indagine Cidi
Gli insegnati italiani Oltre il 57% non cambierebbe professione La Stampa, 30.1.2012
ROMA è uno dei dati che emerge da una recente indagine sugli insegnanti italiani "Valori costituzionali e comportamenti professionali", condotta dal Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti),per conto del Comitato Italia 150, attraverso la quale 2.300 insegnanti hanno evidenziato le proprie motivazioni e disillusioni, idee e comportamenti, valori e prospettive della loro professione in un momento particolarmente delicato della scuola italiana.
Il primo dato che
emerge è che contrariamente a quanto si pensi comunemente, «quella
dell'insegnante è un'attività che raramente si sceglie per caso,
mentre rimane in genere decisivo l'aspetto vocazionale». Infatti
alla domanda sul perché si insegna, oltre la metà del campione
(53,1% ha scelto l'opzione "per realizzare una mia aspirazione
personale" mentre 4 su 10 (41,1% hanno indicato "per contribuire
alla formazione dei giovani"). Una percentuale molto contenuta
(13,5%) riconduce tale scelta alla volontà di "trasmettere le
conoscenze apprese". Ma, quando si chiede di indicare i motivi di soddisfazione, la stragrande maggioranza degli insegnanti (55,7%) risponde "Mi mette a contatto con i giovani" ( nella scuola secondaria tale risposta raggiunge il 74,5%), ben il 48,5% indica tra i motivi di soddisfazione il fatto di sapere il proprio lavoro "è molto importante per la società" oppure che "è una lavoro creativo" (48,2%). La maggioranza assoluta degli intervistati (57,3%) confermerebbe comunque la scelta di insegnare contro il 7,7% che cambierebbe in ogni caso. Anche nel caso delle funzioni della scuola pubblica l'indicazione che prevale è quella valoriale. Ben oltre l'82% degli intervistati, infatti, indicano quella di "educare ai valori e alle regole della convivenza civile" la più importante funzione della scuola pubblica. Tale finalità ottiene un ampio consenso e distacca nettamente le altre importanti funzioni tra le quali "acquisire un metodi di apprendimento" (54,1%) e "acquisire conoscenze e competenze disciplinari" (51%). Poca rilevanza assumono, invece "preparare e orientare ad una professione" (17,7%) e "fornire un'occasione di conoscere cose nuove" (17%).
Sempre per quanto
riguarda i valori, per la quasi totalità del campione la scuola
dovrebbe educare soprattutto a "rispettare le norme",
"all'importanza della cultura" (entrambi i valori per il 98,7% dei
rispondenti dovrebbero essere trasmessi "molto o abbastanza" dalla
scuola ) e alla "libertà di pensiero e di espressione" (per il
98,5%), a insegnare il "rispetto degli altri e la loro integrazione"
(per il 98,5%). Seguono, di poco, "l'uguaglianza delle persone"
(98%), la "solidarietà, l'impegno e il senso di giustizia" (per il
97,5%). Per quanto concerne, invece, ciò che effettivamente è trasmesso a scuola , i dati mostrano tutto sommato una congruenza tra "dover essere" ed "essere", anche se con percentuali che denotano forse una efficacia inferiore alle attese: restano ai primi posti "la libertà di pensiero e di espressione" (per il 77,7), "l'uguaglianza delle persone" (76,4%), "il rispetto degli altri e la loro integrazione" (per il 73,5%), "la solidarietà" (68,4%), «l'impegno» (66,6%) e «il rispetto delle norme (66,7%). Sempre per oltre due terzi del campione, la scuola insegna "il valore della pace" (70,9%). Il giudizio sugli studenti della propria scuola , infine, appare piuttosto articolato. Per la maggioranza degli studenti "l'arte di arrangiarsi" è la caratteristica più diffusa tra gli allievi (per il 73,9%). Seguono "lo scarso senso civico" (69%) e il "pressappochismo" (68,5%). Ttra le principali qualità indicate la "creatività" (67,5%) e la "solidarietà"(65,9%). |