Tutta colpa di…
Tutta colpa dei testi
narrativi, del “singhiozzo statistico”, di Cosimo De Nitto Educazione & Scuola 16.12.2012 Sul Corriere della Sera Alessandra Mangiarotti cerca di riflettere sul ”Perché le nostre bambine leggono peggio di 5 anni fa“ come segnala l’IEA con le sue rilevazioni che servono a compilare la classifica PIRLS. Nell’articolo si intervistano Mauro Palumbo, sociologo, e la scrittrice Chiara Gamberale, per due passaggi veloci e, soprattutto, viene affidato a Roberto Ricci il compito principale di un’analisi dettagliata del perché le bambine leggono peggio di 5 anni fa. Se prima di aver letto questa intervista di Roberto Ricci, responsabile dell’area prove dell’Invalsi, ero solo per una diversa gestione e funzione dell’INVALSI, dopo averla letta sono per la totale chiusura e bonifica dell’Istituto, capendo sempre più quanto male facciano questi signori alla scuola, quanta responsabilità hanno dell’arretramento della stessa, dell’insignificanza della loro azione basata sull’incapacità di “leggere”, interpretare la realtà scolastica, indicare soluzioni sistemiche strutturali. Che la lettura della realtà debba ancora farla l’IEA dimostra l’inutilità di un INVALSI strumento di propaganda delle sciagurate politiche ministeriali, che non fa ricerca, ma ha solo la pretesa di divenire strumento di “valutazione” meritocratica, ripeto ”pretesa” di fornire indicazioni e indirizzi per “orientare” il sistema scolastico, ruolo che non gli compete. Ho ascoltato con le mie orecchie al convegno nazionale del GISCEL un altissimo funzionario e dirigente dell’INVALSI affermare che i questionari “riformano” la scuola più di qualsiasi intervento legislativo. A chi addebita l’arretramento delle capacità di lettura dei bambini e delle bambine della 4 elementare il nostro Ricci? 1) Al fatto che nell’educazione alla lettura le scuole, e gli insegnanti, si basano solo sui “tradizionali testi narrativi” e ignorano altre tipologie testuali come i testi informativi, giornalistici, iconici. Su che basi fa questa affermazione il Ricci non si sa, non lo dice. L’INVALSI ha fatto dei rilevamenti, studi, ricerche finalizzate, o si è occupato solo dei quiz? Le abilità linguistiche sono 4: ascolto, parlato, lettura, scrittura, va ricordato, qui se ne prende in esame solo una. La varietà delle tipologie testuali è al fondamento dell’educazione non solo alla lettura, ma linguistica in generale. A me risulta che la maggior parte degli insegnanti comincia a lavorare proprio con i testi descrittivi, narrativi e informativi, che oltre tutto sono i più semplici da capire e da costruire. Non possiamo addebitare nessuna colpa al testo narrativo che resta fondamentale in questo ordine di scuola, come gli insegnanti della primaria sanno bene. I testi “giornalistici”, poi, bisognerebbe specificare quali, perché sono tanti e di diversissima specie, compresa quella molto difficile del testo argomentativo. Ovviamente resta fuori il testo poetico-letterario considerato dai nostri rilevatori una follia da evitare in una società del mordi e fuggi, del fast food consumato in piedi, del Mc Donald’S tutto hamburger e hot dog, e, per digerire, “pillole” della cultura. Una visione riduttiva e pragmatica della lingua che fa da pendant ad una visione economicistica, produttivistica, aziendalistica della cultura. 2) Al “singhiozzo statistico”. Non mi intendo di singhiozzi e meno che mai di quelli statistici, ma forse vuol dire che capita che una infornata di ragazzini possa venire meno attrezzata per colpa della statistica. Per cui necessariamente i bambini devono essere meno bravi, non potendo smentire la statistica. Sono dunque i bambini che si devono adeguare alla statistica, non il contrario. Che bel determinismo!) 3) A “Una diversa predisposizione delle nuove generazioni”. Ecco, ritorna la storia dei “nativi digitali” che all’occorrenza diventano, vuoi “i nativi tecnologici”, vuoi “i nativi analfabeti”. Spero che un giorno si mettano d’accordo e magari li definiscano solo “bambini”, come sono sempre stati nel tempo e negli ambienti che (qui sì purtroppo) “a singhiozzo” mutano, a seconda del contesto socio-economico in cui sono vissuti e vivono. 4) Al quarto punto la colpa viene data alla “popolazione scolastica più debole” che, pur nel suo diritto ad essere aiutata e portata avanti (come è buono lei, Dr. Ricci!) ha tuttavia causato l’appiattimento verso il basso. Chi sono i soggetti che compongono la “popolazione scolastica più debole”? I diversamente abili, tutti coloro che accusano DSA (dislessia, disgrafia, discalculia, ipercinesia, ecc.), coloro che accusano ritardi e difficoltà di adattamento linguistico e culturale come gli extracomunitari, i rom ecc., coloro che provengono da luoghi e ambienti sociali degradati, coloro che provengono da situazioni familiari molto compromesse ecc.. A tutte queste categorie di bambini che costituiscono spesso parte preponderante delle classi, il Ricci aggiunge anche i maschietti che si classificano solo su base di genere, e il gioco è fatto. Tutte le bambine che non fanno parte delle categorie sopracitate, sono dunque arretrate perché la scuola ha seguito gli altri ed ha abbandonato loro. Quindi la colpa di tutte le colpe per cui le bambine sono peggiorate è della “riduzione del divario tra i sessi”. Gli insegnanti hanno livellato al ribasso (maschietti con l’appoggio dei disgraziati) anziché al rialzo (femminucce fortunate). Roba da matti! Al di là dell’inconsistenza delle ragioni e spiegazioni addotte dal Ricci colpisce l’assoluta contraddittorietà e mancanza di respiro di questa presunta analisi. Sono del tutto ignorate le condizioni oggettive e strutturali, sono ignorate le influenze che possono aver avuto le cosiddette “riforme” Moratti-Fioroni-Gelmini-Profumo dal 2001 ad oggi. A tale proposito avrei delle domandine da porre.
At last but not last
Per non parlare poi di una scuola che va oltre l’elementare leggere, scrivere e far di conto. |