Mentre le udienze vanno a rilento,
gli insegnanti-testimoni chiedono il trasferimento

La preside e quel bidello trasformato in autista

Condannata dopo 7 anni, ma resta al suo posto.
Il collaboratore scolastico usato anche per la spesa e le commissioni in banca

Gian Antonio Stella Il Corriere della Sera, 14.2.2012

Come pensa di spiegare, lo Stato, ai ragazzi di un liceo di Messina, che occorre rispettare le regole? La loro preside è stata condannata perché usava un bidello come autista e cavalier servente per la spesa al supermercato. Eppure la dirigente è ancora lì, al suo posto. E han dovuto andarsene gli insegnanti che avevano testimoniato contro di lei.

Quella di Anna Maria Gammeri è una piccola storia esemplare. Che dimostra come, oltre ai contratti di lavoro di cui si discute in questi giorni, sia urgente mettere mano anche ad alcune storture inaccettabili nel mondo della giustizia (quasi sette anni per una sentenza di primo grado!) e della scuola. A partire dalle scelte del ministero della Pubblica istruzione: com'è possibile che, lanciando un messaggio omertoso agli studenti di quella scuola, di tutta Messina e dell'Italia intera, non si sia costituito parte civile nel processo contro quella sua dirigente che usava un bidello come lacchè?

Ma partiamo dall'inizio. Siamo nel 2005 e i magistrati ricevono un esposto. È anonimo, ma così ricco di dettagli, date, circostanze, che decidono di non buttarlo nel cestino ma di controllare se c'è qualcosa di vero. La Guardia di Finanza, come spiegherà la sentenza, si apposta e nel giro di qualche giorno accerta che è proprio così: la preside Anna Maria Gammeri utilizza un collaboratore scolastico, Nicola Gennaro, come fosse un servitore personale messo dallo Stato a sua completa disposizione.
Per cominciare, si fa venire a prendere a casa la mattina e riaccompagnare al pomeriggio come si trattasse di uno chauffeur. «Vado a prendere la preside» dice l'uomo ai colleghi uscendo di scuola. Manco fosse la cosa più normale del mondo, dirà il verdetto, ironizzando sulla tesi della difesa secondo cui l'accompagnamento della signora rientrava «nelle mansioni di servizio del Gennaro» in quanto lei non guidava «a suo dire, per scarsa inclinazione personale». Testuale: non era portata al volante...

Ma non basta. Gli investigatori accertano che la dirigente manda il bidello anche a sbrigare qualche commissione in banca e al supermercato: «In data 25 ottobre 2005, alle ore 09.25 l'autovettura condotta dal Gennaro veniva vista giungere presso l'abitazione della Gammeri, (...), e fermarsi in doppia fila. Egli scendeva dal veicolo, prelevava dal cofano n.3 borse della spesa ed entrava nel portone dove è ubicata l'abitazione della dirigente scolastica».
Il magistrato convoca un po' di testimoni. Giovanna Fichera, Natale Inferrera, Sebastiano Feliciotto, Giovanni Parisi, Daniela Picciolo, Teresa Saccà, Geremia Melara... Quelli confermano: tutto vero. Gli investigatori vanno a vedere le tabelle degli straordinari e salta fuori che Nicola Gennaro risulta essere uno stakanovista infaticabile. Accumula ore su ore. «Almeno quattrocento l'anno» accusa Daniela Picciolo, della Gilda, sindacato dei docenti.

Insomma, c'è quanto basta per il rinvio a giudizio. A quel punto la Gilda chiede per la donna una sospensione cautelare. Macché: la lasciano al suo posto. Anzi, come riconoscerà la sentenza, la preside ne approfitta per creare intorno ai suoi protetti, cioè il bidello-attendente e chi altri le reggeva la corda, «un'aurea di intangibilità». Di più: ne approfitta per «disincentivare gli altri dipendenti dal presentare esposti o segnalazioni al riguardo».
Il risultato sarà sconcertante: mentre le udienze vengono rimandate una dopo l'altra (sette rinvii per arrivare alla prima udienza dibattimentale!) tutti i professori e i collaboratori che avevano testimoniato a carico della preside, sentendosi a torto o a ragione esposti a ogni genere di ripicca, chiedono uno dopo l'altro il trasferimento in un altra scuola. E il ministero, come dicevamo, non si costituisce parte civile.

Il processo, intanto, non arriva mai a chiudersi: c'è per caso lo zampino della massoneria? Se lo chiede sul suo blog il cronista Antonio Mazzeo in un articolo di denuncia. Dove ricostruirà il ruolo di Anna Maria Gammeri come «Commendatore del Sovrano Ordine Imperiale Bizantino di San Costantino il Grande» e «relatrice in importanti convegni nazionali della famiglia massonica del Supremo Consiglio d'Italia e San Marino».
Finalmente, sei anni dopo la prima denuncia e cinque dopo il rinvio a giudizio, arriva la sentenza. È il 24 ottobre 2011. Il giudice monocratico Bruno Sagone, ricordando che tutte le deposizioni dei testimoni «appaiono perfettamente sovrapponibili, concordando univoche nello stigmatizzare questa "cosa un po' curiosa" che appariva prassi costante ("li vedevo sempre", "tutte le mattine", "era un'abitudine")» sancisce che la donna ha compiuto «"artifici e raggiri" finalizzati a conseguire, tramite l'uso privatistico dei propri poteri e funzioni, un ingiusto profitto». E la condanna la preside a 10 mesi di reclusione e 400 euro di multa. Quanto al bidello, 7 mesi e 300 euro di pena pecuniaria. Pene evaporate per entrambi grazie al condono del 2006.

Da allora, come sottolinea scandalizzato un comunicato del coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio, la preside e il bidello sono ancora al loro posto. Nonostante sia «prioritaria la tutela dell'interesse pubblico che si concretizza nel ripristino della legalità e della serenità dell'ambiente del suddetto liceo». E il ministero? Tace. Proprio un bel segnale di pulizia e di legalità, per gli alunni di quella scuola...