Le prove INVALSI, la certificazione di Beatrice Mezzina Educazione & Scuola 2.6.2012 Solidarietà agli studenti che hanno svolto le prove INVALSI, soprattutto agli studenti del II anno del Biennio delle Superiori e quindi anche alla figlia del mio parrucchiere. La ragazzina in questione mi allieta qualche pomeriggio. Guardo con lei qualche compito di Italiano in cui ha difficoltà, le offro aiuto anche nella comprensione, ardua anche per me a volte, di qualche paragrafo di Storia, Geografia, in libri di testo scritti malissimo, non certo in funzione di ragazzini sedicenni. Si sa che i libri di testo hanno come destinatario prevalente gli insegnanti che li adottano. Qualche volta il padre mi acconcia una messa in piega gratis. Svagata come tanti sedicenni, con il pensiero in un “altrove” inconoscibile tanta è la distanza generazionale, tra messaggini e magliette simpatiche, la ragazzina fortunatamente non sa di dibattiti su prove Invalsi, certificazione di competenze; è però attenta ai voti che le assegnano, ha l’occhio alla promozione. Obiettivi degnissimi. Quest’anno, il suo secondo anno di scuola superiore, è stata angosciata dall’INVALSI, come dice lei. E’ andata di pomeriggio a scuola per le simulazioni, ha comprato i libercoli circolanti in gran quantità, per la preparazione alle prove. Anche se le prove “vere”, i compiti in classe, quelli che danno i voti “che fanno media” sono di diversa struttura e tipologia, il tema libero, il commento ai “Promessi Sposi” e altro. Mi ha chiesto: le prove INVALSI hanno un voto? fanno media? Perché le svolgiamo allora? Ho tentato qualche risposta ma, quando ha saputo che non faranno media, non incideranno sulla sua valutazione, ha rallentato l’attenzione e la cura. Il giorno della “somministrazione” – una parola da pozione medica – ha pensato quindi di non impegnarsi al massimo. Quando le ho chiesto se avesse saputo rispondere alle richieste sul vecchio Andurro e sua moglie dal testo di Elsa Morante o se ricordasse la poesia di Vittorio Sereni proposta, stentava a ricordare. Tralascio la difficilissima richiesta, anche per me incomprensibile nel settore Grammatica: Riscrivi nella colonna 2 in ordine decrescente (dal più grande al più piccolo) gli elementi di organizzazione del testo elencati in disordine nella colonna 1. Il primo e l’ultimo sono già scritti. Tra le indicazioni già scritte la virgola è abbinata divisione in paragrafi e il Punto a Divisione in capitoli. Misterium fidei. Qualcuno me lo spiegi. Insomma, la sagace ragazzina mi ha riferito che nella classe non hanno fatto molta attenzione, la vigilanza non era serrata, si sono scambiati cenni segreti sulle crocette da inserire, sono usciti tutti contenti, tanto la prova non “faceva media” e le parole degli insegnanti sui punteggi generali della scuola e altre questioni siffatte non li toccavano punto. Ma non è finita per Lei e per i suoi compagni. L’altro giorno mi dice che farà le prove per la certificazione delle competenze, quelle di fine obbligo, anche se lei non sa cosa siano. Mi dice che questa volta le prove “faranno media”, è molto preoccupata, mi chiede come saranno le prove. Molte scuole di buona volontà si sono attrezzate, lavorando encomiabilmente nei dipartimenti o in consorzi tra scuole, per formulare prove comuni di fine obbligo per consentire la certificazione delle Competenze, per corrispondere al modello previsto dal D.M. n. 9 del 27.01.2010 - certificato delle Competenze di Base acquisite nell’assolvimento dell’Obbligo di Istruzione. Su questo nodo così importante le scuole, anche quelle volenterose, andavano forse aiutate con un dibattito serio più ampio. Il dibattito sulle competenze poi si è scatenato con le accezioni più inverosimili. Mi ricordano il libretto di Da Ponte nel Così fan tutte mozartiano in cui il librettista cita Metastasio:
E’ la fede degli amanti Ebbene, queste prove di accertamento delle competenze, almeno per l’Italiano e per quelle che ho visto, ricalcano le prove INVALSI, molto sull’accertamento delle competenze di lettura e di grammatica, poco sulle abilità di scrittura, pochissimo sull’ascolto e sul parlato, per la maggior parte strutturate per facilitare la correzione. Con qualche svarione (capita se si lavora affannosamente a fine anno) come quando si chiede ai poveri ragazzini di fare l’analisi logica di una frase (ora si chiamano pomposamente Competenze morfosintattiche): X e Y, gli unici due sopravvissuti, fuggivano per sottrarsi all’annientamento chiedendo di individuare la principale e le due subordinate (sic, purtroppo). Dove sono le raccomandazioni di alcuni testi di legge (Direttiva MIUR 15.07.2010 n.57 – Linee guida Istituti Tecnici e Direttiva 28.07.2010 n. 65 – Linee guida Istituti Professionali) che parlano di Insegnare per sviluppare competenze, con attenzione all’ambiente di lavoro, alla didattica laboratoriale e, per valutare le competenze sviluppate parlano di pluralità di prove e informazioni, di significatività delle prove, di attenzione ai processi? Tutto questo la figlia del mio parrucchiere non lo sa e non sa nemmeno come saranno le prove, vuol sapere da me come si deve preparare. Queste fanno media. Solidarietà ai ragazzi. Sono l’ultimo anello, debole, di tremende fibrillazioni nella scuola reale. |