IL DOSSIER
Internet per tutti, scuola e sanità In calendario giovedì la riunione dei cinque ministri della "cabina di regia". L'obiettivo è attivare la domanda da parte del 40 per cento delle famiglie che non si collega alla Rete. Nel progetto del governo la nascita delle "Smart City" Riccardo Luna la Repubblica, 6.2.2012
NON SOLO buchi e cavi
di fibra ottica, ma anche opere di bene, cioè servizi al cittadino.
Con ritardo di quasi due anni, prende forma l'Agenda digitale:
ovvero la strategia per portare l'Italia nel futuro con l'utilizzo
di Internet. È lo strumento fondamentale per creare posti di lavoro
e far crescere l'economia nell'era del web. Presentata nel maggio
2010, la Digital Agenda è uno dei 7 "obiettivi faro" dell'Ue per
avere una crescita "inclusiva, intelligente e sostenibile". Il
traguardo è il 2020, ma è previsto un obiettivo intermedio molto
sfidante: portare la banda larga di base (ovvero due megabit al
secondo) a tutti i cittadini europei entro il 2013. La rincorsa
italiana è partita: il 15 dicembre sul sito del ministero dello
Sviluppo Economico è stata aperta una consultazione di un mese. Il 3
febbraio il Consiglio dei ministri, nel decreto Semplificazione, ha
approvato la nascita di una "cabina di regia" di 5 ministri. Fra
questi un ruolo fondamentale lo giocherà Francesco Profumo che oltre
a Scuola Università e Ricerca ha la delega per la Innovazione e che
ha integrato l'Agenda digitale. Giovedì la prima riunione.
Quando si parla di
servizi al cittadini attraverso la rete, ci si riferisce ad uno
strumento principale: "l'e-government in una logica di open
goverment". Non vuol dire solo fare i certificati online ma avere
una pubblica amministrazione aperta e trasparente, che favorisca la
partecipazione attiva dei cittadini, riducendo i costi e i tempi del
servizio. (Si tratta di una delle grandi rivoluzioni in corso: lo
scorso 20 settembre Brasile e Stati Uniti hanno promosso la Open
Government Partnership alla quale hanno subito aderito oltre
settanta paesi, Italia compresa: e il prossimo 17 aprile a Brasilia,
si terrà il primo summit mondiale). In questo quadro c'è una totale
adesione all'Open access dei dati pubblici (Open Data). Il portale
nazionale dei dati pubblici varato lo scorso 18 ottobre (dat. gov.
it) sarà potenziato con tre obiettivi: consentire al cittadino
decisioni informate; favorire lo sviluppo di applicazioni e modelli
imprenditoriali di successo; garantire la trasparenza e quindi la
responsabilità dei politici per i loro atti. Uno dei primi settori
in cui questa strategia open-gov verrà attuata sarà la scuola: la
messa in rete dei dati è già iniziata.
Affinché la rivoluzione
digitale della pubblica amministrazione sia efficace ed efficiente,
sono necessarie due condizioni. La prima: tutte le soluzioni
adottate dovranno essere "aperte e interoperabili" (oggi spesso i
documenti di una amministrazione non sono leggibili da un'altra
semplicemente perché sono scritti in un formato diverso). Questo
vuol dire una scelta netta e definitiva in favore del software open
source, rispetto a soluzioni "chiuse, proprietarie e idiosincratiche
a determinati ambienti tecnici o a dispositivi specifici". La
seconda condizione è creare una infrastruttura nazionale di cloud
computing: ovvero portare i dati, i server e le applicazioni SU "una
nuvola". Questa politica non solo garantirà risparmi (minori costi e
servizio sempre garantito), ma favorirà la standardizzazione
necessaria per valorizzare il patrimonio di dati e le conseguenti
applicazioni civiche. Saranno la scuola e la sanità i primi settori
interessati da questa novità, mentre le regioni che ospiteranno i
data center sono "le regioni del Sud percorse da dorsali potenti
della connettività internazionale, in particolare Sicilia e
Sardegna".
Tutte le azioni sul
fronte dalla ricerca e della innovazione, per evitare dispersione e
confusione, si muoveranno nel quadro del progetto "città
intelligenti" (Smart Cities) che diventa "parte integrante della
Agenda Digitale". Si tratta di una visione di una città del futuro
in cui "una grande infrastruttura tecnologica e immateriale faccia
dialogare persone ed oggetti, integrando informazioni e generando
intelligenza, producendo inclusione e migliorando il nostro vivere
quotidiano". In una città intelligente è possibile costruire una
agenda della innovazione sociale che partendo dai tantissimi dati
ricevuti ed elaborati in tempo reale, consenta di affrontare
problemi complessi come "la riduzione delle emissioni inquinanti, la
nuova mobilità, abitazioni più sostenibili, una sanità più
efficiente, un welfare equo e tecnologico per una società che
invecchia". Il progetto Smart City si configura come un
progetto-Paese: "il modello di sviluppo attorno al quale disegnare
il vestito tecnologico della Agenda Digitale". Far questo ha anche
motivi pratici: utilizzare con un forte coordinamento i fondi
strutturali ancora disponibili e quelli previsti dal 2013 al 2020.
La premessa è che
l'attuale Rete è sufficiente per sostenere l'offerta di servizi
digitali ai cittadini: sono i servizi ad essere largamente
insufficienti. Per questo, all'indispensabile investimento in
infrastrutture, vanno affiancate azioni per far crescere "la domanda
di Internet" (oggi circa il 40% degli italiani sono in digital
divide volontario, ovvero non si collegano alla Rete pur abitando in
zone coperte). Le norme del decreto Semplificazione, che impongono
l'uso del web nel dialogo fra Pubblica Amministrazione e cittadini,
vanno in questa direzione. Ma perché la strategia si riveli
efficace, la connettività "dovrà assicurare diffusione rispetto
all'obiettivo di garantire alte prestazioni": tradotto, vuol dire,
prima si porta Internet di base a tutti (ovvero a quel 6% di
italiani ancora al buio), e poi si pensa alla fibra ottica
superveloce da 100 megabit. E' un rovesciamento della strategia
precedente. Non solo. Il documento Profumo propone di superare una
impostazione per cui la connettività va assicurata "fino alla porta
di casa", alla famiglia o alla singola impresa; per puntare sui
grandi spazi pubblici come scuole, piazze, locali pubblici. Il successo di una Agenda Digitale così costruita poggia sul rafforzamento delle capacità tecnologiche delle imprese esistenti e degli enti di ricerca e scommette sulla nascita di nuove imprese guidate da giovani innovatori. Essenziale favorire la nascita di startup (in questo senso va letta l'imminente istituzione della società semplificata con un euro di capitale riservata agli under 35); e aumentando la disponibilità di capitale di rischio (di qui discende la decisione del fondo per la innovazione di destinare 50 milioni di euro al venture capital). Tutto ciò favorirà un nuovo tipo di distretto tecnologico, "nel quale prevalgono i criteri di specializzazione e concentrazione territoriale delle competenze, con una bassa incidenza di infrastruttura fisica rispetto a quella immateriale e con un forte coinvolgimento della pubblica amministrazione quale sperimentatore attivo di nuove tecnologie ed applicazioni nel perimetro della Smart City". Potrà giocare un ruolo l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie della innovazione che fin qui si era occupata di promuovere mini-expo all'estero e invece "sarà restituita alla sua missione originaria". |