I FOCUS DI PISA NR. 14 - 15 - 16

Professioni, ecologia, merit pay

di Tiziana Pedrizzi dall'ADi, 7.6.2012

Premessa ADi

Continua la pubblicazione dei Focus in PISA, di cui sono già stati pubblicati i primi 14.

Tiziana Pedrizzi si è assunta l'onere di proseguire il lavoro iniziato, e darà via via conto dei Focus che vengono mensilmente pubblicati. Di questo le siamo particolarmente grati.

In questa pubblicazione Pedrizzi tratta degli ultimi 3 Focus: 14, 15 e 16.

PISA in Focus 16 è particolarmente interessante, perché tratta della retribuzione in base al merito, tema ricorrente in Italia, di cui l'ultimo infelice tentativo è stato Valorizza.

A proposito di PISA in Focus n.16, Norberto Bottani scrive nel suo sito:

“Sfruttando la miniera di dati raccolti con l'indagine PISA, incrociandoli a dovere, come lo fanno assai bene i giovani ricercatori reclutati dall'OCSE, si sono avuti risultati molto interessanti: lo stipendio in base al merito non è molto efficace per migliorare l'insegnamento e l'apprendimento, lo è solo in alcuni casi, laddove gli stipendi degli insegnanti sono davvero bassi, per esempio in Messico.

Esiste dunque una soglia di stipendio al di sopra della quale i premi stanziati per riconoscere l'impegno sono soltanto un regalo fatto ad alcuni insegnanti, ma non servono gran che alla giustizia scolastica.

In quattro fogli i ricercatori reclutati dall'OCSE precisano e descrivono risultati che la “prosopopea” ufficiale non osa presentare. Non è la prima volta che ciò succede con PISA in Focus. Qui risiede l'interesse di questo bollettino mensile: succinto, essenziale, ben composto, leggibile ma soprattutto veritiero, scientifico. Il commento dei dati benché redatto con mille precauzioni (lo si capisce assai bene), illustra e difende tesi che i documenti di prima mano dell'OCSE, quelli politici, non affermano.

I giovani redattori probabilmente hanno dovuto battagliare per salvare le loro conclusioni, ma qualcosa delle loro analisi resta e questo è quanto conta: seminare il dubbio sulle conclusioni di natura politica tratte dai macro-dati analizzati al passo di corsa. Questa volta è il caso dello stipendio in base merito, degli incentivi finanziari per i bravi docenti. La faccenda è astrusa, delicata. Non è da scartare su due piedi con argomenti ideologici, ma merita di essere studiata a fondo. Questo numero di Pisa in Focus va in questa direzione.

 

A che tipo di carriera aspirano ragazzi e ragazze?

Cosa dice il Focus n. 14

L'interesse del tema deriva dal fatto che, secondo OCSE, la segregazione di genere nel mondo del lavoro non è un fattore di sviluppo perché impedisce il pieno utilizzo delle capacità degli individui e genera differenze rilevanti in stipendi e ruoli.

Secondo PISA 2006 in media le ragazze sono più ambiziose ed aspirano a diventare legislatori, funzionari pubblici di livello dirigenziale, manager e professionisti in una percentuale dell'11% superiore a quella dei ragazzi.

In Francia, Germania e Giappone (paesi stabilizzati nello sviluppo?)si è invece alla pari, mentre in Grecia e Polonia (paesi che aspirano o aspiravano allo sviluppo?) la percentuale arriva al 20%. Fa eccezione la sola Svizzera, dove i valori si invertono (società sviluppata e tradizionale?) Fare l'avvocato, il giornalista o lo scrittore entra ugualmente fra le prime dieci preferenze delle ragazze, ma non dei ragazzi.

