Se la scuola primaria ha paura

di Stefano Stefanel Pavone Risorse, 16.12.2012

Le indagini Iea (International Association for the evaluation of educational achievement), associazione internazionale per la valutazione del rendimento scolastico nella scuola primaria, mostrano un regresso della scuola italiana. Ogni cinque anni, l’Iea conduce due indagini: il Pirls (Progress in International Reading Literacy Study) e il Timss (Trends in International Mathematics and Science Study). La prima, valuta le competenze in Lettura di studenti di quarta elementare, l’altra quelle in Matematica e Scienze tra i bambini di quarta elementare e i ragazzini della terza media. In lettura i bambini delle quarte elementari italiane sono passati dal 6° posto del 2006 al 16° del 2011. Analogamente in matematica sono passati dal 16° al 24°, dal 4° posto in scienze all’attuale 11°. Questi sono dati oggettivi e non discutibili, anche se devono essere presi come tutti i dati campionari come punti di riferimento e non come dati assoluti. Analogamente a quanto si dovrebbe fare con i risultati Ocse-Pisa e Invalsi, che sono dati importantissimi qualunque sia il loro esito, da valutare attraverso una minuziosa analisi di sistema.

Credo stia partendo invece una sorta di corsa a cercare le colpe degli altri o le colpe assolute. Qualcuno indica i tagli del ministro Gelmini come causa unica di questo calo, qualcun altro indica la forte presenza di stranieri nelle classi come elemento che rallenta la competenza in lettura, qualcun altro tenterà di dare la colpa alla scuola “di carta” ostile ai nativi digitali. I dati però mostrano alcuni scricchiolii della scuola primaria italiana su cui mi sto soffermando già da alcuni anni, che sono evidenti e che hanno molte cause. Non si tratta di trovare i colpevoli e metterli alla gogna, ma più semplicemente di fare diagnosi attente per un sistema scolastico in grave crisi. Un’analisi condivisa sulla crisi, senza urla o spiegazioni assolute e incontrovertibili, potrebbe essere utile alla scuola primaria per riuscire ad analizzarsi nel suo profondo. In questo breve contributo cercherò di portare all’evidenza alcuni punti cruciali della scuola primaria italiana.

Tagli alla scuola. Non c’è dubbio che i forti tagli alla scuola l’hanno messa in crisi. La risposta avrebbe dovuto essere più flessibilità (didattica, organizzativa, finanziaria) e invece si è cercato di far stare il vecchio nel nuovo. La scuola primaria è quella che ha subito meno tagli perché comunque mantiene ancora un piccolo organico funzionale che le secondarie non hanno più. Mal’Italia è in crisi e forse la scuola deve imparare a fare con meno risorse: non si vedono all’orizzonte risorse possibili per aumentare quanto c’è. Non c’è dubbio che i tagli sono stati orizzontali e dunque privi di progetto: questo ha penalizzato le scuole migliori e non ha aiutato quelle peggiori. Eppure non è pensabile collegare la qualità della scuola solo alle risorse statali che si investono.

Tempo scuola. Quello italiano rimane troppo lungo e pesante. In molti casi i bambini si saturano di scuola e questo è un dato su cui nessuno vuole discutere, perché il tempo scuola è collegato all’occupazione. Come si possa far interagire la formazione di bambini e le loro necessità con i problemi occupazionali rimane un mistero. In Italia non si può ragionare su un tempo scuola delle primarie più in linea con l’Europa perché nessuno è disponibile a farlo. Però il dato che vede dai 7 ai 14 anni 3.000 ore in meno di scuola per i bambini finlandesi rispetto a quelli italiani sta lì a disposizione di tutti e dovrebbe far riflettere. Alunni stanchi leggono male e fanno di conto peggio. E anche l’esperienza del tempo pieno deve uscire dall’ambiguità del rapporto tra azione didattica ed educativa e tempi delle famiglie.

Competenze in panne. Nell’era digitale e dei nativi digitali non è più possibile fermarsi a competenze e abilità. Ma il passaggio alla didattica per competenze nella scuola primaria è lentissimo e si cerca di organizzare il curricolo su saperi conosciuti e spesso obsoleti, piuttosto che utilizzarlo per leggere i saperi nuovi.

Alunni stranieri, diversamente abili, con dsa, con disagi. La scuola primaria italiana sta vivendo categorie diverse come un unico problema: includere senza fermarsi. La pressione delle famiglie è forte e l’inclusione viene accettata solo se “non ferma il programma”. Per cui la scuola primaria deve includere e non deve perdere tempo, spesso cadendo nel cortocircuito dei bisogni da mappare e che poi richiederebbero risorse che non ci sono per essere soddisfatti.

Una buona scuola che ha paura. La scuola primaria rimane una buona scuola e i risultati Iea sono solo un campanello d’allarme che fotografa la situazione italiana e indica scricchiolii, che chi non usa solo la polemica e l’invettiva può vedere con una certa evidenza. La scuola primaria oggi ha paura e questo è il suo limite maggiore: ha paura dei genitori ansiosi e spesso privi di comprensione della vera realtà di un processo didattico ed educativo; ha paura della scuola secondaria che “dall’alto” delle sue conclamate capacità di dispersione continua comunque a voler dettare le sue esigenze (i famigerati pre-requisiti d’accesso); ha paura degli impegni che caricano le maestre di incombenze burocratiche eccessive; ha paura di disperdere alunni e per questo include e non si ferma; ha paura di non saper coniugare la didattica senza i programmi ministeriali e si aggrappa ai curricoli senza comprenderli bene; ha paura di abbandonare conoscenze e abilità perché teme competenze tecniche ma flebili; ha paura di far giocare troppo i bambini perché se si fanno male poi arrivano sentenze deliranti di condanna. Ha paura del mondo che la circonda e questo non aiuta a ottenere buoni risultati.

E’ necessario ridare alla scuola primaria tranquillità, tempi più distesi, un organico funzionale aperto, un tempo scuola meno esteso. La scuola primaria è ancora un segmento di eccellenza per troppo tempo rimasto in prima linea anche a causa di dodici anni di riforme continue che l’hanno lacerata. Bisogna lasciarla tranquilla e aiutarla a ritrovare la serenità. Non servono più soldi, servono metodi e supporti reali. Serve aiuto sulla didattica in classe, non su strani e astrusi progetti. La scuola primaria è ancora una grande scuola, i veri problemi della scuola rimangono altrove.