Selezione inversa, da mancanza di Gabriele Boselli, consigliere CNPI Educazione & Scuola 24.7.2012 Peccati: scale di gravità Gli esiti del concorso a posti di dirigente scolastico vacillano (per ora in Lombardia, ma i materiali erano quasi gli stessi ovunque) per effetto di un peccato meramente virtuale: buste contenenti nominativi che un commissario disonesto avrebbe potuto leggere. - Più grave, e soprattutto certo, che dopo quindici anni che non si faceva più un vero concorso aperto a tutti, all’improvviso le commissioni siano state costrette a correggere migliaia di elaborati in pochi mesi, per di più –quando non formate da tremolanti pensionati- con esoneri spesso solo parziali dal servizio. Qualche commissario si è dimesso data l’impossibilità di una seria revisione collegiale degli elaborati; tutti gli altri hanno proseguito la correzione militarmente, a marce forzate, senza curarsi di chi veniva travolto ogni dieci minuti. - Più grave ancora che in precedenza, essendo sbagliate molte delle risposte considerate “corrette” ai test, sia stato eliminato chi aveva dato risposte giuste e ammesso alle prove successive chi aveva dato qualche risposta sbagliata. - Ma il vero peccato mortale sta proprio nel ritenere che la prova di accesso alla funzione dirigenziale nella scuola possa essere articolata attraverso test: si privilegia fatalmente un certo tipo di pensiero: veloce dunque superficiale, irriflessivo, acritico, convergente, applicativo, conformistico. Non si tiene conto del curriculum di studi e professionale, né tantomeno delle pubblicazioni. L’importante è disporre di memoria e velocità (eventualmente pure di furbizia) virtù non sempre collegate all’intelligenza.
Peccato mortale: le origini Alle origini della selezione attraverso lo sbarramento dei test sta soprattutto la mancanza di un ritratto ideale. Quando l’idea non c’è, la storia procede a casaccio; vince la disperazione e ci si affida a lotterie. Lotterie come la selezione inversa attraverso test, scritti affidati alla valutazione di commissioni raffazzonate e/o stressate, spesso scientificamente impreparate. Provo a tratteggiare un ritratto ideale per il prossimo concorso, prevedibile fra altri quindici anni, nel 2027. Chi dirige davvero una scuola –e non sopravvive semplicemente- sa guardare e ama ascoltare; parla e scrive meditatamente, dunque lentamente, dopo aver molto ascoltato e letto. Si limita a sopravvivere chi freneticamente esercita un potere, chi usa scorciatoie e trucchi, manovra le leve del premio e del castigo, si propone nell’inautenticità. Il dirigente sorteggiato attraverso i test sopravvive e si attua sugli altri, il dirigente -Maestro pensa e vive insieme agli altri. Connotata di alta cultura, di umiltà e gentilezza la funzione dirigente si può rivelare sempre più come essenziale ai fini di un autentico, positivo rinnovamento della scuola. Ma il contributo in termini di livelli interpretativi e di capacità progettuali che potrà essere offerto nel presente, lungo momento di tensione culturale e strutturale configura un operatore di alto profilo scientifico, di buone capacità relazionali, in grado di rappresentare un fattore di orientamento per il suo ambito di lavoro e di concorrere, insieme ai Maestri-colleghi (non “dipendenti”), a introdurre nella costellazione scolastica elementi di qualificazione culturale e scientifica.
Per il concorso del 2027 Occorre dunque avere un’anima. Chi dirige è e deve restare un insegnante, distaccato dalla sua funzione originaria per aiutare i colleghi a ripercorrere più profondamente i sentieri della cultura e della scienza e a intendere con spirito critico e creativo le grandi trasformazioni del mondo e i problemi che queste pongono all’educazione e all’istruzione dei giovani. E’ uomo capace di confrontarsi attraverso i giovani con tutti i fenomeni della torsione intellettuale e del disagio esistenziale di questa società d’inizio millennio. Per il concorso del 2027 si tratteggi una procedura concorsuale capace di selezionare chi dispone di un pensiero fluente da una cultura alta: pensiero non conformista e rassegnato, ma critico e creativo, sensato e sensante; non superficiale ma profondo, non frenetico ma lento, non scenografico ma autentico, non monolitico ma plurale, non descrittivo ma interpretativo, non dominato dalla necessità ma aperto sul possibile, non catalogante e separante ma connettente, non sistemico ma costellazionale. Sono tanti gli insegnanti che dispongono di questo tipo di pensiero e un tempo venivano fuori. Quando ancora non operavano procedure di selezione inversa. |