Quando il docente è bello Un'analisi delle valutazioni sui corsi universitari espresse da studenti dell'università della Calabria nel corso di sette anni mostra che, a parità di caratteristiche del corso e del docente, un professore considerato più attraente ottiene un giudizio sulla didattica nettamente migliore, con un effetto più marcato per le donne. Il risultato fa sorgere qualche dubbio sull'efficacia degli strumenti oggi utilizzati nella valutazione della didattica, soprattutto alla luce del ruolo che le viene assegnato dalla legge Gelmini nel ridisegno del sistema universitario. di Michela Ponzo e Vincenzo Scoppa, La Voce.info 26.6.2012 La legge 370 del 1999 impone alle università di effettuare una valutazione della didattica, cioè di misurare quanto siano efficaci, a giudizio degli studenti, i corsi impartiti. Le valutazioni sono generalmente fatte dagli studenti presenti in aula (in prossimità della conclusione dei corsi) rispondendo, in maniera anonima, a un questionario in cui si chiede la soddisfazione complessiva per il corso seguito; altre domande più specifiche riguardano il docente: se è stato chiaro, se stimola l’interesse verso la materia, se è puntuale alle lezioni, se è disponibile nelle ore di ricevimento, e così via.
Quanto sono utili
valutazioni simili? Riflettono effettivamente la qualità
dell’insegnamento? In che misura sono influenzate da elementi
apparentemente irrilevanti per l’insegnamento come l’aspetto fisico
del docente?
In un recente studio
empirico abbiamo analizzato le valutazioni espresse dagli studenti
della facoltà di Economia dell’università della Calabria nel corso
di sette anni. (1) Disponiamo di informazioni dettagliate su
circa 2.300 corsi, tenuti da 190 diversi docenti di varie
discipline: Economia aziendale, Economia, Diritto, Matematica,
Statistica, e altre. Abbiamo poi una serie di informazioni a livello
di singolo docente: genere, età, posizione accademica, numero di
pubblicazioni scientifiche, numero di citazioni. I risultati mostrano che – a parità di caratteristiche del corso e del docente – un docente considerato più attraente ottiene una valutazione della didattica nettamente migliore. L’effetto è forte e con alta significatività statistica (tabella 1). Se si confronta un docente che si colloca nel 25 per cento più basso nella scala della bellezza rispetto a un docente con uguali caratteristiche, ma collocato al 75 per cento nella scala di bellezza, quest’ultimo ottiene una migliore valutazione del corso di circa 10-12 punti percentuali. L’effetto positivo della bellezza vale sia per i docenti maschi che per le donne, sebbene l’effetto risulti più marcato per queste ultime.
Per evitare qualsiasi
correlazione spuria tra tipo dei corsi e caratteristiche dei
docenti, abbiamo anche sfruttato il fatto che in molti casi gli
stessi corsi sono stati tenuti da docenti diversi, nello stesso anno
o in anni contigui. All’interno degli stessi corsi, troviamo
conferma del fatto che un docente ottiene una valutazione della
didattica nettamente migliore se risulta anche più attraente. La domanda che si pongono gli economisti è se l'effetto rappresenta semplicemente una sorta di “discriminazione” degli studenti a sfavore dei docenti meno avvenenti oppure nasconde un effetto “produttività pedagogica”. In pratica, non potrebbe essere che i docenti più belli sono anche i più bravi nell’insegnare - magari perché dotati di maggiore auto-stima e sicurezza - e che per questo motivo ricevono valutazioni migliori? Per cercare di chiarire questo aspetto, abbiamo considerato nell’analisi empirica un indicatore di produttività scientifica dei docenti, basato sul numero di pubblicazioni scientifiche e sul numero di citazioni. La misura dovrebbe catturare le differenze nelle abilità dei docenti se, come sembra, le abilità nella ricerca sono correlate (almeno in parte) alle abilità nella didattica. Controllando per questa misura di produttività – che risulta avere un impatto positivo e significativo sulle valutazioni della didattica – troviamo che l’effetto della bellezza (che è quindi depurato della componente “abilità”) si riduce solo in parte. Ciò suggerisce che l’effetto positivo della bellezza è principalmente dovuto al fatto che gli studenti discriminano a favore dei docenti più avvenenti, nel senso che a parità di caratteristiche esprimono giudizi migliori nei confronti dei docenti più belli. I nostri risultati si aggiungono a quelli ottenuti da Michela Braga, Marco Paccagnella e Michele Pellizzari: nel loro studio hanno mostrato che i docenti che ottengono migliori valutazioni della didattica sono anche i docenti con effetti meno rilevanti sull’apprendimento degli studenti. (2)
Questi risultati
pongono perciò diversi dubbi sull’efficacia degli strumenti
attualmente utilizzati nella valutazione della didattica,
soprattutto alla luce del ruolo che questa giocherà nel ridisegno
del sistema universitario in applicazione della legge Gelmini.
(1) Si veda Ponzo, M., Scoppa, V., (2012) “The Good, The Bad, and the Ugly: Teaching Evaluations, Beauty and Abilities”, Dipartimento di Economia e Statistica, Università della Calabria (disponibile su REPEC: http://ideas.repec.org/p/clb/wpaper/201204.html). (2) Braga, M., Paccagnella, M. e Pellizzari, M. (2011), “Evaluating Students’ Evaluations of Professors”, IZA DP No. 5620. (3) Si veda il bel libro di Daniel Hamermesh, 2011, Beauty Pays, Princeton University Press. Oppure Nicola Persico, “La bellezza? È mezza ricchezza”, lavoce.info (05-09-2008). |