”

Ai 18enni “stranieri” nati in Italia è invece dedicata una campagna informativa che, sulla scia della positiva esperienza già avviata da alcuni Comuni italiani, lANCI, Save the Children e Rete G2 – Seconde Generazioni hanno lanciato nell’ottobre 2011. Il titolo della campagna, emblematicamente, è ‘’18 anni…in Comune!’’ e l’obiettivo dichiarato è quello di sollecitare il maggior numero di Sindaci ad informare tempestivamente le seconde generazioni – cioè i minori nati in Italia da genitori stranieri – sulle modalità di acquisizione della cittadinanza al compimento della maggiore età. Questi ragazzi secondo l’attuale normativa, possono diventare italiani se, oltre a essere stati registrati all’anagrafe, hanno risieduto legalmente in Italia fino alla maggiore età e senza interruzioni. Per farlo occorre presentare una richiesta al Comune di residenza entro il diciannovesimo anno di età. Il problema è che gran parte di loro non è a conoscenza del fatto che per fare domanda hanno solo un anno di tempo a partire dalla maggiore età.
Proprio per questo è nata l’esigenza di una campagna informativa che proprio nelle scuole dovrebbe vedere uno dei punti di massima visibilitità. Grazie alla guida online “18 anni…in Comune!”, scaricabile sul sito dell’ANCI, i ragazzi e le ragazze potranno accedere alle informazioni relative al significato della cittadinanza e alle modalità per acquisirla, rivolgendosi direttamente al loro Comune di residenza. L’iniziativa assume particolare rilevanza se ci si proietta nel futuro: nel 2010, sono nati circa 78.000 bambini figli di stranieri (Fonte Istat 1 gennaio 2011) – il 13,9% del totale dei nati da residenti in Italia, con un aumento dell’1,3% rispetto all’anno precedente.

4. Una riflessione teorica

Hanno ragione allora quanti oggi si impegnano (come ad esempio la politologa statunitense Seyla Benhabib) a reinterpretare la democrazia (potere del domos, popolo) come sistema “iterativo”, non rigido e mai definito una volta per tutte, ma continuamente rinnovabile e riformulabile.

Si aprono qui le condizioni per svolgere un compito quanto mai attuale, incentrato sul patto di cittadinanza nazionale come luogo da cui partire per rendere la cittadinanza più globale. Bisogna tener conto sia dell’emigrazione italiana all’estero, sia delle migrazioni interne dal Mezzogiorno al Nord. Capire la nuova grammatica della cittadinanza diventa allora un modo per ricomprendere anche la storia d’Italia e per “ridirla” anzitutto ai giovani italiani.

Antonio Nanni e Antonella Fucecchi hanno scritto[2] che “La questione della cittadinanza interpella il nostro patto costituzionale come una cartina di tornasole e ci spinge a ripensare l’autobiografia della nazione, come processo sempre incompiuto di cittadinanza condivisa, di solidarietà rinnovata, di unità nella diversità. In questo senso la domanda sulla cittadinanza degli “altri” diventa la chiave di lettura della nostra stessa vicenda interna perché l’Italia è uno straordinario esempio storico di come si possa conseguire l’unità nelle differenze. Un laboratorio di cittadinanza progressivamente inclusiva e di uguaglianza molteplice.
Il perimetro della nuova cittadinanza del XXI secolo coincide potenzialmente con il mondo. Non quello che è “fuori”, certamente, ma quello che “viene” da noi. E non solo quello dei luoghi reali, ma anche quello dei luoghi virtuali, delle piazze mediatiche, dei flussi comunicazionali. È importante che i ragazzi si convincano che una cittadinanza incompiuta e inefficace finisce per corrodere la coesione sociale. Nasce di qui l’urgenza di “rifondare la cittadinanza” perché ogni persona sia in grado di affrontare i fermenti di novità che toccano la sua vita, la sua famiglia, la sua comunità. Non bisogna cadere nell’errore della lamentazione rassegnandosi ad un lento declino, bisogna invece educare a governare i cambiamenti in corso e ad orientarli verso traguardi di umanizzazione e di promozione sociale.
Vogliamo che l’Italia possa offrire a tutti – a partire dai giovani – la possibilità di immaginare, progettare e lavorare per un futuro migliore. La nuova cittadinanza, infatti, dovrà essere il più possibile espressione condivisa e partecipata di tutto il Paese. Come una sua ri-nascita.”

Parole decisamente condivisibili.


[1] Una tale prospettiva è ben presente anche nelle linee di indirizzo del MIUR su Cittadinanza e Costituzione (4 marzo 2009).

[2] Rifare gli italiani. “Cittadinanza e Costituzione”. Una risposta alla sfida educativa. Bologna, EMI, 2009