Aboliamo prof e titoli di studio
Ottavio Cappellani, lo scrittore più irriverente
della letteratura italiana, di Carmelo Caruso da Panorama, 20.6.2012 «Eliminerei il valore, la valutazione e sostituirei i professori con i computer». Come si fa a chiedere ad Ottavio Cappellani, lo scrittore più irriverente della letteratura italiana di essere più istituzionale? «E premetto sono figlio di due professori, con un padre in passato preside…». In America lo considerano il nuovo Pietro Germi della commedia, lui prende spunto da tutte le contraddizioni della sua isola, meglio se della sua Catania, la «porta dove entrò per Brancati l’ironia che uccide». E mentre cominciano ad uscire i primi studenti di ritorno dalla prima prova della maturità 2012, Cappellani, nella sua solatia città, critica quella istituzione che già Don Milani e Pasolini ritenevano andasse abolita. Abolire gli esami di maturità, quindi? «Lasciamo perdere gli esami un attimo e pensiamo alla scuola. Ecco, la scuola è il contrario dell’acculturazione. Come fa a pretendere di arrogarsi il diritto ad insegnare e criticare. Lo ritengo spaventoso». Sbuffa come se fosse lui lo “scolaro”, parola che odia insieme alla parola professore e sarà con il suo solito vizio di provocare che dice: «Esami? Di gran lunga meglio i quiz, le crocette. La scuola ha il compito, così com’è concepita di impartire nozioni che sono il contrario della cultura. A questo punto la scuola vale quanto quella che rilascia la patente di guida». Parla imperterrito e assomiglia a quegli studenti che vorrebbero rispondere ai professori a brutto muso. Li aboliamo dunque gli esami di Stato? Ci pensi, rischierebbe di essere scorretto… Ma Cappellani al solito se ne infischia prima di ribadire quello che rimane il pensiero di un Franti, l’alunno cattivo di Cuore. «Meglio abolire ogni forma di esame. Eliminerei la valutazione, il valore. L’esame rimane qualcosa di manicheo. Buono o cattivo, ed esclude le sfaccettature. Non fa altro che premiare i bravissimi della classe, che di solito sono gli antipatici…». E poco importa che stia di fatto smontando quella che sarà la nuova scuola secondo le intenzioni del ministro Profumo. «Bella idea, non c’è che dire, quella di premiare il più bravo della classe». Quale è stata la scuola di Cappellani? «Una scuola di Catania, gestita dai frati, si chiama Leonardo da Vinci e posso dire che siano stati preferibili a certi professori. Quanto meno non fecero mai entrare la politica a scuola. Il problema è che anche il dibattito sulla maturità è un tema tutto italiano. E come si fa a parlare male della maturità?». Icastico, invece di smettere continua e si prende gioco perfino di quella sinistra che adesso lo attaccherà, («I soliti conservatori del mondo»). Così mentre striglia tutti, rammemora anche il tema della sua maturità, un testo di Bobbio («saranno passati anni, ma lo ricordo»). Ma insomma cosa non le piace, Cappellani? «La domanda è: a cosa serve l’esame? Non dobbiamo dimenticare che nei concorsi che vengono dopo gli esami si fa ricorso ancora al nozionismo. La cultura invece si forma da sé. Il risultato è che in Italia tutto è fuori posto, magistrati che fanno gli scrittori, politici che fanno i magistrati…». Meglio il nozionismo e Cappellani lo conferma usando l’arte della provocazione e non si capisce quando parla quale sia il suo vero e il suo falso. «Sì, meglio il nozionismo. Io ho paura dei professori che vogliono importi a leggere il mondo con i loro occhi, finiscono per diventare professorume. E se poi capita a mio figlio il professore stupido?». Cita Shopenahuer per attaccare la scuola e la pretesa d’interpretare il mondo, che non dovrebbe essere spiegato. «Oggi sostituirei i docenti con il web, del resto è dal web che si assimilano le informazioni. Alla scuola lascerei un compito da manuale di giardinaggio così come l’università. Prendiamo l’America. In quel paese le cattedre sono libere e si può insegnare senza essere per forza laureati. Quanti scrittori tengono lezioni. In Italia sarebbe inconcepibile». Si interrompe solo per pochi istanti, il tempo necessario di prendere fiato, lui che ha una barba da satiro, caprina e i capelli arruffati come li portavano gli anarchici. «No, non serve questa scuola com’è concepita, da diplomificio. La rifonderei». E come Pasolini nel suo “Gennariello”, elenca in pochi punti, quelli su cui rifondare la “sua” di scuola. «Invece di premiare i più bravi della classe darei le borse di studio. Toglierei l’obbligatorietà alla scuola. Chi vuole andarci ci vada. E chi vuole fare gli esami deve poter dire: voglio fare l’esame, non devo fare l’esame». E’ pomeriggio e come un Lucignolo intelligente Cappellani si perde in quel rettifilo che conduce al mare a pochi passi da Ognina, sotto gli sguardi di uno studente che rincasa dimesso, con il suo vocabolario in mano…
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