Roger Abravanel, le fusa di Vincenzo Pascuzzi, 26.12.2012
"Ciò che è in più proviene dal maligno". A
tutti, o a molti, è ben nota l'espressione "dire pane al pane, vino
al vino", che significa parlare con schiettezza, franchezza, senza
inganni e senza timori reverenziali. Si potrebbe anche completare
con "dire aceto all'aceto". «Faccio un esempio: quando i nostri governanti parlano di "ondate migratorie" usano deliberatamente un vocabolo abusivo, quello di ondata, ma suggestivo. Perché se si tratta di ondate, la parola stessa suggerisce che una terraferma dalle ondate si debba difendere con barriere, scogliere, dighe, non è così! Non sono ondate, si tratta invece di "flussi". Se li chiamiamo propriamente flussi non troviamo più l’immagine che li voglia strozzare, impedire, bloccare. I flussi, si tratta propriamente di questi, di flussi di nuova energia, di nuova vita, di nuove forze, che vengono a rinforzare le fibre di una comunità nazionale come la nostra, che è invecchiata, che produce poco lavoro manuale, che non si piega al lavoro manuale, facilmente e che quindi utilizza milioni di braccia che vengono dal sud e est del mondo» (1) (2). Fusa e puzzetta sotto il naso. Roger Abravanel, con il suo articolo di qualche settimana (3) faceva metaforicamente le fusa al Pd, sfidandolo audacemente il suo segretario Bersani a rottamare l’idea che la meritocrazia sia un valore di destra. Senza ovviamente pretendere di sostituirci al Pd nella eventuale replica al noto guru e saggista, ex Director della McKinsey & C., avevamo già formulato alcune osservazioni (4). Forse non è inutile aggiungere qualcosa, in particolare con riferimento al contenuto di alcuni post pubblicati su blog che si occupano di scuola (5) (6). Nei blog citati, e anche altrove, le idee sulla “meritocrazia” di R.A. vengono adottate in modo acritico, quasi l’autore fosse un novello Mosè e le sue proposte costituissero un rinnovato Decalogo da applicare alla scuola. C’è infatti chi, non ha alcun dubbio su detto nuovo Decalogo, anzi su di esso pone o rinforza le fondamenta di suoi modi di interpretare la situazione e la realtà della scuola e sembra considerare gli altri con un pizzico di albagia o puzzetta sotto il naso.
Da meritocrazia a quiz-crazia. Nei fatti concreti e
nei propositi del Miur, la c.d. meritocrazia non è altro che “la
meritocrazia dei test e quindi dell'Invalsi” (7). Cioè parte di una
strategia utile per giustificare poi i tagli, stilare classifiche,
auto-assolversi e colpevolizzare altri invece di stimolare,
sostenere, potenziare. Meritocrazia per licenziare? Chi intende merito e meritocrazia – nel senso indicato dal Miur - come una solida base o un robusto fondamento (5), può poi proseguire le sue considerazioni ascrivendo ai pochi (intorno al 2-3%, come in TUTTE le altre categorie) insegnanti “incompetenti e impreparati” oppure “nullafacenti o scarsamente motivati all’insegnamento” le responsabilità di tutti o quasi i mali della scuola. Licenziandoli – dice – così la scuola guarirebbe, ma siccome non si può licenziare, allora si rimane nella contemplazione triste, amara e rancorosa di questa impossibilità! Si condannano gli altri, ci si auto-assolve, non si risolve la situazione. Si usa, o si vorrebbe usare, la meritocrazia da un solo lato, non per premiare il merito ma per stanare e punire il demerito.
Il concorso taumaturgico. Indubbiamente i
livelli di preparazione di discenti e docenti si sono entrambi
abbassati negli ultimi decenni. Le responsabilità sono varie, anche
– ma in minore o minima parte – della mancata effettuazione dei
concorsi. Se anche questi fossero stati indetti ogni 2 o 3 anni, è
ragionevole supporre che poco sarebbe cambiato, nel senso che al 95%
gli insegnanti sarebbero gli stessi di adesso, forse distribuiti
altrimenti nel territorio e assunti qualche anno prima o qualche
anno dopo. Trent’anni fa. Ricordare la scuola di trent’anni fa può rappresentare un’operazione dolciastra e nostalgica, di contemplazione e di rimpianto, ma non risulta utile per inquadrare la situazione attuale, per affrontarla e per poi magari avviarla a soluzione. La scuola non può ingranare la retromarcia né pigiare il tasto rewind. La stessa situazione platonica (?) si presenta se si ipotizza la costruzione di un sistema scolastico del passato in una immaginaria e inesistente realtà che ne sia priva. Invece, bisogna intervenire nella realtà già esistente mentre essa continua a operare, con programmi e strategie di medio-lungo periodo (5, 10 anni) ma affidate per periodi più brevi a questo o quel ministro anche di orientamenti diversi. Se poi si commette l'errore madornale di sottrarre risorse dalla scuola con il pretesto di voler razionalizzare, ridurre gli sprechi, inseguire parametri e valori medi europei all'uopo confezionati o inventati, non ci si può lamentare se il declino continua! Le primarie e Bersani. Nella loro competizione politica, Renzi e Bersani non sono stati sottoposti a test o quiz di tipo Invalsi ma sono stati liberamente votati secondo il loro gradimento elettorale riscontrato fra gli elettori. Questo può essere indicato anche come merito, ma è cosa diversa da ciò che si intende per merito in ambito scolastico (anche in presenza di divergenze sulla sua valutazione). Il risultato è stato sì oggettivo ed espresso mediante numeri, però le scelte dei votanti sono state chiaramente soggettive.
Tutte le colpe alla sinistra e ai sindacati?
"E’ stata la sinistra, dai sindacati unitari ai partiti .... i quali
hanno sempre impedito che il merito fosse riconosciuto, .... a tutto
vantaggio dei peggiori e dei nullafacenti ...." (5). Questa è
un'affermazione azzardata e incompleta in quanto anche la destra è
stata responsabile, oppure è stata omissiva, o incapace. Al Miur,
dal 2001 in poi, c'è stata prima Brichetto Moratti per 5 anni filati
e interi e, dopo meno di 2 anni di parentesi Fioroni, Gelmini per
altri 3 anni e mezzo, seguita dall'effimero Profumo che però ha
continuato, come una talpa cieca, nel cunicolo già scavato dalla
stessa Gelmini.
Meritocrazia contro bisogni. Ancora
dall’articolo di R.A. leggiamo: “…. la sinistra italiana non si
rende conto che rispettare i «bisogni» e i «diritti acquisiti»
perpetua la spaventosa ineguaglianza ….Se non si può licenziare un
lavoratore che lavora male (proteggendolo con ammortizzatori sociali
….)” e questo concetto che viene ripreso nei blog citati. Il
riferimento agli ammortizzatori sociali è solo successivo, quasi
marginale, indicato tra parentesi, forse con fastidio. LINK
(1) La perdita
delle parole
(2) La tenera
profondità di Erri De Luca ….
(3) «Meritocrazia
valore di destra» L’idea che la sinistra deve rottamare
(4) Roger
Abravanel messaggero di Confindustria?
(5) Merito e
meritocrazia
(6) «Meritocrazia
valore di destra»: l’idea che ....
(7) Giorgio
Israel ha detto... 10 dicembre 2012 18:14
(8) Giudicare un
esame a 50 centesimi lordi
(9) Berlusconi
distruggerà il centrodestra: lasciamolo lavorare
(10) Cosa faranno
ora i veri moderati?
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