L’Agenzia delle entrate: scuole libere il Sussidiario 2.2.2012
L’Agenzia delle entrate sta lavorando
alla messa a punto del nuovo redditometro e nelle cento voci che
compongono la capacità di spesa delle famiglie italiane c’è anche
l’istruzione. È allarme per tutte quelle famiglie che, avvalendosi
di una libertà di scelta garantita dallo Stato, e spesso
sobbarcandosi grandi sacrifici, mandano i propri figli nelle scuole
non statali. Ilsussidiario.net ha chiesto spiegazioni all’Agenzia
delle entrate. Parla Antonella Gorret, portavoce dell’Agenzia.
No. La cosa più importante da capire,
per quanto riguarda il nuovo redditometro, è che esso è improntato a
principi di coerenza. Prevede un paniere di 100 voci esattamente a
questo scopo, quello di mettere insieme il più ampio numero di
fattori che concorrono a determinare la capacità di spesa e il
reddito – appunto – coerente con la capacità di spesa del
contribuente. In più, le singole voci di spesa hanno ciascuna un
peso relativo. Veniamo, nello specifico, alle scuole. Quel che è
certo, è che saranno rilevanti ai fini del calcolo solamente le
scuole di prestigio con rette molto elevate; certamente non tutte le
scuole private tout court.
Vuol dire che la spesa per scuole e
veterinari non avrà la stessa rilevanza di una seconda – o terza –
casa, di un circolo ricreativo costoso o dell’auto di lusso.
Non si andrà a prendere la scuola che
ha una retta di duemila o tremila euro, per intenderci: l’esempio,
cioè, di una voce che potrebbe essere trattata alla stessa stregua,
in ipotesi, della revidenza complementare. Sulla determinazione die
parametri per ora non posso dire molto di più. Posso solo dire che
vi saranno comprese le scuole che influiscono in modo importante
sulla capacità di spesa. Con una precisazione importante la spesa
per l’istruzione viene pesata nel paniere, ma il riultato finale
deve essere «coerente» con il reddito.
Il principio è semplice: se il
contribuente spende 100mila euro l’anno e ne dichiari 15-20mila,
vuol dire che qualcosa non torna e l’Agenzia ha il dovere di venire
a controllare che succede. In altri termini, tra la capacità di
spesa e il reddito deve esserci coerenza. Se tra i due c’è un gap
sospetto, scatta il «semaforo» giallo: si accende un indice di
rischio, che viene monitorato e che occorre valutare. Rimaniamo al
caso che qui ci interessa: una famiglia che fa sacrifici per mandare
i figli in una scuola non statale e non ha altri tipi di spesa
importanti – e con importanti intendo: indice di un «altro» tenore
di vita – non deve preoccuparsi: il reddito sarà coerente.
Stiamo tarando il redditometro non con
i contribuenti ma «a monte», con sindacati, associazioni di
categoria e professionisti. Essi ci stanno fornendo una platea
sperimentale di iscritti, persone reali ma anonime, che ci
consentono di capire se lo strumento funziona o meno. Proprio perché
non vogliamo sbagliare, e vogliamo uno strumento che funzioni. I
test finiranno a fine febbraio, a quel punto vedremo se fare nuovi
test oppure se le associazioni ci diranno che va bene. Il lancio a
quel punto, come anticipato dal direttore Befera, avverrà entro
giugno.
Attraverso la messa online di un
software che servirà ai contribuenti per orientarsi. In pratica, un
form elettronico costituito di campi che il contribuente potrà
implementare con le proprie voci di spesa. Il calcolatore elabora i
dati, e dice: il tuo reddito dovrebbe essere di 50mila euro. Se io
finora, facendo il furbo, ne ho dichiarati 20mila, sono sull’avviso
e so che posso incappare nei controlli. In altre parole, il
redditometro avrà anche una funzione di moral suasion, perché non è
possibile controllare tutti e l’Agenzia lo sa benissimo: il
personale dell’Agenzia che fa i controlli è di 15mila unità, le
dichiarazioni degli italiani sono 40milioni, comprese le partite Iva
e i lavoratori dipendenti e i pensionati che possono avere il
secondo lavoro... Mettere lo strumento online vuol dire per tutti
poter controllare la propria situazione, in forma anonima, prima
della dichiarazione effettiva e quindi prima di potere essere
passibili di reale accertamento. Sì, perché serve a individuare i furbi, mentre gli onesti non hanno nulla da temere. Ripeto, un conto è pagare rette altissime al nido nel contesto di un volume di spesa «normale»; altra cosa affiancare a questa voce un domestico, una seconda casa e auto di lusso dichiarando redditi non coerenti. |