Lettera al Ministro dell'Istruzione Profumo sulla questione “insegnante senza cattedra”

Nicola Sammaritano, 4.6.2012

Scrivo la presente in merito alle recentissime notizie di stampa – una per tutte l’intervista resa al quotidiano “la Repubblica” in data 03.06.2012, pag. 3 – riguardanti la “riforma della scuola ed università italiana” da attuarsi, addirittura, mediante ricorso alla decretazione necessitata ed urgente (francamente, mi perdoni, da cittadino non riesco a comprendere il ricorrere dei presupposti ex art. 77 Carta Costituzionale), ed in particolare all’enfatizzato intendimento di ...

bandire un “nuovo maxi-concorso di reclutamento a cattedra per trecentomila professori”. In punto, al fine di compiutamente spiegare il mio dire, è doveroso premettere di essere vincitore del Concorso ordinario per esami e titoli indetto con D.D. del 01.04.1999 ai fini abilitativi e per l’accesso ai ruoli provinciali personale docente della scuola secondaria nella Regione Sicilia per la classe di concorso A019 (discipline giuridiche ed economiche), esitato, tra l’altro, con “buon punteggio”. Come tale, sono regolarmente iscritto/inserito, sin dal lontano anno 2001, nella graduatoria scolastica permanente, ad esaurimento, della Provincia di Trapani. Ciò nonostante, sin da allora (anno domini 2001), lo scrivente “è rimasto un semplice vincitore di concorso, inserito in graduatoria”, poiché impossibilitato, stante la carenza/inesistenza di cattedre, ad esercitare, anche per un solo giorno, e ripeto, anche per un solo giorno, il diritto al lavoro, ed in specie, il diritto all’insegnamento. Ora, precisato tale assunto, e ritenendo di interpretare, altresì, il pensiero di altre migliaia, forse centinaia di migliaia, di “colleghi vincitori di concorso”, inseriti in graduatoria ma, in concreto, semplici precari, preclusi al/dal lavoro, non posso che contestare, e deprecare (espressamente assumendo ogni e qualunque, eventuale, responsabilità), la Sua, e probabilmente dell’intero Governo, idea di creare “nuove illusioni”, “nuovo precariato”, ovvero altri trecentomila “professori senza cattedra”. Per essere ancora più chiaro, mi domando, e Le domando, sig. Ministro, come mai anziché ricorrere ad illusori, perché privi di prospettiva, perché privi di concreta proiezione nel mondo lavorativo, “nuovi bandi di reclutamento di insegnanti”, non si ritiene utile/corretto/doveroso, conforme a principi di “buona amministrazione”, garantire, conferire la cattedra a soggetti ritualmente e professionalmente abilitati, a professori tali nello status ma da decenni senza lavoro seppur inseriti in una graduatoria? Da decenni in attesa che la “res publica”, dopo avergli riconosciuto il titolo abilitativo, sia in condizione di loro garantire il pieno, più correttamente, ordinario, esercizio del proprio diritto, la piena possibilità di accedere alle risorse ed allo sviluppo, alla remunerazione. E, aggiungo, vorrà perdonarmi preg.mo sig. Ministro, stia pur certo che i “docenti del 2001” sono pienamente in grado di “farsi capire dai ragazzi del 2012”. Così amministrando, sig. Ministro, generando professori su professori potremo ben dire che il Governo Italiano è capace di uniformarsi all’incredibile, a dir poco discutibile, azione amministrativa della Regione Sicilia, ovvero all’Istituzione pubblica capace, tra l’altro, di creare e nominare “esperti degli esperti”. Dal che, queste mie brevi, modeste, considerazioni, scritte con intendimento propositivo da chi, in ogni caso (ricordo a me stesso), è titolare di un lavoro, ritengo di affidare alla Sua valutazione per una auspicabile, pronta, “revoca” dell’ingiusto intendimento governativo così impugnato. Piuttosto, sig. Ministro, l’occasione mi è buona per sollecitare la Sua attenzione, e dell’intero Governo, sull’ingiusto permanere nel nostro ordinamento di una norma – ai più sconosciuta, evidentemente - che viola il diritto alla pari opportunità lavorativa sancendo la discriminazione a causa del genere sessuale. Ovvero, mi riferisco allo art. 4 ter, comma 3°, Legge n. 333 del 20.08.2001, titolato Personale educativo, il cui dettato qui si riporta: La distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici opera ai soli fini dell’individuazione dei posti di organico per le esigenze delle attività convittuali da affidare a personale educativo rispettivamente maschile e femminile. Norma che, in estrema sintesi, viola il principio di uguaglianza e discrimina l’affidamento degli alunni convittori e delle alunne convittrici, attribuito a personale educativo rispettivamente maschile e femminile. Dettato normativo a dir poco “oscurantista” che pone un criterio distintivo nell’affidamento degli alunni convittori, ovvero sancisce la seguente equazione: per i convittori appartenenti al genere femminile, si ricorre a personale educativo femminile; per i convittori appartenenti al genere maschile, si ricorre a personale educativo maschile. Seguendo tale regola, aggiungiamo noi, poiché il numero delle alunne iscritte ai convitti è decisamente inferiore a quello degli alunni, il personale educativo femminile – per come costantemente si verifica – viene esautorato/discriminato da quello maschile. Quindi, se i convitti femminili dovessero chiudere per mancanza di domande le insegnanti sarebbero costrette a non lavorare, si troverebbero impossibilitate ad accedere alle risorse ed allo sviluppo, alla remunerazione, impedite alla piena partecipazione alla società, ai diritti, agli obblighi ed alle opportunità. Il tutto, “con buona pace” degli articoli 3 e 51 (siccome novellato dall’art. 1 legge Costituzionale 30 maggio 2003, n. 1) della Carta Costituzionale, del Decreto Legislativo 11.04.2006 n. 198, e dei pari diritti del personale educativo femminile (del genere femminile) sì discriminato, ripetiamo, in favore del personale educativo maschile. Per la quaestio così dedotta, fonte di ricorrenti ingiustizie, mi pregio sollecitare una Sua compiuta riflessione, ed, ove condiviso l’assunto, l’adozione di ogni consequenziale presa di posizione per la formale abrogazione dell’ingiusto (per le ragioni soprarichiamate), art. 4 ter, comma 3° della Legge n. 333 del 20.08.2001.

 

Nicola Sammaritano