Del pari, è maggiore la percentuale delle ragazze che aspirano a lavorare nel campo della salute e della medicina (non sono comprese nell'elenco proposto le professioni assistenziali)

Al contrario, il 18% dei ragazzi pensa a carriere nel campo ingegneristico ed informatico, a fronte del 5% delle ragazze. E questo anche se nell'ultimo decennio le performance delle ragazze si sono di molto elevate nel campo delle scienze e della matematica. I risultati in campo scolastico sembrano non determinare le aspirazioni lavorative.

Queste caratteristiche sono costanti sia fra gli studenti di più alto livello (maschi e femmine) che fra quelli di livello basso.

 

In Italia

Per quanto riguarda le carriere “maschili ” l'Italia si trova in una buona posizione, a metà del contingente superiore alla media OCSE. Ma una rapida occhiata a questa graduatoria rivela un particolare curioso, anche se prevedibile: in fondo alla graduatoria dell' aspirazione a questo tipo di carriere ci sono Inghilterra, Nuova Zelanda, Corea, Olanda, Germania e Finlandia insieme con Montenegro, Kirghizistan ed Azerbaigian.

La tendenza dei giovani dei paesi ricchi a disertare queste professioni che li hanno resi peraltro tali è ancora una volta confermata.

Per quanto riguarda le differenze di genere, in Italia ed in tutto il mondo le notizie sono due.

punto elenco

La prima è che le ragazze sono - mentre frequentano la scuola, attenzione! - diventate più brave ed ambiziose, spesso più dei ragazzi, soprattutto se vivono in società che sembrano avere superato la stagnazione e si trovano in fase di decollo.

punto elenco

La seconda è che invece non cambiano le tradizionali vocazioni dei due generi: interesse per il mondo della natura e della tecnologia per i maschi, preferenza per le professioni relative alla gestione della società umana per le femmine. Non si tratta però più delle tradizionali relazioni di cura e personali, ora è tutto l'ambito della società che interessa le ragazze.

Gli analisti PISA giudicano questo fatto non positivamente in relazione allo sviluppo delle società e lo attribuiscono alla persistenza di vecchi sistemi di valori. Superati nel campo degli studi questi tornerebbero attivi quando si tratta di scegliere la professione.

E' una possibile tesi. Altri sosterrebbero che queste così diverse e persistenti vocazioni hanno basi profonde iscritte nella storia ma anche nella natura.

 

Quanto sono “verdi” i quindicenni di oggi?

Cosa dice il Focus n. 15

Fra le nazioni dell'OCSE non più di un quinto degli studenti è capace in misura significativa di identificare, spiegare ed applicare concetti scientifici importanti relativi ad argomenti di carattere ecologico. Solo in Canada, Finlandia, Estonia, Corea e Slovenia questa percentuale si innalza fino ad un terzo.

Gli studenti acquisiscono la maggior parte delle informazioni sull'ambiente dalla scuola, ma solo gli studenti di più alto livello approfondiscono autonomamente con strumenti multimediali questi temi. Solo una minoranza segue corsi appositamente dedicati all'argomento. Dunque la scuola è un luogo cruciale di informazioni in proposito, anche se questo ruolo viene svolto per lo più in modo trasversale e non appositamente dedicato. Questi insegnamenti vengono sviluppati in misura crescente con metodologie alternative che prevedono uscite dalla classe.

Il tema è giudicato da OCSE di particolare interesse, poiché si ritiene che la formazione acquisita da giovani possa orientare i comportamenti adulti ma questa supposizione non è finora stata dimostrata.

In taluni sistemi scolastici esiste una percentuale corrispondente di studenti che non raggiungono neppure i livelli minimi in proposito: vengono citati Kirghizistan e Quatar.

In Italia

Per quanto riguarda le competenze ecologiche dei nostri studenti, l'Italia si colloca nella solita scoraggiante posizione: a metà del gruppo sotto la media OCSE. Sembra tuttavia che la scuola possa farci qualcosa: i nostri studenti, informati su sparizioni di animali e piante, hanno dei migliori risultati nel test sulla cultura scientifica.

