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         LAVORO Fornero: "Riforma si farà con o senza dialogo" Articolo 18, nuova polemica con i sindacati Incontro del ministro del Lavoro con le parti sociali: "Clima positivo e di collaborazione. Dobbiamo chiudere in due o tre settimane". Il presidente di Confindustria: "Reintegro per tutti i casi di licenziamento discriminatorio". Bonanni: "Governo sia cauto". Camusso a Monti: "Niente battute" la Repubblica, 2.2.2012 
			
			ROMA - Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, va avanti 
			con fermezza: l'esecutivo proseguirà comunque sulla riforma del 
			mercato del lavoro, con o senza l'accordo con le parti sociali. 
			Durante il nuovo incontro a Palazzo Chigi, al quale non ha 
			partecipato il premier, Mario Monti, il ministro ha chiarito più 
			volte che "il governo non intende perdere questo treno" e varerà la 
			riforma "con o senza accordo entro due o tre settimane". E anche 
			sulla riforma delle pensioni Fornero non vacilla: "Non si tocca, non 
			voglio essere arrogante, ma ha determinato la riduzione dello 
			spread", ha detto nell'incontro a Palazzo Chigi. Ma a catalizzare 
			l'attenzione delle parti sociali è, ancora una volta, il dibattito 
			sull'art.18. Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia dice 
			di condividere gli obietivi del governo, ma sul licenziamento dice: 
			"Il reintegro deve valere per tutti i casi discriminatori". Dai 
			sindacati l'invito al governo a muoversi con cautela su questo 
			delicato terreno e una frecciata al premier viene scagliata dal 
			segretario generale della Cgil, Susanna Camusso: "Più che fare delle 
			battute bisognerebbe indicare (ai giovani) quale strada il Paese 
			intende intraprendere". Il ministro ha ribadito a sindacati e industriali la volontà del governo di "distinguere la flessibilità buona da quella cattiva", primo di quattro obiettivo del governo. Gli altri tre sono una distribuzione uniforme delle tutele "sia nei segmenti di lavoro, sia nel ciclo di vita della persona", formazione e apprendistato, potenziamento delle politiche attive e dei servizi al lavoro. Fornero ha quindi aperto alla "flessibilità" anche nella trattativa. In alternativa ai tavoli, il ministro ha infatti proposto la costituzione di "gruppi di lavoro flessibili" per ragionare sui capitoli della riforma. "Abbiamo tempi stretti, pertanto il governo è disponibile a parlarvi congiuntamente o separatamente, già dalla prossima settimana" ha aggiunto il ministro, lasciando comunque a sindacati e imprese la libertà "di organizzarvi come credete". Marcegaglia: "Art.18 solo per discriminazioni". La riforma del mercato del lavoro "è fondamentale Condividiamo completamente l'obiettivo di una maggiore occupazione e di un aumento dei salari", ha detto il presidente di Confindustria, che appoggia gli obiettivi del governo, soprattutto considerato che "l'unione europea, i mercati e gli investitori aspettano di vedere come faremo questa riforma". Ma si sofferma sulla questione dell'art.18, spiegando che "crea dicotomia drammatica, pesantissima all'interno del mercato del lavoro. Questo tema è posto, è sul tavolo'' della riforma, ha sottolineato. Poi ha illustrato quali sono i casi in cui è indispensabile considerare il reintegro: "Pensiamo - ha detto - che il tema del reintegro deve valere per tutti i casi di licenziamenti discriminatori o casi per cui la legge dice che il licenziamento è nullo. Ci sono casistiche molto chiare per cui la reintegra deve valere. È un fatto di civiltà. In tutti gli altri casi - ha aggiunto la leader degli industriali - dobbiamo diventare europei. Ci deve essere un'indennità di licenziamento". Infine ha aggiunto: "Il ministro Fornero ha parlato di licenziamenti per motivi economici, senza il tema del reintegro, ma solo con l'indennità di licenziamento. Il tema è sul tavolo". 
			La Marceglia, poi, ha 
			parlato anche di cassa integrazione: "Sugli ammortizzatori sociali 
			il ministro ha spiegato che uno strumento di cassa integrazione 
			ordinaria e, questa volta anche su nostro suggerimento e dei 
			sindacati, ha aggiunto anche di cassa straordinaria, che serve per 
			ristrutturazioni e riorganizzazioni industriali, verrà mantenuto''. 
			Non è mancato, infine, un riferimento alla
			
