L’istruzione tecnica e professionale
Le ragioni di una scelta
di Maurizio Tiriticco Educazione & Scuola
1.12.2012
John
Naisbitt:
“Chi non cresce è destinato a morire“
Entro qualche mese gli
studenti della terza media e le loro famiglie dovranno scegliere una
delle quattro opzioni che sono loro offerte: il liceo, l’istituto
tecnico, l’istituto professionale, tutti di competenza statale, e
l’istruzione e formazione professionale, di competenza regionale.
Com’è noto, si tratta di percorsi che sono stati recentemente
riordinati e sui quali, da parte dell’opinione pubblica non sempre
vi è una conoscenza compiuta. Vanno comunque ricordate tutte le
iniziative che i singoli istituti superiori attivano per far
conoscere agli alunni della scuola media il piano della loro offerta
formativa, in altri termini le finalità e gli obiettivi che si
propongono e i corsi che attivano.
Indubbiamente, non sarà
cosa facile la scelta. C’è il peso di una tradizione – per certi
versi tutta italiana – che vuole che gli studi liceali siano i più
difficili, ma aprano prospettive di lavoro di un certo livello, le
cosiddette professioni liberali, sancite dalle lauree universitarie,
e che gli altri percorsi siano meno impegnativi e aprano le porte a
un mondo del lavoro altrettanto meno impegnativo. Oggi non è più
così! Non è un caso che gli operai della Fiat di Pomigliano
indossino oggi tute bianche al posto delle tute blu di un tempo: non
c’è più lavoro, oggi, che sia soltanto manuale! Se poi consideriamo
tutte le criticità che oggi ci affliggono, la disoccupazione
giovanile, le difficoltà sempre crescenti che certe aziende
incontrano, allora le scelte che le famiglie devono operare si fanno
veramente più difficili. Occorre anche considerare che, mentre
l’inoccupazione giovanile sembra crescere anno dopo anno, le offerte
di lavoro avanzate dalle aziende in ordine a mansioni molto
particolari non hanno alcuna corrispondenza con la domanda. I casi
sono due: o i giovani ignorano volutamente questa offerta o non
hanno conseguito nei loro percorsi di studio quelle specifiche
competenze richieste. D’altro lato, sono sempre più frequenti i casi
di immigrati che accettano qualsiasi proposta di lavoro venga loro
avanzata, per cui si va creando una concorrenzialità che nei
prossimi anni potrebbe anche provocare situazioni difficili da
gestire. Di qui l’assoluta necessità di un riordino della nostra
istruzione secondaria! Soprattutto tecnica e professionale!
Occorre sottolineare
con forza che lo sviluppo che si è avuto negli ultimi decenni del
secolo scorso nel nostro Paese ha potuto godere della grossa risorsa
di quadri tecnici intermedi formati proprio da quegli istituti
tecnici e professionali a cui per altri versi si è sempre guardato,
almeno da certe parti della pubblica opinione, con molta
sufficienza. Nell’ultimo decennio le cose sono profondamente
cambiate, anche e soprattutto per quel fenomeno della
globalizzazione: da un lato la delocalizzazione di alcune aziende,
dall’altro l’invasione di prodotti stranieri a buon mercato hanno
comportato l’avvio di una profonda crisi del nostro sistema
produttivo manifatturiero. Il che, per quanto riguarda l’istruzione,
ha anche comportato una certa opacizzazione delle filiere tecniche e
professionali. In parallelo certe figure professionali, idonee per
il mercato occupazionale della fine del secolo scorso si sono venute
via via opacizzando anch’esse.