Ma anche i risultati degli altri paesi non sembrano esaltanti: il fatto che solo un quinto degli studenti abbia conoscenze e consapevolezza sui temi ecologici non è gran cosa, dopo qualche decennio di politically correctness, almeno nelle nazioni industrializzate. Le nazioni industrializzate sembrano peraltro cavarsela un po' meglio nella graduatoria PISA, salvo essere poi quelle che inquinano di più.

E' questo forse un campo nel quale andrebbero controllati i fatti più che le parole. Non sembra che sempre, almeno nel nostro paese, ad un eccesso di verbalizzazione in proposito corrispondano fatti banali, quali ad esempio la maggiore pulizia delle strade, un minore uso di automobili, un abbassamento delle temperature in case ed uffici o semplicemente la separazione differenziata dei rifiuti.

 

Lo stipendio basato sul merito migliora l'insegnamento?

Cosa dice il Focus n. 16

PISA ha da tempo stabilito che i sistemi educativi di alto livello tendono a pagare di più i loro insegnanti, dando la priorità alla qualità dell'insegnamento rispetto ad altre scelte, incluse quelle relative alle dimensioni delle classi

Ma nella situazione attuale dei bilanci pagare tutti di più può non essere fattibile.

Così molti paesi si sono dati come obiettivo l'aumento degli stipendi per scuole con necessità particolari o mancanza di insegnanti oppure hanno permesso una più grande flessibilità locale nelle modalità salariali. Alcuni sistemi hanno risposto con sistemi di stipendi differenziati.

Ma il riconoscimento ed il premio per la performance dell'insegnamento è davvero una leva efficace per il miglioramento?

Gli effetti di stipendi basati sulle prestazioni degli insegnanti in relazione ai risultati degli studenti …

Lo stipendio basato sul merito implica premiare qualcos'altro rispetto ai titoli e all'anzianità di servizio, due indicatori non attendibili della qualità dell'insegnamento.

I sostenitori dello stipendio in base al merito ritengono che sia meglio premiare gli insegnanti migliori piuttosto che retribuire tutti allo stesso modo e pensano anche che ciò serva da un lato a motivare gli insegnanti e dall'altro ad avere il sostegno del pubblico che in questo modo percepisce un chiaro rapporto fra spesa e risultati.

Gli oppositori sostengono che valutazioni giuste ed accurate sono difficili, perché la prestazione dell'insegnante non può essere determinata obiettivamente, è di ostacolo alla cooperazione fra gli insegnanti, l'insegnamento diventa più angusto perché portato a focalizzarsi sui test. Non è stato di aiuto il fatto che le analisi empiriche degli effetti del merit pay non siano generalmente arrivati a conclusioni certe. Questi effetti sono difficili da valutare poiché i dati sono scarsi e sono molti gli aspetti che devono essere soppesati, quali ad esempio: il modo di definire e misurare la prestazione, la scala dei premi, l'attribuzione dei premi alla scuola o al singolo insegnante ecc…

PISA affronta il problema da un altro punto di vista: osserva come gioca a livello internazionale la relazione fra i risultati degli studenti e l'esistenza di stipendi legati al merito.

Attualmente circa la metà delle nazioni premiano le performance degli insegnanti in modi differenti. Per esempio in Repubblica Ceca, Inghilterra, Messico, Olanda, Svezia e Turchia eccellenti prestazioni di insegnamento costituiscono un criterio per il posizionamento sulla scala salariale. In Repubblica Ceca, Danimarca, Inghilterra, Estonia, Finlandia, Messico, Olanda, Norvegia, Polonia e nella Repubblica Slovacca, sono un criterio per il salario aggiuntivo su base annuale. In Austria, Cile, Repubblica Ceca, Danimarca, Inghilterra, Estonia, Ungheria, Olanda, Polonia, Repubblica Slovacca, Slovenia,Turchia e Stati Uniti, eccellenti prestazioni di insegnamento sono usate come criterio per decidere ulteriori retribuzioni aggiuntive occasionali.