			dichiarazione di Monti sul posto fisso 
			1: "Non penso che il posto di lavoro sia monotono, 
			ma bisogna prendere atto che in questa situazione il posto fisso non 
			c'è più. Credo che Monti lo dicesse in questo senso", è stato il 
			commento del presidente di Confindustria, alle parole del premier 
			Mario Monti. "Penso - ha aggiunto - che Monti lo dicesse nella 
			logica per cui per un giovane fare più esperienze è utile, 
			arricchisce, crea più professionalità". 
			
			Il segretario generale della Cgil ha 
			poi affrontato il tema delle pensioni, dicendo: "Continuiamo a 
			indicare al governo che la modalità con la quale sono intervenuti 
			sulle pensioni ci apre molti problemi, occorre ragionare su questo". 
			Infine, sull'art. 18, la Camusso si è limitata a dire: ''Le opinioni 
			le conoscete. Confindustria si fa prendere un po' la mano sulla 
			scorciatoia dei licenziamenti, ma il problema non è quello". Poi ha 
			aggiunto, lanciando una frecciata a Monti: "In questo momento ci 
			sarebbero in Italia tantissime persone che sarebbero felici di 
			annoiarsi, ma ce ne sono moltissime che non si possono annoiare 
			perché stanno cercando disperatamente un posto di lavoro. Più che 
			fare delle battute bisognerebbe indicare loro quale strada il Paese 
			intende intraprendere''. 
 
 laurea, ma non ancora laureati a 28 anni, ha suscitato mille polemiche, anche perché una percentuale sempre più alta di dottori italiani una volta laureati restano al palo per effetto della crisi e della disoccupazione giovanile. Ma il problema esiste senz'altro: il prolungamento della permanenza tra le aule universitarie oltre il corso ordinario degli studi si traduce in un'enorme spesa pubblica che ricade sulle spalle dei cittadini. Gli "sfigati". Nell'anno accademico 2009/2010, erano il 22,9 (412 mila) per cento del totale. Si tratta della percentuale di ragazzi e ragazze con almeno 27 anni di età, che nella migliore delle ipotesi conseguirà l'agognato pezzo di carta a 28 anni. In genere, l'ingresso all'università avviene a 18 o 19 anni, subito dopo il diploma della scuola superiore. E a 27 anni sono già otto oppure nove, gli anni di permanenza all'università. Ci sono poi i "semi-sfigati", coloro che hanno 25 o 26 anni, ma si trovano ancora nel tunnel: un altro 11,2 per cento. Tra questi ultimi potrebbe esserci anche qualche studente lavoratore, che più probabilmente albergherà tra quel 14,7 per cento di over 30, non più giovanissimi ma ancora alle prese con esami e statini. 
			
			I laureati fuori-corso. 
			Il problema dell'allungamento oltre il regolare corso degli studi 
			può essere dovuto a diversi fattori. In genere ci si blocca per una 
			o due materie "disgraziate" sulle quali si resta impigliati per 
			mesi, ma ci sono coloro che dopo avere studiato alcuni anni, si sono 
			messi a cercare lavoro, allungando la permanenza all'università, per 
			evitare di gravare ancora sulla famiglia. In altri casi, il percorso 
			universitario è particolarmente tortuoso e induce a perdere tempo: 
			materie che si accavallano, scritti, orali, materie collegate tra 
			loro e corsi monografici. Sta di fatto che in Italia laurearsi 
			fuori-corso è più facile che laurearsi in regola. Nel 2010, su 289 
			mila laureati, il 56 per cento (162 mila) ha finito per prolungare 
			il percorso oltre il limite massimo. Tra i meno virtuosi troviamo 
			quelli del gruppo giuridico e del gruppo architettura, col 69 per 
			cento di laureati fuori-corso. I più rapidi sono i laureati del 
			gruppo medico: con "appena" 22 futuri camici bianchi in extra time.  |