Zero titoli per un posto a vita all’università

 Il Fatto Quotidiano, 21.2.2012

I concorsi universitari di questi mesi sono gli ultimi con le vecchie regole. Soprattutto per i ricercatori sono gli ultimi che garantiscono il posto fisso. Ed ecco che prima all’università del Piemonte Orientale poi in quella dell’Insubria, vincono gli unici due candidati che non hanno alcuna pubblicazione vagliata da valutazione esterna. La buona notizia è che alcuni commissari non hanno votato per i vincitori. Ma non è accettabile che i ricercatori che hanno pubblicazioni sottoposte a giudizi rigorosi debbano sottostare a verdetti come quelli di Alessandria e Varese.
di Fausto Panunzi*, 21.02.2012, lavoce.info

 

In attesa che le nuove norme per il reclutamento dei docenti universitari, decise dall’ex-ministro Gelmini, entrino in vigore, si stanno svolgendo in questi mesi gli ultimi concorsi con le vecchie procedure. I posti da ricercatore di queste tornate concorsuali sono assai ambiti perché sono ancora per posizioni a tempo indeterminato, mentre secondo la nuova normativa i vincitori avranno contratti a tempo determinato con una valutazione finale che deciderà del loro passaggio alla tenure (cioè al posto a vita). Ma il fatto che si tratti degli ultimi concorsi con le vecchie regole non può giustificare esiti del tutto contrari a ogni elementare concetto di meritocrazia.

 

Prima nel Piemonte orientali…

Qualche mese fa, in un concorso per ricercatore per il settore SECS P01 Economia politica presso l’università del Piemonte Orientale, una candidata con zero pubblicazioni refereed (cioè soggette al vaglio di un valutatore) e zero citazioni (senza cioè che qualcuno avesse citato i suoi lavori) era stata dichiarata vincitrice. Anzi, per essere precisi: aveva vinto il concorso l’unica candidata con nessuna pubblicazione soggetta a valutazione esterna e nessuna citazione! (La tabella con le pubblicazioni può essere trovata qua). Tutti gli altri candidati avevano pubblicato qualcosa? Peggio per loro, aveva deciso la commissione. Poi, una petizione di un gruppo di ricercatori e dottorandi, dall’originale nome di “SECS in the cities”, appoggiata da professori con base sia in Italia che all’estero, aveva indotto il rettore del Piemonte Orientale a non firmare i verbali del concorso. Ma la soddisfazione è durata poco.

 

…Poi a Varese

Proprio la settimana scorsa, l’università dell’Insubria (sede di Varese) ha chiuso un concorso per ricercatore per il settore SECS P02 Politica Economica. La tabella con le pubblicazioni dei candidati la trovate qui. Il vincitore è facile da identificare: è quello che ha tutti zero nelle varie caselle. Leggendo i verbali del concorso si deduce che in realtà il vincitore ha una pubblicazione su rivista (di cui però non si riesce a trovare traccia sul web) e cinque capitoli di un unico volume collettaneo curato dal presidente del commissione giudicatrice. Tre di tali capitoli sono coautorati proprio con il presidente della commissione. Ognuno tragga le proprie valutazioni.
È bene dire che nei concorsi c’è sempre un margine di discrezionalità. Commissari diversi possono arrivare a conclusioni diverse sui meriti dei vari candidati. E gli indicatori bibliometrici non sono certo l’unico criterio da adottare nelle valutazioni comparative tra candidati. Ma i concorsi di Alessandria e Varese hanno questa peculiarità: i vincitori sono gli unici ad avere una serie di zeri negli indicatori bibliometrici, in altre parole, nelle dimensioni “oggettive”. Saranno anche dei ricercatori di talento che produrranno molto nel futuro, ma fino a oggi non ne abbiamo alcuna prova.

Nel caso dell’Insubria la situazione è peggiore di quella del Piemonte Orientale, dato che l’esito del concorso è già stato firmato dal rettore e certificato dal sito del ministero. Non so bene cosa si possa fare a questo punto concretamente. Ma due cose vanno dette. La prima è che in entrambi i casi un commissario su tre ha votato per un candidato diverso dal vincitore, mostrando che non tutti i docenti sono uguali. Non ripetiamo il solito refrain dell’università italiana senza meritocrazia, per favore. È vero spesso, purtroppo, ma non sempre. La seconda è che, come sa bene chi prova a mandare i suoi lavori alle riviste internazionali, l’attività di ricerca è per la maggior parte di noi una serie di schiaffi (sotto la forma di lavori respinti per la pubblicazione) interrotta da brevi momenti di felicità (le accettazioni). Molto più facile è la vita di chi scrive e pubblica senza sottoporsi alla disciplina della valutazione dei referee. Proprio per questo non è giusto e non è accettabile che i ricercatori che si sono impegnati e hanno pubblicato debbano sottostare a verdetti concorsuali come quelli di Alessandria e Varese da soli. Il nostro silenzio sarebbe per loro uno schiaffo in più.

 

* Ha conseguito il PhD presso il Massachusetts Institute of Technology. Attualmente insegna Economia Politica presso l’Università Bocconi