Aprea (Pdl): caro Profumo, intervista di Claudio Perlini a Valentina Aprea il Sussidiario 11.1.2012
Ieri il ministro dell'Istruzione,
Università e Ricerca, Francesco Profumo, ha delineato le linee
programmatiche del suo dicastero presso la Commissione cultura della
Camera. «L’impressione è stata buona - dice a IlSussidiario.net
Valentina Aprea (Pdl), presidente della Commissione - nel senso che
l’elenco di punti che il ministro Profumo ha consegnato in audizione
risulta in perfetta continuità con le strategie migliori del
precedente governo».
Per l’università il ministro ha
ribadito la volontà di attuare la Riforma Gelmini, e si è dato come
traguardo quello di presentare tutti i regolamenti e decreti
attuativi entro il 2012. Positivo anche l’ampio spettro di proposte,
progetti e finanziamenti per la ricerca, ma d’altra parte non poteva
essere diversamente, visto che proprio il ministro Gelmini l’aveva
indicato recentemente come presidente del Cnr. Sul versante della
ricerca possiamo quindi sperare che tutti i finanziamenti e
opportunità potranno dare buoni risultati.
Il ministro ha elencato un cospicuo
numero di azioni prioritarie, tra cui il rilancio e sviluppo
dell’autonomia delle scuole, un nuovo modello di governance del
servizio scolastico, una legge quadro sul diritto allo studio, la
valorizzazione di alcuni importanti elementi della tradizione
scolastica, lo sviluppo professionale dei docenti, lo sviluppo del
sistema nazionale di valutazione, il recupero delle aree scolastiche
più compromesse, la promozione del merito e dell’eccellenza. Poi
un’attenzione particolare il ministro ha riservato all’edilizia
scolastica e alla messa in sicurezza degli edifici scolastici.
Certamente queste priorità rispondono a quelle che sono le
aspettative e le esigenze della scuola italiana e adesso bisogna
vedere, tra interventi di semplificazione e di “oliatura”, come dice
il ministro, se effettivamente questi buoni propositi potranno
trasformarsi in ulteriore cambiamento reale per la scuola.
Per quel che mi riguarda, nella seduta
di ieri ho ribadito innanzitutto che dobbiamo riflettere su due
grandi questioni. Innanzitutto la buona qualità degli studi: per
troppo tempo ci siamo preoccupati dell’uguaglianza e delle
opportunità educative, dell’inclusione, della scolarizzazione di
massa, e abbiamo tralasciato tutte le buone pratiche per
l’eccellenza e la valorizzazione dei talenti. Ho posto quindi un
quesito al ministro, cioè se prevede strategie per l’eccellenza
anche sulla lezione del testamento spirituale che ci ha lasciato
Steve Jobs.
Non sono tra coloro che lo vogliono
considerare un modello e una persona ideale da emulare, ma
certamente la sua storia può avere un valore istruttivo e
ammonitorio. La scuola americana, e con lei molta di quella
occidentale, si è rivelata inadatta e storicamente inadeguata a
produrre eccellenza, e anche la nostra scuola vive ancora di
sufficienza. La prima questione quindi che ho illustrato al ministro
è che dobbiamo cercare assolutamente dei metodi per individuare
precocemente l’eccellenza nella nostra scuola, coltivarla e
chiederci quanti Jobs ci sono da noi in questo momento. Una volta
individuati, bisogna abbreviare i percorsi superiori, offrire borse
di studio e inventare altri modi per portare queste intelligenze
verso quei settori più avanzati della ricerca che sappiamo già
costituiranno le fonti di sviluppo del XXI secolo, come l’incrocio
tra biologia e tecnologia.
La seconda sfida riguarda la docenza,
perché è chiaro che se parliamo di eccellenza per gli studenti, non
possiamo pensare di accontentarci di avere una docenza sempre più
vecchia e burocraticamente assegnata alle scuole. In piena coerenza
con la prima sfida, ho sensibilizzato il ministro sul fatto che sono
tantissime le criticità che riguardano la docenza italiana e che
queste non potranno essere risolte con un semplice concorso per
reclutare i giovani: è vero che l’età media dei docenti è altissima
e che anche le assunzioni, che pure ci sono state recentemente, non
hanno assolutamente prodotto un ricambio generazionale, ma hanno
stabilizzato nel migliore dei casi i docenti precari che lavoravano
da anni nella scuola.
Il tutto potrebbe andare ancora bene
se non fosse che abbiamo migliaia di giovani insegnanti laureati che
non hanno prospettiva se non cambia il sistema e il metodo di
reclutamento. Ho spiegato nei particolari al ministro i limiti anche
di una politica che voglia incentrarsi esclusivamente su una
modalità concorsuale, pur riservata ai giovani, e ho rilanciato la
discussione sull’approvazione del Pdl 953. Sì. Ho comunicato al ministro che c’è la volontà di tutta la Commissione di riprendere i lavori di quella legge per far sì che nel nostro Paese si giunga a un nuovo sistema di reclutamento: perché possiamo anche arrivare a fare concorsi più moderni e prevalentemente didattici, ma alla fine resterà sempre l’assegnazione burocratica degli insegnanti alle scuole, e questo non potrà mai produrre qualità, cambiamento e autonomia nelle scuole. Abbiamo allora rilanciato la nostra proposta, e ora che il regolamento sulla formazione è stato completato, intendiamo mettere questa proposta sul tavolo per introdurre il nuovo reclutamento in sede referente. Basterebbe questo a cambiare in pochi anni il sistema scolastico più di qualsiasi altra riforma della scuola. |