Nel mirino della spending review provveditorati,
Viale Trastevere a caccia di 1,5 mld Il ministero dell'istruzione, università e ricerca deve fruttare circa 1,5 miliardi di euro. Tanto pesa il dicastero guidato da Francesco Profumo sul piatto della spending review a cui stanno lavorando il commissario straordinario, Enrico Bondi, e il ministro dei rapporti con il parlamento, Piero Giarda di Alessandra Ricciardi ItaliaOggi, 26.6.2012 Il provvedimento, atteso per un primo esame oggi al consiglio dei ministri, slitta alla prossima settimana. Così come il decreto legge sul taglio alle piante organiche di ministeri, agenzie fiscali e enti pubblici non economici che il premier Mario Monti avrebbe voluto fosse approvato prima del vertice europeo del 28 e 29 giugno. Ma tre elementi hanno fatto propendere per un rinvio: i toni sempre più interlocutori dello stesso consiglio europeo, i dissidi interni al governo, nella fattispecie tra il ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, e il viceministro all'economia, Vittorio Grilli, sulla gestione degli esuberi del personale, e poi il ricompattarsi di Cgil, Cisl e Uil che chiedono con forza di vedere le carte prima che tutto sia già fatto. Il vertice con i sindacati ci sarà, a Palazzo Chigi, la prossima settimana. Trovare la quadra insomma non è semplice. Ma va trovata. Il ministero dell'istruzione ha inviato proposte ed elaborazione sui tagli possibili. Secondo i rumors, si parte dagli organici ministeriali: una riduzione analoga a quella già operata al dicastero dell'economia, ovvero il 20% dei dirigenti e il 10% dei dipendenti, frutterebbe nulla: si tratterebbe infatti di eliminare posti che non sono coperti. Il dicastero di viale Trastevere conta circa 700 posti dirigenziali, solo 364 quelli coperti. Situazione analoga per i dirigenti: le piante organiche, dopo il taglio del 10% previsto dalla legge 148/2011, contano 7.600 posti, le presenze sono 5.550: anche tagliando del 10%, resterebbero coperti altri 1500 posti. Altro che esuberi Qualche risparmio si potrebbe avere andando ad agire sul fondo per la contrattazione integrativa, se fosse riferito non più agli organici ma alle teste: circa 29 i milioni di euro disponibili. Discorso diverso se dovesse essere rispolverata la norma del pensionamento forzoso con 40 anni di contributi e soli 60 anni di età: l'età nella scuola è piuttosto alta. Ma sarebbe evidente l'imbarazzo del governo per il diverso trattamento tra pubblico e privato, dove c'è invece ancora scottante il dossier degli esodati. Ancora in alto mare la riorganizzazione degli ex provveditorati: le funzioni degli uffici scolastici provinciali potrebbero essere accorpate in sedi uniche dei servizi provinciali, eliminando così circa 90 sedi proprie. Ma potrebbero anche essere assegnate alle direzioni scolastiche regionali. Più radicale invece l'ipotesi di un modello sanità: personale gestito in tutto e per tutto dalle regioni, in piena attuazione del titolo V della Costituzione. Non dovrebbero essere toccati i due enti di ricerca del ministero, Invalsi e Indire, quest'ultimo espressamente riconosciuto anche dal decreto legge sviluppo che ha istituito l'agenzia per l'Italia digitale. Probabile invece la soppressione di molti micro enti di ricerca dell'università che potrebbero confluire sotto il cappello del Cnr. La centralizzazione degli acquisti è forse il capitolo meno spinoso. Fermo restando però la prosecuzione di tutti i contratti già in essere, fino a scadenza naturale. Dai capitoli in ballo sembra difficile che si possa raggiungere l'obiettivo complessivo di risparmio. Salvo interventi più duri che incidano sulle retribuzioni per tutta la scuola, che però tutti sconfessano siano all'esame. Per il momento si preferisce un supplemento di istruttoria. |