SCUOLA

Bertagna: agli alunni non piacciono i prof?
Il vero problema è il monopolio statale

intervista a Giuseppe Bertagna il Sussidiario 3.1.2012

Una ricerca dell’Eurispes e del Telefono azzurro dipinge una scuola che non soddisfa per nulla i propri studenti e i loro genitori. Per ben il 59,1% dei primi e per l’80% dei secondi, i docenti non sono adeguatamente preparati o aggiornati. Giuseppe Bertagna, ordinario di Pedagogia nell’Università di Bergamo, spiega a IlSussidiario.net come interpretare correttamente i dati contenuti nella ricerca. A partire da una premessa: «Personalmente ho concluso un’indagine dedicata alla sola provincia di Bergamo, effettuata su un campione del 20% della popolazione scolastica, pari a 63 istituti, per un totale di 3.300 alunni e 4.460 genitori; la ricerca che prendiamo in considerazione, invece, pur interessando tutta l’Italia è stata realizzata intervistando solamente 1.496 studenti e 1.266 genitori. Occorre, quindi, cogliere in maniera più profonda la dinamica di certi fenomeni». Altri indizi lasciano perplesso il professore. «Secondo la ricerca, l’84% delle famiglie vorrebbe una scuola aperta alle proprie proposte, mentre il 66% vorrebbe essere coinvolto in alcune materie. Ebbene: tra il 2001 e il 2003 le famiglie avevano a disposizione 300 ore di declinazione delle attività scolastiche, da stabilire mediante contrattazione, attraverso il patto educativo». L’opportunità venne vissuta senza alcun entusiasmo. «La sperimentazione si concluse perché venne rifiutata pressoché da tutti». Un alto indizio è quello relativo alle finalità del mondo scolastico. Per la maggioranza dei genitori, infatti, il lavoro è solamente la terza scelta. «Considerando la crisi in corso e le gravi problematiche relative al mondo del lavoro, mi sembra un dato in controtendenza con tutte le indagini esplorate».

Anche sulla percentuale di genitori che ritiene gli insegnanti poco preparati, Bertagna ritiene necessarie alcune sottolineature. «Spesso i genitori sono convinti che il metodo adottato dai propri insegnanti di un tempo sia l’unico corretto. Ma, in una società che avanza in maniera vertiginosa, i cambiamenti della didattica sono necessari». Detto ciò, non è escluso che ci sia un effettivo problema di preparazione dei docenti che si riflette sulla percezione delle famiglie e degli studenti. «Se abbiamo una scuola secondaria di primo livello in cui l’età media dei docenti è di 52 anni e una scuola secondaria di secondo livello in cui è di 50, è evidente che ci sia un problema di formazione ed aggiornamento». Non solo: «Gli insegnanti vengono formati con i contenuti uguali a 30-40 anni fa».

Ogni volta che si tenta di metter mano alla situazione, ci si trova di fronte ad ostacoli insormontabili. «Abbiamo una scuola che coinvolge, complessivamente, 1 milione e 200mila dipendenti. Un "Moloch" tendente all’inerzia e alla conservazione di un modello monopolistico che niente riesce a infrangere». Che non ci riesca il modello di scuola paritario, che in Italia è nettamente minoritario è comprensibile. «Lo è meno – continua – il fatto che non ci riesca il disegno costituzionale della scuola delle Regioni. Il cosiddetto sistema dell’istruzione e della formazione professionale, che doveva avere pari dignità con quella statale, è fallito. Da un lato molte Regioni non lo vogliono, dall’altro lo Stato non ha mai voluto mollare le sue prerogative».