Di qui la necessità di
procedere a un riordino complessivo dell’intero sistema di
istruzione secondaria, al fine di darle un nuovo slancio, rileggendo
e riconfigurando quei profili culturali e professionali che con il
tempo si erano andati perdendo. In tale scenario, le finalità che il
riordino avviato nel 2010 si è proposto di realizzare sono in linea
di massima le seguenti: ridisegnare per ciascuno dei tre percorsi
secondari le finalità che ciascuno è tenuto a perseguire. Pertanto,
ai licei spetta il compito di erogare quella “cultura
disinteressata”, non direttamente legata al mondo del lavoro, ma
alla prosecuzione di studi ulteriori; all’istruzione tecnica e a
quella professionale spetta il compito di fare acquisire competenze
direttamente spendibili nel mondo del lavoro, ma necessarie anche
per il proseguimento di studi ulteriori.
Per quanto riguarda lo
specifico dell’istruzione tecnica e professionale, il riordino
intende:
a) superare e liquidare
la polverizzazione dei diplomi e delle qualifiche che si è
verificata nel corso dell’ultimo decennio, al fine di dare risposte
immediate e certe a quelle figure professionali nuove e diverse che
l’evoluzione delle tecnologie e dei processi lavorativi viene via
via imponendo;
b) riaggregare concrete
conoscenze, abilità e competenze attorno a profili professionali
aperti e flessibili, onde evitare quelle canalizzazioni precoci che
la costante mobilità dell’offerta avanzata dal mondo del lavoro
oggi, e tanto più domani, non sarebbe più in grado di assorbire. In
effetti, il mercato del lavoro, in forza della costante evoluzione e
moltiplicazione delle applicazioni tecnologiche, dei processi
lavorativi e degli stessi prodotti, richiede profili professionali
non rigidi, in grado di curvarsi rapidamente alle necessità che a
volte con estrema rapidità investono le singole aziende.
Per tali motivi il
riordino, mentre da un lato ha provveduto a cancellare i profili
predefiniti e circoscritti di cui ai precedenti ordinamenti
didattici, dall’altro ha voluto definire e configurare profili
aperti e flessibili. Ovviamente, non si è trattato di una operazione
facile. E’ anche opportuno che sia chiara la distinzione che corre
tra istruzione tecnica e istruzione professionale. A questo
proposito è bene riportare alcuni passi del documento “Persona,
tecnologie e professionalità, gli Istituti Tecnici e Professionali,
come scuola dell’innovazione” [1], in cui
tra l’altro si indicano con estrema chiarezza le differenze che
corrono tra la filiera tecnica e quella professionale.
“L’istruzione tecnica è
finalizzata a garantire l’approfondimento della cultura scientifica
e delle basi di riferimento teoriche delle tecnologie, fornendo allo
studente le capacità necessarie per comprendere criticamente le
problematiche scientifiche e storico-sociali collegate alla
tecnologia e alle sue espressioni contemporanee (nel segno
dell’high-tech [2]), favorendo
l’acquisizione di una perizia applicativa e pratica, assicurando lo
sviluppo della creatività e della inventiva progettuale. Tale
approccio, oltre a facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro, deve
consentire la possibilità di accedere anche alla formazione
terziaria successiva, così da rendere possibile un cammino di studi
orientato soprattutto verso lauree di tipo scientifico e tecnico”.
“L’istruzione
professionale è finalizzata a garantire, nell’ambito di aree
produttive sufficientemente ampie, capacità operative di
progettazione e realizzazione di soluzioni, per la gestione di
processi, impianti e/o servizi. Tali capacità, pur orientate
all’espressione di competenze di tipo tecnico-relazionale (nel segno
dell’high-touch), vanno inquadrate in una adeguata conoscenza dei
fondamenti scientifici e tecnologici. I caratteri distintivi della
formazione debbono essere la capacità di personalizzare gli usi
delle tecnologie in un contesto con assetti organizzativi e
strumenti tecnologici specifici”.
