Profumo al Mattino: di Maria Paola Milanesio il Mattino, 3.1.2012
ROMA - Il Sud come
area per un progetto pilota per la scuola italiana. «Il Mezzogiorno
può diventare il vero elemento di traino per lo sviluppo del Paese»,
dice il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo. Prolungamento
dell’obbligo scolastico fino a 17 anni attraverso un più stretto
rapportocon gli istituti professionali regionali; formazione degli
studenti più innovativa; concorsi per giovani docenti e scuole come
centri di aggregazione: è anche da qui - spiega Profumo - che passa
una scuola più «visionaria», perché capace di intuire il futuro.
«Stiamo cercando di
ragionare su tre elementi: la sicurezza e l’edilizia scolastica; la
formazione dei docenti e l’apprendimento per gli studenti; una
visione nuova della scuola con l’uso delle nuove tecnologie».
«La base di
partenza è un miliardo di fondi europei destinati al Sud, 350 i
milioni per la Campania. Cerchiamo, però, risorse aggiuntive e
complementari, convinti che il Mezzogiorno possa diventare vero
elemento di traino per l’Italia».
«Va fatta
un’analisi dettagliata, partendo dalla constatazione che c’è una
mappa della povertà, che sta crescendo nel nostro Paese, a cui
corrisponde un aumento dell’abbandono scolastico. L’obiettivo è
evitare che i ragazzi lascino la scuola in età precoce, un traguardo
che si può raggiungere prolungando il percorso dell’obbligo
scolastico con le qualifiche professionali. Questo consentirebbe di
far entrare i ragazzi nel mondo del lavoro più maturi e più robusti,
riducendo così anche l’abbandono scolastico».
«Abbiamo già avuto
un incontro - in Campania con Stefano Caldoro e con il sindaco di
Napoli Luigi De Magistris - e avviato un processo di collaborazione,
che ci consentirà di scendere nei dettagli. Non si può pensare che
la soluzione passi attraverso un progetto standard, buono per tutte
le occasioni».
«Non credo che la
situazione vada definita in questi termini. Certamente, però, va
fatta un’analisi attenta che consenta di intervenire in tempi brevi.
Legalità e capacità di inserimento dei ragazzi nella società sono
elementi su cui la scuola può svolgere un ruolo determinante».
«Il sistema scuola
ha un ritardo naturale, che intercorre dal momento in cui lo
studente inizia il suo ciclo di studi al momento in cui lo termina.
La vera sfida è far sì che il percorso formativo conservi la sua
validità e attualità anche nel momento di ingresso dello studente
nel mondo del lavoro. Bisogna essere sufficientemente visionari per
definire un progetto capace di resistere nel tempo e di prevedere
anche le future necessità occupazionali».
«Ci sono
graduatorie con circa 200mila persone in attesa e altri 20mila
giovani che non sono in graduatoria. L’età media dei nostri
insegnanti cresce, mentre gli studenti avrebbero bisogno di docenti
sì esperti ma anche più vicini al loro modo di essere, un mix tra
esperienza e creatività. Per questo credo che sia ragionevole
proseguire con lo svuotamento delle graduatorie ma al contempo
pensare ai giovani. Immagino due canali, uno più grande che attinge
alle graduatorie, un altro più piccolo che fa riferimento ai nuovi
concorsi».
«Credo sia proprio
questo il tema prioritario. Durante le mie prime settimane da
ministro, mi sono accorto che, sotto il coperchio di questa grande
pentola, ci sono qualità e motivazioni un po’ represse.
Difficilmente sarà possibile trovare risorse immediate, ma si può
avviare un processo per il progetto Paese. Una delle chiavi di volta
è una autonomia responsabile delle scuole, aspetto che ha funzionato
bene per le università».
«Credo che un Paese
lo si costruisca partendo dalla scuola, dall’università, dalla
ricerca. Quindi, pur nelle difficoltà, ritengo che il periodo dei
tagli sia chiuso. Anche in mancanza di risorse aggiuntive, molto può
essere fatto utilizzando meglio i fondi disponibili».
«Il tempo che
questo governo ha a disposizione consente solo di oliare e far
funzionare al meglio il meccanismo. Non possiamo pensare a grandi
riforme. Non solo: credo che un intervento di questo genere vada
inserito in un contesto di rinnovamento più ampio e complessivo».
«Vorrei che la
scuola diventasse ciò che in alcuni Paesi si definisce ”civic
center”, il centro civico della città. Perché non far sì che gli
istituti scolastici si trasformino in centri di aggregazione del
quartiere? Biblioteche aperte tutto il giorno, palestre utilizzate
anche dai cittadini, luoghi per le feste dei bambini. In questo modo
anche gli aspetti economici potrebbero essere affrontati
diversamente, perché il Comune, i privati potrebbero investire nella
scuola stessa. Compito del nostro governo, pur nella consapevolezza
che il tempo a disposizione non consente di raggiungere il
traguardo, è porre le basi perché questo percorso si avvii». |