Appello perché bimbi e bimbe fino a 8 anni
siano liberi da schermi e computer nella scuola
di Franco Lorenzoni, maestro elementare la Repubblica,
4.12.2012
Il Ministero dell'Istruzione progetta di portare in sempre più aule
le LIM (Lavagne Interattive Multimediali), cioè schermi giganti
collegati a un pc, in un momento in cui le classi si affollano
sempre più di bambini - fino a 30 e 31 - e quando è assente un
insegnante spesso si accorpano e il numero cresce. A partire dal
prossimo anno, inoltre, i libri di testo cartacei saranno
progressivamente sostituiti con supporti informatici da leggere su
tablet.
Tutto ciò avviene in un contesto in cui, con la diffusione di
I-phone e cellullari dell'ultima generazione, genitori ed adulti
sono ovunque e sempre potenzialmente collegati alla rete, dunque
sconnessi o connessi solo a intermittenza con i bambini che hanno
vicino.
Ben prima del diluvio tecnologico, dilagato in ogni casa e ogni
tempo, bambine e bambini si sono trovati a fare i conti con adulti
distratti. Ciò che sta cambiando radicalmente e rapidamente è che
ora, nel reagire alle consuete distrazioni adulte, bambini anche
molto piccoli trovano facilmente anche loro attrazioni altrettanto
potenti.
Le industrie, per vendere, escogitano marchingegni sempre più
attraenti, maneggevoli e sofisticati, rivolti a bambini sempre più
piccoli. Ai genitori, spesso immersi anche loro nel grande gioco
virtuale onnipresente, molte volte fa comodo che un figlio abbia a
disposizione un gioco elettronico o un cellulare, perché diventa
muto e trasparente e può restare interi pomeriggi tranquillo, perché
completamente immerso in uno schermo interattivo.
Il risultato è che i bambini sono sottomessi, fin dalla più tenera
età, ad un bombardamento tecnologico senza precedenti e si
moltiplicano le ore che, anche da molto piccoli, passano davanti a
schermi di ogni misura. Chi prova ad opporsi sa quali battaglie
quotidiane deve combattere in casa per limitare l'uso compulsivo di
play station e videogiochi sempre più accattivanti. L'attaccamento a
schermi grandi e piccoli ha tutte le caratteristiche di una droga,
perché ormai nessuno può più nutrire dubbi sulla dipendenza che
crea.
La scuola, in questo contesto, deve affrontare con intelligenza e
sensibilità la questione, rifiutando di appiattirsi sul presente e
seguire l'onda. L'illusione che, di fronte a bambini sempre meno
capaci di attenzione prolungata, li si possa conquistare
lusingandoli "con gli strumenti che a loro piacciono" è assurda e
controproducente.
Faccio una proposta e un appello: liberiamo bambine e bambini, dai 3
agli 8 anni, dalla presenza di schermi e computer, almeno nella
scuola. Fermiamoci finché siamo in tempo! La Scuola dell'Infanzia e
i primi due anni della Scuola Primaria devono essere luoghi liberi
da schermi.
Non ho nulla contro la tecnologia (che tra l'altro può essere di
grande aiuto per i bambini che hanno bisogni educativi speciali,
come nel caso della dislessia), ma è necessario reagire alla troppa
esposizione tecnologica dei più piccoli. L'uso di computer e
supporti informatici va introdotto, con gradualità e cautela, solo
dopo gli 8 anni. L'ingresso nel mondo e il primo incontro con le
conoscenze è cosa così delicata da meritare la massima cura e
un'aula dotata di un grande schermo cambia la disposizione dello
spazio e della mente.
Bambine e bambini hanno bisogno del mondo vero per nutrire i loro
pensieri e la loro immaginazione. Hanno bisogno dei loro corpi tutti
interi, capaci di toccare con mano le cose e non essere ridotti solo
a veloci polpastrelli. Hanno bisogno di sporcarsi con la terra
piantando, anche in un piccolo giardino, qualche seme che non
sappiamo se nascerà. Hanno bisogno di essere attesi e di conoscere
l'attesa, di sviluppare il senso del tatto e gli altri sensi e non
limitarsi al touch screen. Se lasciamo che pensino che il mondo può
essere contenuto in uno schermo, li priviamo del senso della
vastità, che non è riproducibile in 3D. Gli altri e la realtà non si
accendono e spengono a nostro piacimento.
I primi anni di scuola rischiano di trasformarsi in un tempo dove
regna l'irrealtà. Ma i bambini hanno un disperato bisogno di adulti
che sappiano attendere e accogliere le parole e i pensieri che
affiorano, che siano capaci di ascoltarli e guardarli negli occhi.
Hanno bisogno di tempi lunghi, di muovere il corpo e muovere la
testa, di dipingere e usare la creta; devono poter essere condotti
ad entrare lentamente in un libro sfogliandolo, guardando le figure
e ascoltando la voce viva di qualcuno che lo legga. E cominciare a
scrivere e a contare usando matite, pennelli e pennarelli,
manipolando e costruendo oggetti per contare, costruire figure ed
indagare il mondo. Hanno bisogno di guardare fuori dalla finestra il
sole che indica il tempo e i colori della luce che cambiano col
passare delle nuvole. Hanno bisogno di scontrarsi e incontrarsi tra
loro in quel corpo a corpo con le cose e con gli altri, così
necessario per capire se stessi. Tutto questo davanti a uno schermo
NON SI PUO' FARE!
Scuole dell'Infanzia e Scuole Primarie in questi anni sono state uno
dei pochi luoghi pubblici in cui gli immigrati hanno trovato in
molti casi spazio e accoglienza. La scuola italiana è tra le poche
in Europa che cerca di integrare i disabili. La convivenza non è un
insegnamento, ma una pratica difficile e quotidiana, che richiede
spazi, tempi e strumenti adatti. Se una generazione di giovani
insegnanti entreranno in scuole dotate di LIM e tablet
inevitabilmente, inesorabilmente, si troveranno a fare cose che
fanno male ai bambini, dimenticando ciò che è essenziale, semplice e
difficile a farsi.
I neonati nel nuovo millennio li si usa chiamare nativi digitali. La
sorte dei nativi, in molti continenti, è stata segnata da
colonizzazioni violente e distruttive, giustificate in nome della
civiltà e del progresso. Evitiamo che anche i nostri piccoli nativi
siano colonizzati precocemente e pervasivamente da tecnologie che,
nei primi anni, impoveriscono la vita e l'immaginario infantile.