… si vedono più chiaramente se si considera il livello generale degli stipendi

Uno sguardo al quadro generale rivela che non c'è nessuna relazione fra la performance media degli studenti in un paese e l'uso nello stesso paese di modalità di pagamento degli stipendi basate sul merito. In altre parole, alcuni sistemi caratterizzati da alti risultati usano questa modalità ed altri no.

Ma il quadro cambia se si prende in considerazione quanto sono pagati gli insegnanti in relazione al PIL. Nelle nazioni con stipendi comparativamente più bassi (meno del 15% circa del PIL pro capite) gli studenti tendono ad andare meglio se sono in uso modalità salariali basate sul merito, mentre nei paesi in cui sono pagati meglio (più del 15% del PIL), è vero l'opposto.

Così per le nazioni che non hanno le risorse per pagare bene tutti i loro insegnanti, vale la pena dare un'occhiata all'esperienza delle nazioni che hanno introdotto questo sistema.

Decidere se utilizzare una modalità stipendiale basata sulla premialità è solo il primo passo.

Anche se la modalità stipendiale basata sulla prestazione è una opzione di politica percorribile, è decisivo sapere come applicarla in modo efficace.

Prima di tutto, c'è bisogno che le misurazioni siano valide, affidabili e siano considerate dagli insegnanti stessi giuste ed accurate. Alcuni tipi di misure sono basate su osservazioni multiple effettuate da osservatori addestrati che usano rubriche basate su standard che gli insegnanti ritengano essere il riflesso di buone pratiche. Altre misure includono il contribuire agli sforzi di miglioramento delle scuole oppure prestazioni in aree specifiche basate su certificazioni esterne. Ancora altre includono i risultati degli studenti, il che richiede sistemi di gestione dati che siano in grado di connettere i dati di studenti e di insegnanti. In particolare, se vengono usate misure di “valore aggiunto”, il database deve essere in grado di seguire i progressi dello studente di anno in anno per dare una indicazione di quanto ogni insegnante ha contribuito ai risultati dello studente.

Un altro aspetto è se i premi sono indirizzati a singoli insegnanti, gruppi o la intera scuola. I premi individuali possono motivare coloro che lavorano più duro e dare loro un senso di controllo sulle loro possibilità di essere premiati. Ma può essere difficile distinguere l'impatto realizzato da un singolo insegnante,in paragone con quello di insegnanti precedenti o di altri fattori come l'ambiente scolastico.

Una alternativa è quella di prendere in considerazione un gruppo di insegnanti come unità, come un consiglio di classe, un dipartimento disciplinare o un altro raggruppamento che corrisponda ad una struttura o ad un obiettivo della scuola. I premi per i gruppi sono stati utilizzati per promuovere la coesione dello staff, la sensazione di correttezza e le norme di produttività e possono rinforzare l'apprendimento reciproco fra insegnanti.

I premi a livello di scuola possono incoraggiare la collaborazione fra insegnanti per assicurare che la scuola risponda a certi criteri, ma possono diluire il rapporto fra sforzo individuale e premio e possono correre il rischio di premiare battitori liberi solo perché insegnano in una particolare scuola.

I sistemi differiscono anche se strutturano l'erogazione del premio come una somma fissa globale distribuita secondo le prestazioni graduate degli insegnanti (per esempio un bonus per il quarto superiore della graduatoria) oppure come un bonus per ogni insegnante che raggiunga un certo livello. La prima opzione stabilisce fin dal principio la somma massima che un distretto può spendere. D'altra parte, come notato sopra, può scoraggiare alcuni singoli dal cercare di migliorare. La seconda opzione richiede una definizione chiara di ciò che l'insegnante deve fare per corrispondere alle richieste. Mentre permette a più insegnanti di essere premiati, potrebbe anche innalzare la somma da accantonare per la premialità, se la maggior parte degli insegnanti guadagna il bonus. Tirarsi indietro sui pagamenti potrebbe però condannare questo tipo di programma, poiché gli insegnanti potrebbero mettere in dubbio l'impegno verso il miglioramento che rappresenta da parte delle autorità.

