Nell'agenda Monti c'è innovazione?

Pubblicate online le 25 pagine del programma del premier uscente.
C'è anche spazio per digitale, startup ed economia verde

 Wired.it, 24.12.2012

Ieri il presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha fatto un bilancio del suo anno di governo e (soprattutto) ha delineato la sua strategia per il futuro: da oggi, passando per le elezioni, alla prossima legislatura. Non si è candidato ufficialmente ma ha dato la disponibilità a governare l'Italia con chi accetterà di sottoscrivere la sua agenda per cambiare il paese: si tratta di un programma che ieri il premier ha pubblicato su un sito messo in piedi ad hoc.

Nelle 25 pagine, dal titolo Cambiare l’Italia, riformare l’Europa, si parla (ovviamente) molto di economia, rigore, Europa, lavoro, fisco, governance dell'Italia, crescita, industria. E anche innovazione. Tra i temi dell'agenda Monti, infatti, ci sono anche la ricerca, il digitale e l'economia sostenibile. A proposito di formazione e ricerca si legge:

La scuola e l’università sono le chiavi per far ripartire il Paese e renderlo più capace di affrontare le sfide globali. A livello collettivo, investire in capitale umano è la strada per sfuggire alla morsa della competizione di Paesi con costi di manodopera più bassi. A livello individuale, avere un grado di istruzione adeguato e competenze appropriate è una carta fondamentale per trovare lavoro, realizzare le proprie aspirazioni. Eppure l’Italia ha un elevato tasso di abbandono scolastico precoce, un livello di performance scolastica piu` basso rispe Serve rompere uno schema culturale per cui il valore dello studio e della ricerca e il significato della professione di insegnante sono stati mortificati. Gli insegnanti devono essere rimotivati e il loro contributo riconosciuto, investendo sulla qualità. Il modello organizzativo deve cambiare puntando su autonomia e responsabilità come principi fondanti. Da subito occorre completare e rafforzare il nuovo sistema di valutazione centrato su INVALSI e INDIRE, basato su indici di performance oggettivi e calibrati sulle caratteristiche del bacino di utenza e dei livelli di entrata degli studenti. Occorre inserire con gradualità meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici basati sulla valutazione del rendimento della struttura ad essi assegnata, e degli insegnanti, ad esempio attraverso un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risulta). Bisogna ridurre il tasso troppo alto (18%) di abbandono scolastico precoce con misure mirate e nuovi investimenti nelle strutture scolastiche. Occorre assicurare a ogni adolescente che esce da un ciclo scolastico un servizio efficiente di orientamento scolastico e professionale. Man mano che si riduce il costo del debito pubblico e si eliminano spese inutili, possiamo creare nuovi spazi per investimenti nell’istruzione. La priorita` dei prossimi cinque anni è fare un piano di investimenti in capitale umano. In materia di ricerca, occorre proseguire e affinare il progetto avviato dall’ANVUR per il censimento e la valutazione sistematica dei prodotti di ricerca. Bisogna inoltre rilevare per ogni facoltà in modo sistematico la coerenza degli esiti occupazionali a sei mesi e tre anni dal conseguimento della laurea, rendendo pubblici i risultati. E’ prioritario accrescere gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione, incentivando in particolare gli investimenti del settore privato, anche mediante agevolazioni fiscali e rafforzando il dialogo tra imprese e università. Bisogna rendere 11 le università e i centri di ricerca italiani più capaci di competere con successo per i fondi di ricerca europei, sulla scorta del lavoro avviato nei mesi passati.