Gli istituti tecnici
hanno durata quinquennale e offrono ai giovani conoscenze teoriche e
applicative spendibili in ampi contesti di studio, professionali e
di lavoro, nonché una gamma di abilità cognitive necessarie a
risolvere problemi, a sapersi gestire autonomamente in ambiti
caratterizzati da innovazioni continue, assumendo progressivamente
anche responsabilità per la valutazione e il miglioramento dei
risultati ottenuti. Gli istituti tecnici forniscono agli studenti i
saperi e le competenze necessari per inserirsi direttamente nel
mondo del lavoro, nonché per accedere a percorsi di livello
terziario, nazionale e/o regionale, universitari, nonché degli
Istituti Tecnici Superiori, di recente istituzione, e
dell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore. I percorsi degli
istituti tecnici sono articolati in un’area di istruzione generale
comune a tutti e in ampie aree di indirizzo, riferite ad ambiti
tecnologici, ai processi produttivi e ai servizi del terziario
avanzato, nonché riferite ai successivi percorsi di studio e di
lavoro per l’accesso alle professioni intellettuali.
Gli istituti
professionali hanno durata quinquennale e forniscono ai giovani la
formazione generale, tecnica e professionale riferita alla cultura e
alle attività lavorative, nonché una gamma di abilità cognitive
necessarie a risolvere problemi, sia per sapersi gestire
autonomamente in ambiti caratterizzati dalla personalizzazione del
prodotto e del servizio, sia per assumersi responsabilità nel
monitoraggio, nella valutazione e nel miglioramento dei risultati di
lavoro. I percorsi degli istituti professionali consentono in
particolare ai giovani di acquisire saperi e competenze per
inserirsi direttamente nel mondo del lavoro; proseguire gli studi
nel sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore e
all’università; accedere alle professioni, a partire dai settori già
presenti negli ordinamenti degli istituti professionali. I percorsi
degli istituti professionali sono articolati in un’area di
istruzione generale comune a tutti e in ampie aree di indirizzo sin
dal primo anno.
Giova ricordare che nei
primi due anni dell’istruzione secondaria si conclude l’obbligo di
istruzione decennale e che vengono certificate le competenze
raggiunte dallo studente in ordine a quattro assi culturali
pluridisciplinari: dei linguaggi; il matematico; lo
scientifico-tecnologico; lo storico-sociale. E non va sottaciuto il
fatto che le attività di insegnamento-apprendimento saranno
improntate soprattutto sulla didattica cosiddetta laboratoriale: di
fatto gli insegnanti dovranno sollecitare e sviluppare lo spirito di
ricerca individuale e di gruppo in modo da responsabilizzare lo
studente come artefice del suo personale apprendimento: cosa che in
genere si verifica raramente con il tradizionale metodo della
lezione cattedratica. In effetti, si ipotizza che un reale
cambiamento non si realizza riordinando soltanto l’assetto
organizzativo, ma stimolando anche un progressivo rinnovamento della
didattica.
Con il riordino
l’istruzione tecnica e quella professionale hanno compiuto un
decisivo passo in avanti in ordine a due esigenze, ciascuna cruciale
per i nostri giovani: a) quella di poter godere pienamente del
diritto all’istruzione, all’educazione e alla formazione
[3]; b) quella di poter raggiungere una
preparazione tale che consenta loro un inserimento fluido e
flessibile nel mondo del lavoro. Va infine considerato che le
difficoltà oggi esistenti in materia di accesso al lavoro non
possono non avere un carattere contingente, per cui non possono e
non devono assolutamente influire sulle scelte che studenti e
famiglie oggi sono tenuti a operare. Cinque anni di studio sono
tanti e tutti noi auspichiamo che la crisi produttiva e
occupazionale in cui molti Paesi dell’Unione europea oggi versano
debba nel frattempo essere superata. Sarebbe un grave errore, in
forza del fatto che oggi il mondo del lavoro presenta tutte le
difficoltà che conosciamo, trascurare l’esigenza di essere pronti a
fronteggiare le situazioni nuove che si presenteranno alla prossima
ripresa!
In effetti, le
professionalità acquisite nel frattempo costituiranno un patrimonio
da far valere con forza!