Istruzione e crescita/2.
Spendere di più ok, ma come?

da TuttoscuolaNews, n. 540 4.6.2012

Determinante in materia di spesa pubblica, o meglio di composizione della stessa spesa a parità di saldo di bilancio, sarà (come quasi sempre negli ultimi venti anni) l’orientamento del ministro dell’economia, incarico che nell’attuale governo è ricoperto dallo stesso presidente del Consiglio Mario Monti. A lui, se accoglierà l’indicazione data da Ignazio Visco, spetterà di decidere quali settori e voci della spesa pubblica contrarre per creare risorse aggiuntive da investire in istruzione e ricerca.

Ma che cosa esattamente significa investire di più in istruzione e ricerca? Visco ne ha parlato e scritto in varie occasioni, riassumendo il suo pensiero nel volume Investire in conoscenza per la crescita economica (Il Mulino 2009): a suo avviso occorre puntare in modo coerente e continuativo sulla qualità, sulla valutazione e sul riconoscimento del merito, incentivando e premiando le eccellenze nei diversi ambiti in cui si manifestano.

Un punto di vista che Tuttoscuola condivide e sostiene da molto tempo con convinzione: per quanto riguarda il versante scolastico spendere di più per istruzione e ricerca dovrebbe significare, a nostro avviso, sì anche stabilizzare il personale precario (ma selezionando i migliori di oggi, non assumendo in modo indiscriminato), ma ancor più investire in ricerca educativa, in innovazione delle tecniche e delle tecnologie educative, in formazione iniziale e in servizio (obbligatoria!) dei docenti e dei dirigenti, in ricerca-azione, in valutazione di sistema con approccio sia quantitativo che qualitativo, in un valido corpo ispettivo, in riduzione della dispersione e degli altri fattori che rendono la nostra scuola non solo inefficiente ma profondamente iniqua.