Conclusione:

vale la pena di prendere in considerazione un sistema stipendiale basato sulla prestazione in alcuni contesti, ma far sì che funzioni bene e sia sostenibile è una sfida formidabile. I livelli degli stipendi possono solo esser parte dell'ambiente di lavoro: i paesi che sono riusciti a fare dell'insegnamento una professione attraente hanno spesso ottenuto questo risultato non solo attraverso lo stipendio, ma innalzando lo status dell'insegnante, offrendo reali prospettive di carriera e dando agli insegnanti responsabilità come professionisti e leader di riforma. Ciò richiede una formazione che aiuti gli insegnanti a diventare innovatori e ricercatori nel campo della istruzione non solo impiegati che somministrano insegnamenti.

 

In Italia

La questione è da tempo in discussione in Italia e di particolare attualità dopo il varo, la realizzazione ed il successivo alt, avvenuto nel dicembre scorso, del progetto Valorizza, varato sotto gli auspici del MIUR e di alcune Fondazioni, che ha realizzato a livello sperimentale una valutazione dei singoli docenti di scuole su base “reputazionale”.

Le osservazioni derivate dai dati PISA sono interessanti soprattutto per quanto riguarda il rapporto fra esiti degli studenti e tipologia di modalità stipendiali: una prima osservazione sembra dimostrare che non c'è un rapporto di tipo causale fra le due cose. I sistemi cioè possono avere buoni esiti sia che esista una modalità di pagamento legata alle performance degli insegnanti, sia che non ci sia. Tuttavia il Focus si sbilancia ad affermare che nei sistemi in cui gli insegnanti vengono pagati poco in relazione al contesto economico del paese (avendo come indicatore la % di PIL) lo stipendio differenziato in base alle prestazioni può servire. Probabilmente il tema andrebbe approfondito con analisi più fini, ma le considerazioni che gli analisti PISA aggiungono possono aiutare anche nella discussione italiana, anche se non sembrano sempre attagliarsi al nostro caso.

Ad esempio aumenti generalizzati consistenti si sono realizzati in alcuni contratti dei tempi passati (siamo alla metà degli anni Ottanta) ma anche se non c'erano strumenti di rilevazione precisi l'impressione è che non avessero cambiato granché nel comportamento degli insegnanti italiani. Certo, possono aiutare ad incoraggiare candidature più qualificate alla professione, ma il Focus stesso dice che non è puntando solo su quello che si possono ottenere risultati.

Invece può consolare vedere che le obiezioni dei contrari sono le stesse sotto ogni sole e probabilmente le più significative sono quelle che riguardano la difficoltà di realizzare misurazioni attendibili e condivise dell'effetto sugli apprendimenti della prestazione di un singolo insegnante al netto dagli effetti ambientali (insegnanti precedenti e contemporanei).

In Italia si discute di differenziare stipendi e creare carriere da decenni, ma non se ne viene a capo. Quando si parla di creare carriere sulla base delle funzioni di staff ed intermedie che sono indispensabili all'interno della scuola, si levano gli scudi a favore dell'insegnante “puro” che fa solo bene il suo lavoro in classe. Quando si cerca di individuare gli indicatori atti a snidare questa araba fenice,non ce ne è uno che vada bene –certamente quello della reputazione era piuttosto stravagante,tanto che non viene neppure citato nel Focus fra le possibili alternative. La cosa si è fatta stucchevole e bisognerebbe prendere atto che qualunque strada si prenda, troverà nel mondo della scuola opposizioni vivacissime guidate dai sindacati.

Tutto sommato, la strada di una revisione ed articolazione dello stato giuridico sembra la più percorribile “Offrire reali prospettive di carriera” dice la conclusione di questo Focus: qualcuno si è chiesto perché questo concorso a dirigente scolastico stia diventando una sfida all'ok Corral?