Il capitolo «Processi formativi»
del 46° Rapporto Censis
sulla situazione sociale del Paese/2012

dal CENSIS, dicembre 2012

Roma, 7 dicembre 2012 – Verso una filiera tecnico-professionale integrata. Gli istituti scolastici stanno implementando dal basso la costituzione di reti finalizzate a proporre un’offerta formativa più rispondente alle esigenze del tessuto produttivo e del mondo del lavoro. Secondo un’indagine del Censis, a farlo sono soprattutto gli istituti professionali (l’81,5%) e tecnici (il 79,3%), piuttosto che i licei (il 65,8%). Nel 53,6% dei casi si tratta di veri e propri poli formativi, cui si aggiunge la tipologia dei distretti formativi (14%) e le Fondazioni Its (16,1%). Accordi di rete, convenzioni, associazioni temporanee, protocolli con imprese e altre istituzioni arricchiscono la proposta formativa della scuola. La maggioranza dei dirigenti scolastici (66,8%) ritiene che la principale debolezza di tali reti sia la mancanza di disponibilità di risorse finanziarie certe e pluriennali, per il 44,5% una criticità sono i rapporti con il tessuto imprenditoriale, il 25,8% indica la necessità di semplificare gli organismi d’indirizzo e controllo.

L’internazionalizzazione della scuola secondaria di II grado. Tra gli istituti superiori si registra un diffusa vitalità nell’ambito dell’internazionalizzazione dell’offerta formativa. Secondo un’indagine del Censis, negli ultimi cinque anni il 68% delle scuole ha partecipato a iniziative di questo tipo, soprattutto gli istituti tecnici (74%), i professionali (70,5%) e i licei (64,5%) e nel Sud (73,4%). È la mobilità degli studenti per scambi, tirocini e soggiorni di studio all’estero (76,6%) la principale delle azioni portate avanti dalle scuole, seguita da quella dei docenti (38%) e dalla cooperazione tra scuole (visite preparatorie 27,4%, partenariati di cooperazione 24%, reti tematiche 21,2%). Oltre ai finanziamenti erogati dai programmi Comenius (57,4%) e Leonardo Da Vinci (22,3%), le scuole hanno beneficiato in questi anni anche delle risorse del Fondo sociale europeo, cui hanno avuto accesso a livello nazionale il 30,6% delle scuole e il 54,8% di quelle del Sud. La maggiore internazionalizzazione dell’offerta scolastica è però anche merito dei contributi delle famiglie, che hanno finanziato nella misura del 17,2% le iniziative di mobilità delle scuole, solitamente per l’apprendimento delle lingue straniere. Tra le problematicità evidenziate, il 47% delle scuole «internazionalizzate» indica la conciliazione di questo tipo di progetti con l’ordinaria gestione dell’istituto e il 46,8% le procedure amministrative eccessivamente complesse.

Un apprendistato con molte anime e altrettanti squilibri. Tra il 2008 e il 2010 il numero medio di apprendisti occupati è passato da 645mila a 542mila (-16%). La contrazione del numero di apprendisti si accompagna a un loro elevato turnover. Nel 2011 solo il 46,4% dei contratti di apprendistato cessati ha avuto una durata superiore all’anno, mentre il 27,4% è stato attivo tra i 4 e i 12 mesi, un altro 17,6% tra i 2 e i 3 mesi e l’8,6% meno di un mese. Nel 57,7% dei casi il motivo della cessazione è imputabile all’apprendista, mentre solo il 16,8% dei contratti giunge al suo termine naturale. Nel 2010 si registrano solo 7.702 contratti di apprendistato stipulati con minori (solo l’1,4% del totale) e nel triennio si assiste a una notevole contrazione di tale segmento (-57,1%). Su tale fenomeno ha influito la maggiore «appetibilità» per le imprese di contratti di apprendistato con giovani già maggiorenni, impegnati in un numero inferiore di ore di formazione esterna e con minori necessità in materia di sicurezza sul lavoro.

Un sistema universitario compresso tra la disillusione giovanile e i processi di un ennesimo cambiamento. Tra gli anni accademici 2006-2007 e 2010-2011 si registra una riduzione del numero di immatricolati all’università del 6,5%. Ciò non dipende né da fattori demografici, né da un minore grado di scolarità superiore (nell’ultimo quinquennio il numero di diplomati aumenta anzi da 449.693 a 459.678: +2,2%). Le regioni che nel 2012 presentano i più elevati valori dell’indice di attrazione di studenti universitari sono la Lombardia (17,9 iscritti da fuori regione ogni 100 iscritti), il Lazio (16,7%) e l’Emilia Romagna (15,7%). Le regioni che invece disperdono più facilmente i propri universitari sono la Puglia (13,2 residenti iscritti in atenei fuori regione ogni 100 iscritti), la Sicilia (10,5%), seguite da Veneto e Campania (entrambe con un valore del 9,2%).

Gli studenti del nuovo millennio nella transizione al digitale. Dall’indagine condotta su 2.300 studenti calabresi di età compresa fra 11 e 19 anni realizzata dal Censis su iniziativa della Regione Calabria emerge che il 60,7% degli studenti afferma di poter navigare su Internet anche per diverse ore senza stancarsi, il 47,3% è convinto che l’uso del computer aumenti la propria capacità di imparare e di memorizzare, il 68,3% dichiara di saltare da un’applicazione all’altra adottando un approccio multitasking. Il 72,4% ritiene che l’uso del pc (e di Internet) abbia effetti positivi sull’apprendimento, il 64,9% pensa che le tecnologie digitali possano accrescere curiosità e spirito di iniziativa personale, ma solo il 34,9% crede che contribuiscano ad aumentare anche la concentrazione e la riflessione. Rispetto al rendimento scolastico, il 36,3% giudica che gli effetti possano essere neutri, per il 28,9% negativi, positivi il 34,8%. Inoltre, il 39,7% afferma che ci può essere un impatto negativo sulla volontà di studiare. Circa tre quarti degli studenti calabresi conosce e utilizza Facebook (73,3%) e YouTube (75,8%). Il 39,6% cerca sulla rete cose, persone o idee quasi tutti i giorni, il 56,2% ricorre alla posta elettronica e alle chat, il 56,8% impegna il suo tempo su Internet per accedere ai social network.

 

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