Profumo «turista per caso»
vs Settis a «Che tempo che fa»

Marina Boscaino Pubblico giornale, 4.12.2012

L’intervista di ieri, lunedì sera, nel misurato e garbato salottino di Fazio, ha contrapposto due modelli di scuola e anche due personalità decisamente differenti. Uno dei due interlocutori sembrava giunto lì per caso, a fare due chiacchiere tra amici, senza particolari competenze. L’altro – Costituzione alla mano, il che, in tempi come questi, non è sempre un vantaggio – ha parlato con precisione e competenza di principi e valori.

Il primo è il ministro Profumo, con la sua sorridente aria da “turista per caso”, che ha (non) risposto alle pacate domande dell’intervistatore, Fabio Fazio. Il quale, dal canto suo, si è ben guardato dallo scusarsi con 1 milione di insegnanti e 7 milioni di studenti per aver tollerato senza battere ciglio le esternazioni e le bugie del premier Mario Monti, messe in campo una settimana prima.

Profumo ha raccontato di aver visitato le scuole, di aver parlato con docenti e studenti, di aver trovato “comunità di grande valore”. Non una parola sul fatto che tali comunità sono state ripetutamente offese, dalla sua proposta di aumentare di 1/3 l’orario di lezione a parità di salario. Dalle accuse del premier di corporativismo e manipolazione nei confronti degli studenti. E da politiche (concorsone, demagogia 2.0, promesse mai mantenute, tagli lineari) di disinvestimento economico e culturale sulla scuola dello Stato.

«Bisogna ricostruire il rapporto di fiducia tra società e insegnanti; bisogna investire sulla scuola», ha detto l’inquilino di Viale Trastevere. Dove lui sia stato o cosa abbia fatto nell’ultimo anno: no comment. L’altro, Salvatore Settis, ha parlato di orizzonte di diritti – lavoro, salute, istruzione – sulla scorta degli artt. 4, 32 e 33. Ha portato dati sulle spese in istruzione dell’Italia, inferiori a tutti i paesi Ocse, eccetto l’Estonia, durante la crisi economica. Ha individuato una priorità assoluta: restituire agli insegnanti e alla società il senso dell’altissima dignità della nostra professione, come accade in Corea del Sud e in Finlandia, paesi leader dal punto di vista degli apprendimenti degli studenti e del funzionamento dei sistemi di istruzione. Ha parlato di necessità di riportare il pubblico bene al di sopra del profitto privato.

Anche rispetto alla fase più calda dell’intervista, la statura dei due protagonisti è emersa evidentemente. Fazio ci ha probabilmente spiegato la sua ignavia (o il suo disinteresse?) nei confronti delle affermazioni di Monti: i suoi figli frequentano a Milano la scuola privata con grande soddisfazione. Settis ha ricordato appassionatamente come il taglio di fondi alla scuola pubblica non corrisponda ad un analogo taglio alla paritaria, in violazione del «senza oneri per lo Stato» previsto – ancora!- da quello che alcuni evidentemente considerano un residuato bellico, ma che invece è la nostra magnifica Costituzione.

Profumo ha ribattuto con argomentazioni disperatamente identiche a quelle che il Pd (autore nel 2000, allora si chiamava Ulivo, della legge sulla parità) avanza davanti a chi si appella a quel passaggio costituzionale non come a semplice orpello retorico, ma come prescrizione normativa assoluta.

Ma la lezione non l’ha imparata bene, il nostro ministro: ha affermato che l’80% delle scuole dell’infanzia paritarie sono comunali; questo giustificherebbe l’esborso statale, destinato a far funzionare quelle scuole. In verità l’81,5 % sono private e solo il 18,5% comunali. Questo vuol dire che l’81,5% dei 511 milioni che quest’anno sono stati erogati (in barba alla Costituzione) dallo Stato per le paritarie, andranno a foraggiare le scuole private, che – per di più – sono al 65% confessionali. Oppure sono diplomifici, in cui si svende un diploma a fronte del pagamento di una cospicua retta.

Alla strumentale (e infondata) obiezione di Profumo e del Pd, ricordiamo ancora il comma 2 dell’art. 33, secondo il quale «la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi». Anche scuole dell’infanzia, insomma.

Ecco il video.