I dati sull'educazione del rapporto 'Noi Italia 2012'

Rapporto ISTAT: sono 2 milioni i giovani ‘Neet’

 Tuttoscuola, 20.1.2012

Secondo l’Istat, che ha presentato il suo nuovo rapporto 'Noi Italia 2012', nel 2010 i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che risultavano non inseriti in un percorso scolastico/formativo né impegnati in attività lavorativa erano più di 2 milioni, il 22,1% del totale di quella classe d’età. Una percentuale elevata, che colloca i giovani italiani 'Neet' (acronimo di Not in Education, Employment or Training) ai primi posti in Europa.

Lo stesso rapporto segnala inoltre che l’Italia è in ritardo rispetto alle medie europee in quasi tutti gli indicatori del settore istruzione, a partire da quello della spesa, che incide sul Pil solo per il 4,8% (2009), valore inferiore a quello dell’Ue-27 (5,6%). Inoltre circa il 45% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha conseguito solo la licenza di scuola media come titolo di studio più elevato, un valore anche qui distante dalla media Ue-27 (27,3% nel 2010). La quota dei più giovani (18-24enni) che ha abbandonato gli studi senza conseguire un titolo di scuola secondaria superiore è in Italia del 18,8%, contro una media Ue del 14,1%.

La partecipazione dei giovani al sistema di formazione al termine del periodo di istruzione obbligatoria è pari all’81,8% tra i 15-19enni e al 21,3% tra i 20-29enni. I valori europei (Ue-19) sono più elevati e raggiungono rispettivamente l’86,2% e il 26,6% (anno 2009).

Il 19,8% dei 30-34enni, infine, ha conseguito un titolo di studio universitario (o equivalente): l’incremento verificatosi nel periodo 2004-2010 (+4,2 punti percentuali) è stato significativo, ma lascia il nostro Paese ancora molto lontano rispetto all’obiettivo del 40% fissato dal programma 'Europa 2020'.

Quello presentato dal rapporto Istat è insomma un panorama di pesanti ritardi per l’Italia in quasi tutti i settori del sistema educativo: una situazione che dovrebbe preoccupare e spingere all’azione, a destra e a sinistra, tutti coloro che sono realmente convinti, non solo a parole, della necessità di puntare prioritariamente sul miglioramento del capitale umano.