C'è anche un passaggio anche sull'agenda digitale:

Nel corso dell’ultimo anno sono state messe in campo varie misure per colmare il ritardo accumulato dall’Italia nello sfruttare le opportunità offerte dalle tecnologie ICT. Sono state introdotte misure per favorire la più rapida digitalizzazione della pubblica amministrazione, in modo da ampliare il numero di cittadini che interagiscono con gli uffici pubblici attraverso internet, ad esempio per ottenere fatturazioni, certificati o procedure anagrafiche o per pagare servizi come i ticket sanitari. Sotto la guida della Cabina di regia istituita dal Governo si sono fatti progressi nell’attuazione dell’Agenda digitale italiana, che fissa una serie di obiettivi e di azioni da attuare entro il 2020. Occorre continuare il lavoro avviato e rafforzarlo lungo i quattro assi delle connessioni infrastrutturali a banda larga e ultra larga, delle smart communities/smart cities, della introduzione dell’approccio “open data” rendendo tutti i dati della pubblica amministrazione accessibili e scambiabili on line, la diffusione del “cloud computing”, la nuvola dei dati, per unire e condividere dati provenienti da piu` istituzioni e dell’e-government, rafforzando gli incentivi per l’utilizzo di tecnologie digitali nei processi amministrativi per fornire servizi ai cittadini.

Infine, parlando di innovazione, l'Agenda Monti affronta la questione dell'economia verde:

La tutela dell’ambiente è investimento per il futuro e presupposto per vivere meglio il presente. Lavoro e salute non devono più essere alternativi, ma complementari. Per questa ragione l’ economia verde non può essere “altro” dall’economia, ma è parte integrante dell’economia. L’industria, i trasporti, l’agricoltura, gli edifici devono riorientarsi secondo i criteri dell’efficienza, del contenimento delle emissioni nocive, dell’impiego di materiali riciclabili e di tecnologie intelligenti per smaltire i rifiuti, bonificare i terreni, ottimizzare il ciclo dell’acqua, mettere in sicurezza il territorio, incentivare la mobilità a basso impatto ambientale. Programmi formativi e incentivi devono facilitare le scelte “verdi”. Le regole devono essere chiare e ragionevoli - e la semplificazione operata dal Governo, ad esempio attraverso la nuova Autorizzazione unica ambientale, è un esempio di come ciò possa essere fatto –, ma bisogna essere intransigenti verso chi le viola. Agli sforzi già in atto per ridurre e differenziare la produzione di rifiuti, che vanno mantenuti e, se possibile, rafforzati, occorre affiancare sia una produzione efficiente in grado di allungare il tempo di vita dei prodotti, sia un rilancio del riciclo, in linea con i migliori esempi europei dove lo smaltimento in discarica è stato azzerato. Gli standard di qualità europei ci chiamano a cambiare la nostra mentalità in relazione alla gestione dei rifiuti, privilegiando, laddove possibile, il riciclaggio e riutilizzo. Serve puntare ad un risultato di abbattimento degli smaltimenti (in Italia riguarda tra il 50-60% dei rifiuti. Per questo serve promuovere l’innovazione aprendo i mercati a prodotti realizzati con materiali riciclati, che dovrebbero essere certificati e garanti, e alla produzione e l’utilizzo di materie prime biodegradabili cambiare certe abitudini degli italiani. Occorre anche cambiare certi atteggiamenti per creare una vera domanda per le materie “verdi”. In questo anno il governo ha inoltre lavorato molto sull’energia: revisione degli incentivi per le rinnovabili, efficienza energetica, estrazione di idrocarburi, mercato del gas, liberalizzazione del mercato all’ingrosso dei carburanti e della distribuzione. A venti anni di distanza dal precedente Piano energetico nazionale è stata presentata una nuova strategia energetica nazionale che fa della crescita sostenibile, dal punto di vista economico e ambientale, il proprio imperativo e punta a fare del Paese un hub energetico nel Mediterraneo. E’ necessario continuare sulla strada tracciata, dando attuazione alle linee guida della strategia per dare all’Italia una energia meno costosa, più sicura e più sostenibile. Serve infine procedere ad uno snellimento e semplificazione della governance nel mondo dell’energia, riprendendo la proposta di modifica del titolo V della Costituzione - per riportare allo Stato le decisioni in materia di infrastrutture energetiche - accompagnata dall’introduzione, sulla base dell’esperienza dei Paesi nordeuropei, dell’istituto del “dibattito pubblico”.