Lezioni in impresa contro la crisi Ugolini: dopo i 14 anni percorsi differenziati, basta parcheggio Alessandra Ricciardi ItaliaOggi, 19.6.2012 Studiare in impresa, già dopo i14 anni. E non più come forma di ripiego, come soluzione B per ragazzi che hanno alle spalle percorsi scolastici difficili, ma come scelta vincente di chi ha voglia di studiare e di lavorare. Elena Ugolini, sottosegretario all'istruzione a cui il ministro Francesco Profumo ha assegnato la delega sulla formazione professionale, punta a un cambio radicale di cultura, anche nel fare orientamento, che riguarda, a livelli diversi, formazione regionale, istruzione tecnica e professionale e Its, gli istituti tecnici superiori. «La formazione è la leva per far uscire il paese dalla crisi.
I profili tecnici e professionali vanno rivalutati, come ha fatto da
anni la Germania. E da noi ci sono buone pratiche di botteghe-scuola
e scuole-impresa che vanno sviluppate».
Risposta. Non è così. La formazione tecnica e professionale di cui
oggi c'è bisogno è di qualità. Italiano, matematica, storia e almeno
una lingua straniera possono benissimo essere insegnate mentre si fa
pratica vera in un'azienda. Il che serve anche a superare la
mancanza in alcune realtà di laboratori adeguati.
R. No, in un sistema sano no. Il lavoro aiuta a imparare.
R. Il mito del tutti a scuola è nocivo. Servono percorsi capaci di
intrecciare attitudini e intelligenze diverse per i ragazzi dopo i
14 anni. Non possiamo più permetterci di tenerli parcheggiati nei
licei o nelle università, di vederli abbandonare gli studi e non
trovare un lavoro. E al tempo stesso le imprese non trovare il
personale di cui hanno bisogno. In Veneto per esempio su 10 mila
ragazzi in formazione professionale il 70% trova un lavoro nel giro
di un anno, il 30% continua a studiare. Un ottimo modello, da
diffondere.
R. Ed è proprio in queste realtà che dobbiamo investire di più, come
stiamo facendo con il ministro Barca attraverso il piano per il Sud.
Serve una formazione di qualità ma anche giusta, ovvero per profili
professionali di cui vi è necessità sul mercato. A questo proposito
il lavoro fatto dallo Sviluppo economico è molto utile, per esempio
in Sicilia ci sono grandi prospettive occupazionali nel turismo, ma
la formazione non è in grado di dare risposta.
R. Stiamo definendo un'agenda per la formazione tecnica, focalizzata
sul ruolo centrale della programmazione che comprenda un'offerta dei
corsi di istruzione tecnico-professionale collegata sul territorio
con le filiere produttive. Puntiamo sull'avvio di poli
tecnico-professionali come luoghi formativi di apprendimento in
situazione e poi a diffondere le pratiche di bottega-scuola e
scuola-impresa, dove la formazione è contestuale alla produzione di
beni e servizi. E poi a orientare le famiglie e gli studenti in modo
più efficace nella scelta dei percorsi da intraprendere. R. Un fondo di bilancio stabile è fondamentale. Ma è altrettanto importante che le regioni e le imprese che sono nelle fondazioni degli Its facciano la loro parte. Ci sono tanti modi per contribuire agli Its, che devono diventare, come in Germania, un canale alternativo all'università, anche mettendo o a disposizione la propria impresa per la pratica degli studenti. Prima che il mercato faccia selezione, la faremo noi. Solo gli Its che funzionano per davvero andranno avanti. |