Professori, e la scuola?

Dai governi politici ai governi tecnici la prassi è una sola:
fare promesse e non mantenerle.

R.B. da Professione Docente marzo 2012 

Non ci siamo certo dimenticati dei motivi che hanno portato alla sostituzione del governo precedente con un governo tecnico, motivi seri e gravi che vedevano il nostro Paese in una crisi economica di portata pericolosissima. Avevamo (e abbiamo ancora) ben chiara la consapevolezza che avremmo tutti dovuto sopportare grandi sacrifici per tentare di ritornare credibili nel mercato internazionale.

La presenza di Professori di vaglia al governo appariva come una garanzia: chi, più di un sindacato di docenti, può essere confortato dal fatto che dei Professori siano chiamati a governare?

Sembrava una buona prospettiva, magari per chiudere un´epoca di disprezzo verso la cultura e i docenti e immaginando altresì che i Professori avrebbero guardato alla scuola con l´interesse che essa merita. Anche se restano saldi rispetto e considerazione per una rappresentanza istituzionale di grande livello, pur tuttavia, a pochi mesi di distanza, invece, dispiace dover segnalare una certa delusione.

Sulle misure si è già detto nell´articolo di Rino Di Meglio Lo spread tra i sacrifici, che ha sottolineato la mancanza totale di equità nel fatto che "che questi sacrifici siano stati scaricati ancora e soltanto sulle spalle dei cittadini comuni e che quasi nulla sia stato fatto per eliminare gli sprechi e i privilegi di un ceto politico che è ormai una vera e propria casta inamovibile" e si è già fatto con lo sciopero della Gilda e degli altri sindacati il 19 dicembre 2011.

Ora dobbiamo anche aggiungere alcune inaspettate affermazioni del primo Ministro e di altri Ministri sui giovani e sul lavoro precario. Uscite inadeguate e fuori contesto che hanno reso palese una loro distanza elitaria dalla situazione di chi nulla sa del lavoro sicuro, durevole, e vive un´esistenza arrabattata, esposta alle durezze del mercato, difficilmente conciliabile col proposito di far figli, guardata con sistematica diffidenza da banche che non fanno credito se non a redditi solidi e costanti.

Sembra che questi ministri tecnici in questi casi si dedichino alla pedagogia e tralascino invece di dire ai cittadini a quali soluzioni stanno pensando per risolvere problemi enormi, oggettivi, che non svaniscono certo con inviti sentimentali. Per ora, lo spazio della politica è occupato solo da interventi punitivi e non propositivi e di rilancio.

Dell´istruzione poi non si parla nemmeno. Il primo Ministro non le dedica che, raramente, qualche nota più formale che sostanziale. Il ministro della Pubblica Istruzione, Profumo, è aperto più alle grandi opere (e-book, insegnamento telematico "e dunque una scuola proiettata nel futuro non può limitarsi a un´interazione unica e statica che si estrinsechi nel professore in cattedra e nello studente al banco di fronte. Una mezza rivoluzione nel modo di insegnare le diverse discipline attraverso le più moderne tecnologie informatiche". - per risparmiare ancora sui docenti? -) e trascura quella fondamentale manutenzione dell´ordinario (stato delle strutture scolastiche, fondi inesistenti per la normale gestione dell´istruzione e così via...) che è la base di ogni proiezione futuristica.

Poca attenzione ai docenti, ancora una volta non reputati interlocutori da consultare, ma - ahinoi - trattati al modo di una politica poco tecnica e molto politicante e cioè come soggetti da penalizzare più degli altri pubblici dipendenti e a cui anche fare promesse che poi non vengono mantenute.

Ne sono prove evidenti:

1) le norme pensionistiche che non hanno considerato la particolarità dell´organizzazione del lavoro nella scuola;

2) gli scatti di anzianità sottratti solo agli insegnanti - e non al resto del pubblico impiego - e non ancora restituiti, malgrado gli impegni anche del ministro Profumo.

Per questo non si poteva tacere. Non si poteva acconsentire in silenzio ad una prassi che si tramanda da governi politici a governi tecnici avvilendo il più importante fattore di crescita di un Paese e i suoi protagonisti.

La Gilda ha detto no a tutto questo, assumendosi la responsabilità dello sciopero del 3 marzo, con una grande manifestazione al Teatro Quirino di Roma. Per non abbassare la guardia della protesta e per dire che dei professori, proprio no, della scuola non debbono dimenticarsi!

(R.B., da Professione docente, marzo 2012)