I tecnici e i miracoli della formazione... di Giuseppe Aragno da Fuoriregistro, 11.1.2012 La bandiera subito alzata dal governo politico dei "tecnici è di quelle che fanno un grandissimo effetto in questi giorni di crisi trionfante: favorire la concorrenza economica nel mercato interno. Per quel che riguarda la formazione, però, alle chiacchiere degli esordi piagnucolosi non corrispondono i fatti e pare quasi che il concetto stesso di "concorrenza" abbia assunto significati decisamente fuorvianti. Che senso ha, infatti, chiedono i precari, voler fare concorsi per aprire ai giovani, quando migliaia di validi professionisti della formazione, che giovani sono pur stati, risultano abbandonati così al loro destino? Concorrenza per il Ministero significa forse mettere l'uno contro l'altro i giovani e i meno giovani, in modo gli uni tolgano il pane agli altri e tutti insieme facciano la fame? E da un punto di vista puramente "tecnico", poi, dov'è mai scritto che più si è giovani e più si vale? E un mistero glorioso. All'università, come oggi s'usa, in nome come della immancabile "qualità", il ministro dell'Istruzione ha deciso di assegnare i fondi per la ricerca di base a gruppi di almeno cinque "unità di ricerca" che facciano parte di dipartimenti l'uno diverso dall'altro. Secondo Profumo, è questa la via per indurre le singole università a stabilire rapporti di collaborazione su progetti aperti a più larghi orizzonti, in modo da aumentare la qualità media della ricerca italiana e impedire che tutto vada alle punte di eccellenza. Qualità ed eccellenza! Non c'è un ministro che non sia obbligato a recitare questa commedia tre volte al giorno, assieme alle dieci Ave Maria e ai venti Pater Noster prescritti dal confessore subito dopo la quotidiana messa mattutina. A chiedere in giro, però, con laica diffidenza, sembra che in questo modo si vadano a colpire i gruppi più piccoli, quelli che, in realtà, sono il vero motore di una ricerca che, qui da noi, è fondata appunto sulle "eccellenze" e sui piccoli gruppi, che andrebbero, a quanto pare, sostenuti in ben altra maniera. A conferma di questa critica ci sono i numeri: nel 2005, in Italia, su 51 progetti finanziati in campo economico, ad accaparrarsi le risorse sono stati 54 atenei. In pratica, la quasi totalità delle Università. Il ministro, nato e cresciuto nell'università, sui precari tace, prende tempo, balbetta e si direbbe quasi che non sappia di che parli. Sui fondi universitari, invece, un terreno su cui evidentemente si muove molto meglio, risponde con una punta di arroganza: occorre semplificare le procedure perché il numero delle domande è elevato per l'entità dei finanziamenti. Un'osservazione acuta, se la lentezza delle procedure non dipendesse proprio dal suo Ministero. Sull'entità dei fondi, meglio tacere. Di tagli alla formazione l'Italia ormai muore, ma il governo dei tecnici non se n'è ancora accorto e tutto quello che ha saputo fare finora è seguire le tracce dei predecessori. La scuola del Mezzogiorno attende il miracolo dell'immancabile "progetto pilota" fondato sul prolungamento dell'obbligo in uno stretto e ambiguo rapporto con gli istituti professionali regionali (che si fa, si va dal padrone e poi si dice che si è andati a scuola?), sui concorsi per "giovani docenti", coi "vecchi" messi alla porta dalla Gelmini o costretti dalla Fornero a lavorare fino a settant'anni, trovando in classe, magari, i nipoti dei nipoti dei loro primi studenti. Si va avanti così: miracoli o scommesse, come quella di trasformare edifici scolastici che dovrebbero essere da tempo in pensione e nessuno sa come stiano in piedi, in centri di aggregazione, oltre che, se ci sono tempo, voglia e possibilità, centri "anche" di formazione a buon mercato, con i docenti sempre peggio pagati. Soldi naturalmente non ce ne sono, ma si fa affidamento sull'Europa. Quale Europa, nessuno sa, nemmeno Profumo, al quale Unicredit evidentemente non ha fatto in tempo a mandare il suo avviso alla clientela: "Le preoccupazioni relative all'aggravarsi della situazione del debito sovrano dei paesi dell'area euro potrebbero portare alla reintroduzione, in uno o più paesi dell'area euro di valute nazionali o, in circostanze particolarmente gravi, all'abbandono dell'Euro". Testuale. Non sarà la banca di Profumo, ma non c'è dubbio: la faccenda riguarda anche lui. Lui e la fantasia che i tecnici hanno saputo portare al potere, come fossero giovani e scapigliati sessantottini. Con il rispetto dovuto a Capanna. |