Non colpevolizzare i ragazzi,
introdurre sistemi premianti

Le storie di chi si impegna ma poi è costretto a mollare o a lasciare l’Italia dimostrano che il problema è altrove ed è strutturale. Purtroppo «sfigati» si diventa dopo la laurea

Mila Spicola l'Unità, 25.1.2012

De sfigatibus. Laura si è laureata in ingegneria idraulica a 22 anni, quasi 23,un genio delle turbine e dei calcoli, ha poi vinto il dottorato, a Palermo,“ da sola”, senza calci, ha trovato pure il tempo di sposarsi e la domenica va a pranzo dai suoi.«Mamma, straccio le statistiche, discuto la tesi next year,un anno a Baltimora, torno, concorso da ricercatore e zac! Bambino entro i 29, scommettiamo?». Scommessa persa. «Dottoressa, con questi chiari di luna io non posso assicurarle nulla al suo rientro dagli Usa; sì c’è il concorso ma...».

Ma un collega milanese del prof c’ha il figlio e, si sa, i figli so’ figli...» e Laura piange: parte e rimane fuori? E Mauri? Rimane? A fare che? Pensa a Norman: due anni fa si è lanciato da una finestra del pensionato universitario. Il suo prof gli aveva detto le stesse cose che lei ha sentito ieri. Certo, «era un depresso», dicono, ma... Come si fa a non esserlo?

Giulietta è la sorella di Laura, solo di un anno minore, sta ancora all’Università, ad architettura. «Mica sono scema. Un anno di Erasmus a Berlino e, da allora, sei mesi in giro per studi a lavorare quasi gratis, Koolhas, Gerhy, Tadao Ando, e sei mesi in Italia a dare qualche esame». Sa già che lavorerà dopo la laurea. Non in Italia, per carità, qua gli architetti di un certo livello non battono chiodo. Sposarsi? Figli? E come? All’estero, forse, non qui...

Poi c’è Lucia, la più piccola, al liceo. Guarda le sorelle e disegna punti interrogativi. «Io volevo fare l’alberghiero e mi avete guardata come un’idiota. Biologia... Ma tanto farò la cuoca...». Già lavora nei weekend in una trattoria. Certo, se le dessero un premio per laurearsi in tempo, anche in crediti di tasse, studierebbe soltanto. È il 20 luglio del ’92, Mila ha 23 anni, laureata da 7 giorni. Massimo dei voti e menzione. Strage di via D’Amelio. «Devi andar via». «No, voglio fare la storica dell’architettura, a Palermo». Per sette anni tenta il dottorato, per sette anni segata. Infine tenta in altre cinque città. Vince dappertutto. Sceglie Roma. Va via dunque, ma mollerà la carriera accademica, per sfinimento e fame, nel 2007.

Certo, poi c’è la viziata, la pigra, la cretina... La mamma mammona che non ti sprona. Troppe variabili; penso che si sbagli campione statistico d’indagine. Tre storie e tre sfighe. Essere donne, essere giovani, e laureate, essere in Italia. Con tutta la buona volontà, come farcela con questi adulti? E ti danno pure le colpe. Quello è il campione d’indagine. Con questo sistema? Altro campione. Il dito, la luna... Per avere le giuste risposte, le domande bisognerebbe farle alle giuste persone. Come i giudizi. Meglio sospenderli se prima non si chiarisce il contorno.

Martone, risponda lei alla sfiga, visto che è esperto. Un suggerimento da prof: gratifiche. Mettete a punto delle gratifiche adeguate e di laureati a ventiquattro anni ne vedrete molti, ma molti di più. Rimane comunque un dito. Non la luna.