Invalsi/5.
Dove va l’Invalsi?

da TuttoscuolaNews, n. 547 23.7.2012

Con il Rapporto 2012 l’Invalsi ha senza dubbio dato una dimostrazione di efficienza tecnica, ma l’Istituto sembra muoversi tuttora in un contesto di non ben definito ruolo politico perché non è stata mai chiarita fino in fondo la natura del suo rapporto con il Ministero e con il mondo della scuola, in particolare con gli insegnanti, cui compete la valutazione didattica. Senza adeguati chiarimenti, come ha osservato anche Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola, i docenti potrebbero percepire l’attività valutativa dell’Invalsi come alternativa o comunque conflittuale con quella di loro competenza.

Di questo argomento, e del tormentato percorso che ha portato alla costituzione del Servizio nazionale di valutazione, parla un ampio servizio di Orazio Niceforo, già componente del Consiglio direttivo del Cede, progenitore dell’Invalsi, nel numero di giugno di Tuttoscuola.

Va evitato, sostiene Niceforo a conclusione di una articolata analisi, “il rischio che gli insegnanti percepiscano l’Invalsi come un soggetto che condiziona la loro libertà di insegnamento costringendoli a piegare la didattica all’esigenza di far ottenere buoni risultati ai loro studenti in occasione dei test (teaching to the test). Misurare sistemi non è valutare persone: va evitato il rischio di una deriva tecnocratica che faccia delle misurazioni effettuate dall’Invalsi una sorta di variabile indipendente capace di influire in modo determinante sulla valutazione dei docenti, fino a sostituirla: una auctoritas potente e lontana, da temere più che da rispettare”.

Di questo sembrano peraltro rendersi conto gli attuali responsabili dell’Invalsi, che di fronte alle molte critiche avanzate nei confronti dei test hanno ribadito anche in quest’ultima occasione che il loro compito è quello di fornire dati, che altri - i decisori politici e amministrativi e gli stessi docenti - potranno interpretare per ricavarne le valutazioni e le decisioni di loro competenza.